Nel 1974, quando Linda Goode Bryant fondò JAM (Just Above Midtown), questo spazio multidisciplinare/galleria d’arte fu il primo spazio espositivo di rilievo a esporre le opere di artisti afroamericani e di altri artisti di colore. Situato nella 57ma strada di Manhattan rappresentò una rivoluzione e dovette confrontarsi con ostilità e opposizione da parte delle gallerie dell’establishment dell’arte contemporanea cittadina (che, in quegli anni e in quella zona esponevano principalmente opere d’artisti bianchi e, per la stragrande maggioranza, maschi).
Gli artisti di JAM erano pittori astratti, performing artist, video artist e installation artist. Nomi celeberrimi e ora ben affermati hanno mosso nelle sale di JAM i loro primi passi: tra questi, David Hammons, Adrian Piper, Senga Nengudi, Lorraine O’Grady e Fred Wilson.
Dal 9 ottobre al 18 febbraio il MoMA presenta la prima mostra dedicata alla galleria e alla sua storia (1974-86), a cura di Jean Lax e Lilia Rocio, in collaborazione con Linda Goode Bryant e Marielle Ingram. Foto d’archivio, video e altro materiale forniscono il contesto, in contemporanea a una serie di performance, proiezioni e conferenze.
Dopo aver realizzato il pluripremiato documentario «Flag Wars» (2003), nel 2009 la Bryant, che quando creò JAM disse che il suo obiettivo era quello di «essere parte del mondo dell’arte ma non appartenere esclusivamente al mondo dell’arte», ha ideato «Project Eats», un progetto che trasforma spazi abbandonati in aree cittadine svantaggiate in mini aziende agricole di quartiere che forniscono prodotti freschi ai mercati e alle comunità locali.
«Project Eats è la continuazione di JAM, ha aggiunto. È il frutto della stessa idea espressa in modo diverso: usare la creatività affinché abbia un impatto positivo sulle persone».