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Michèle Hannoosh
Leggi i suoi articoliAlla National Gallery sfilano i suoi «debitori»: da Manet a Matisse, da Van Gogh a Cézanne
«Dipingiamo tutti nella sua lingua»: la celebre affermazione di Cézanne circa la straordinaria influenza di Eugène Delacroix (1798-1863) sullo sviluppo della pittura moderna riassume la tesi della mostra «Delacroix e l’ascesa dell’arte moderna» in corso alla National Gallery fino al 22 maggio. I curatori della rassegna, Christopher Riopelle, curatore dei dipinti post 1800 presso il museo inglese, e Patrick Noon, capo curatore dei dipinti presso il Minneapolis Institute of Art, museo che ha partecipato all’organizzazione della rassegna, intendono illustrare come l’arte, il pensiero e la figura di Delacroix hanno alimentato l’immaginazione e la creatività dei pittori moderni da Manet («La barca di Dante», 1854 ca) a Matisse nell’elaborazione dei propri personali linguaggi e stili pittorici e valori estetici.
A prima vista la tesi non desta stupore: da tempo a Delacroix è riconosciuto un ruolo importante nell’arte moderna. Come rivoluzionario e outsider mitizzato dall’establishment accademico, Delacroix ha affascinato una generazione che si identificava nella figura dell’artista refusé. Delacroix, che scrisse «il primo merito della pittura è quello di essere una festa per gli occhi», fu accolto con entusiasmo da tutti quelli che guardavano oltre il soggetto e l’aneddoto per cercare il significato della pittura negli effetti visivi. La sua gamma di colori potenti e drammatici spinse Cézanne (che come Degas e Bazille collezionava le sue opere), a definire la sua «la più bella tavolozza di Francia» e ispirò a Matisse alcuni tra i suoi migliori esperimenti con il colore (nel libro di Signac D’Eugène Delacroix au Néo-Impressionnisme del 1898 Matisse trovò ispirazione per l’opera «Lusso calma e voluttà» del 1904, per poi proseguire oltre verso il colore fauve, in particolare dopo il viaggio in Marocco nel 1912).
Forse più importante, Delacroix era un pittore filosofo, uno dei pochi artisti a scrivere eloquentemente e in modo avvincente a proposito di arte, letteratura, musica, natura, società e umanità. Permeato di letteratura, musica e della grande tradizione pittorica, acuto osservatore delle forme e degli effetti della luce nella natura, intuitivo interprete delle opere degli altri artisti, accorto analista dei suoi obiettivi e della sua tecnica, Delacroix fornì il modello di un pittore di idee, espresse attraverso la pittura. Frequentemente citato da Renoir («Il matrimonio ebraico»), Fantin-Latour («Hommage à Delacroix» del 1864), Van Gogh, Gauguin, Signac e Matisse, Delacroix elaborò riflessioni che furono uno stimolo al pensiero e alla pratica pittorica innovativi.
Un famoso articolo scritto da Baudelaire nel 1863 contribuì a fissarne l’immagine, come uomo, pittore, pensatore, scrittore, moderno, per la generazione più giovane. In questa emulazione, Renoir si afferma come un interessante pensatore sulla pittura, interessato ai limiti della mimesi e alla connessione tra la rappresentazione e la pittura pura. Il suo «La Mosquée, fête arabe» (1881), ispirato dai dipinti marocchini di Delacroix e dal suo viaggio in Algeria nello stesso anno, ne è uno straordinario esempio, come scrive in catalogo Riopelle.