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Sapete che cosa vi aspetta?

Sapete che cosa vi aspetta?

Marc Spiegler

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Marc Spiegler, direttore globale di Art Basel, è intervenuto alla Talking Galleries Conference di Barcellona. In quell’occasione, spiega, «ho posto dieci domande che i galleristi dovrebbe prendere seriamente in considerazione perché le risposte contribuiranno a definire il loro futuro». 

1. Connoisseur e collezionisti sono in via di estinzione?

Spesso i galleristi lamentano che le persone che li visitano conoscono l’arte molto meno che in passato. Che cosa è successo? In parte sembra un semplice sintomo della veloce crescita del mondo dell’arte; per definizione, questo implica la presenza di nuovi collezionisti. Molti non provengono da famiglie con un passato nel collezionismo. E, cosa più importante, oggi anche i collezionisti più esperti e impegnati hanno molto meno tempo per l’arte rispetto ai loro predecessori. I nuovi compratori d’arte gestiscono hedge fund o start-up; possono essere molto ricchi, ma sono anche molto impegnati e raramente hanno la possibilità di dedicare il tempo libero alla visita di gallerie. Molti si rivolgono a intermediari per le loro ricerche. Questa evoluzione demografica della ricchezza spiega anche perché le fiere d’arte siano diventate tanto importanti: perché offrono al collezionista stressato un’efficace panoramica di un mercato sempre più globale. Ciò significa che i galleristi dovranno rivedere le dinamiche in atto quando un potenziale collezionista entra fisicamente nella loro galleria. Per avere ancora successo tra vent’anni, vanno riviste le strategie sulle gerarchie sociali. Avere alla reception del personale che non sorride non è un buon punto di partenza; e neppure dire alla gente che la loro collezione non è all’altezza dei propri artisti. 

2. A quante fiere dovrei partecipare?

Molti giovani galleristi sono consapevoli di partecipare a troppe fiere. Ma hanno paura, e a ragione, che se non partecipano i loro artisti migliori possano passare alle grandi gallerie in grado di offrire una visibilità su scala mondiale. Il numero di nuove fiere peggiora il problema. I galleristi stanno affinando le loro strategie: dedicano ad esempio gli stand a una personale, così devono commissionare opere a un solo artista, e questi stand hanno un impatto più forte. Altri tentano di partecipare a tutte le fiere internazionali (Frieze, Fiac e Art Basel), ma sono diventati molto più selettivi con gli appuntamenti regionali. 

3. La velocità del mondo dell’arte è deleteria?

In passato l’obiettivo degli artisti era avere una retrospettiva al MoMA intorno ai 50 anni; oggi molti puntano su una carriera simile a quella di un calciatore o di una top model. Molti astri nascenti monetizzano il loro attuale successo di mercato e non credono che il mondo dell’arte possa sostenerli fino a farli arrivare al MoMA; così spesso distruggono il loro mercato con le proprie mani. Vent’anni fa l’idea di poter vendere in asta un’opera fatta meno di dieci anni prima era considerata rivoluzionaria. Secondo una ricerca di Artnet, nel 2012 sono state aggiudicate in asta 3.100 opere create nei tre anni precedenti. Nel 2014, questo dato è salito a 9.800. Molte persone comprano i giovani artisti con intento speculativo, ma l’arte emergente non è un grande investimento dal punto di vista finanziario, perché quando perde valore lo perde proprio tutto. Degli artisti che oggi vendono bene, quasi l’80% sarà invendibile da qui a vent’anni, il che ha una logica, perché collezionare arte contemporanea ha a che fare con lo Zeitgeist.  

4. La mia galleria può crescere con i miei artisti?

Oggi i giovani artisti di successo passano alle gallerie più famose dopo appena un paio di mostre. Questo è motivo di forte preoccupazione per i giovani galleristi, e molti mi chiedono che cosa possono fare: se temete che un artista possa lasciarvi, cercate di tenere qualche sua opera; quando arriverà la grande galleria che ne farà lievitare il prezzo, almeno ci guadagnerete anche voi. Che cosa significa tutto ciò? Che le gallerie devono costruire la propria identità non intorno a una generazione, ma a delle idee. Molte stanno iniziando a farlo, mescolando con libertà le generazioni.  

5. Chi è Simco?

«The New York Times» ha definito il collezionista e consulente di Los Angeles Stefan Simchowitz il «Satana mecenate del mondo dell’arte». Ha eliminato il tradizionale processo di intermediazione delle gallerie identificando per primo giovani artisti di valore come Petra Cortright, Amalia Ulman, Parker Ito e Jon Rafman. Prima che firmino con nuove gallerie, organizza mostre per loro e compra molte opere; va negli studi degli artisti e pubblicizza il loro lavoro postandolo su Instagram. Simchowitz è molto trasparente su quel che ha da vendere e non fa il difficile con i compratori, una strategia che attira i nuovi acquirenti che nelle gallerie classiche dovrebbero aspettare il loro turno. Lavorando in questo modo ha dimostrato di avere il potere di fare il mercato perché è capace di individuare gli artisti che saranno famosi, venderli e muoversi molto più velocemente della maggior parte delle gallerie. L’anno scorso ha lanciato il Simco’s Club, che offre servizi molto simili a quelli di una galleria tradizionale: gestione degli artisti, rappresentanza dei clienti e commercio d’arte. 

6. Le case d’asta entreranno in tutti i settori di cui si occupano le gallerie?

La guerra tra gallerie e case d’asta non è cosa nuova. Ma c’è un aspetto meno noto, perché oggi alle aste si vendono artisti di cui molti collezionisti non hanno mai sentito parlare. Simon Preston, proprietario dell’omonima galleria di New York, ha citato un’esperienza capitatagli con uno dei suoi artisti, John Gerrard: un’opera che avrebbe dovuto essere quotata a 80mila sterline è stata proposta in asta a 8mila. I collezionisti hanno iniziato a preoccuparsi chiamandolo per chiedergli se il mercato dell’artista fosse crollato. La realtà è che la casa d’aste non era informata sulla carriera di Gerrard, ma questo errore avrebbe potuto distruggere il suo mercato per sempre. Tutto ciò evidenzia una debolezza delle gallerie: visto che solo le case d’asta vengono pubblicizzate, funzionano come dei registri del settore. Così le gallerie per un certo verso sono alla mercé di quello che succede in asta, e non è una cosa positiva. Dobbiamo chiederci se sia davvero un bene per le gallerie tenere nascosti i risultati delle loro vendite. 

7. Il mondo dell’arte si avvicinerà alla finanza?

Siamo onesti: la maggior parte dei fondi in arte fallisce. Qualche anno fa c’erano ben 38 fondi in arte nel mercato ma alla fine solo il Fine Art Fund è sopravvissuto. Perché? I fondi di solito si affidano ai consulenti e questi sono inclini a comprare le opere più promettenti per se stessi, spesso con finanziamenti privati, piuttosto che per un fondo. Oggi tuttavia ci sono due interessanti progetti che uniscono arte e finanza. Il Carlyle Group, uno dei più importanti gruppi di gestione fondi a livello mondiale, ha lanciato l’Athena Art Finance, che presterà denaro a chi ha opere che valgono più di 500mila dollari. Poi c’è Levart, fondato da Carlos Rivera, un imprenditore di Los Angeles che in passato ha lanciato il provocatorio sito Art Rank, con classifiche degli artisti più gettonati del momento in stile broker «compra-aspetta-vendi». Levart si basa sullo stesso concetto di Athena, ma a cifre più basse; concede prestiti contro un valore in arte di 5mila dollari. Funziona come un prestito a breve termine: puoi avere i soldi domani! Se uno dei più importanti gruppi finanziari del mondo e una start-up con sede a Los Angeles lanciano simili iniziative, vuol dire che la finanza giocherà un ruolo più importante nel mondo dell’arte. Le professioni cambiano: più i tuoi artisti hanno successo e più in futuro sarai costretto a capire qualcosa di finanza.

8. Che ruolo avrà Instagram?

Instagram offre una magnifica forma di promozione visiva. Scommetto che un’analisi del formato delle opere create oggi dai giovani artisti rivelerebbe che quelle quadrate vanno per la maggiore rispetto a quando Instagram non esisteva. Perché? Gli artisti sono influenzati dalle opere che ottengono più «like», o addirittura vendono meglio, nel mondo squadrato di Instragram. Instragram prenderà il posto degli annunci su «Artforum»? Forse, anche se molti artisti quando si spostano in una nuova galleria vogliono annunci a piena pagina su «Artforum». Sostituirà gli stand delle fiere? Si vendono opere su Instagram allo stesso tipo di clientela globale delle fiere e si fanno conversazioni «virtuali» con queste persone. Ma non sono gli stessi dialoghi che si hanno di persona. Prenderà il posto del gallerista? Ci saranno artisti che venderanno con successo le loro opere su Instragram, ma penso che la maggior parte degli artisti preferisca creare arte piuttosto che passare il tempo a mandare messaggi a caso a potenziali mecenati. E credo che il modo migliore per vendere arte sia quello di stare davanti all’opera con il collezionista. 

9. Mi serve pagare l’affitto per avere una galleria?

Molti hanno predetto la morte delle gallerie, lamentando il fatto che nessuno le visita più, ma le gallerie più importanti stanno aprendo nuovi spazi in tutto il mondo. Perché? Perché gli artisti vogliono lavorare all’interno di spazi precisi e non solo per gli stand di una fiera o su iPad. Gli artisti scelgono le gallerie in parte anche in base allo spazio che possono offrire. Spesso consiglio ai galleristi di cambiare sede ogni sette-dieci anni, perché a quel punto i loro artisti avranno già fatto due o tre mostre nel loro spazio, che difficilmente potrebbe ispirarli ancora allo stesso modo. Per creare un inventario e mantenere una programmazione interessante lo spazio della galleria resta imprescindibile, anche se molto costoso. 

10. Dovrei continuare a fare il gallerista?

Il mio libro preferito sul mondo dell’arte è Pizzini del gallerista Massimo Minini, che presenta decine di brevi profili sugli artisti. Se siete galleristi leggete il suo libro nei momenti bui: vi ispirerà a voler vivere una vita con grandi artisti e collezionisti. Perché, per quanto possano avere una cattiva reputazione, ci sono ancora collezionisti che fanno parte delle persone più sofisticate, interessanti, filosofiche che io conosca. Essere un gallerista può essere un lavoro straordinario se riuscite a trovare quei collezionisti dall’intelletto vivace, che comprano con gli occhi e non con le orecchie. Persino in Cina, dove cinque anni fa comandavano le aste e i quattro pittori cosiddetti «Auction God», ora si è fatta strada una nuova classe di mecenati più giovani. Queste new entry del mondo dell’arte capiscono che quando compri in una galleria, sostieni l’artista ed entri a fare parte di un dialogo in costante approfondimento. E non importa che cos’altro potrà cambiare nel mondo e nel mondo dell’arte: questo tipo di conversazione, questo scambio vibrante, resterà la parte fondamentale di quello che significa fare il gallerista.

 

Marc Spiegler, 10 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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