Toto Bergamo Rossi
Leggi i suoi articoliIl volume I giardini di Venezia, con testi di chi scrive e di Marco Bay e con le fotografie di Marco Valmarana (296 pp., ill., Marsilio Arte, Venezia 2024, € 65) costituisce un vero e proprio viaggio tra i giardini di Venezia, dai più sontuosi custoditi nei palazzi nobiliari affacciati sul Canal Grande a quelli più intimi delle isole della laguna. L’evoluzione del giardino veneziano è intrinsecamente legata alla storia e alle vicissitudini della Serenissima.
Le coraggiose genti venete, rifugiate nell’estuario dell’insalubre laguna per sfuggire alle invasioni barbariche, modificarono la natura degli isolotti argillosi, piantando pali di legno per costruire le fondamenta delle loro abitazioni. Utilizzando tronchi d’albero e rami, arginarono alcuni appezzamenti di terra per coltivare ortaggi e ricoverare animali domestici. La città si sviluppò lungo i sinuosi canali, che erano il delta dei fiumi sfocianti in laguna. Secoli dopo, i veneziani deviarono il corso dei fiumi con ingegnose chiuse per salvaguardare il fragile ecosistema della laguna, istituendo nel Cinquecento il Magistrato alla Acque. Le avversità naturali e l’instabile situazione politica dell’Italia medievale spinsero i veneziani a navigare verso il Medio Oriente, arricchendosi con il commercio. Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano, fu conquistata e saccheggiata nel 1204. I Polo arrivarono in Cina nel XIII secolo, portando importanti novità botaniche. Le case «fondaco» ospitavano le dimore dei ricchi mercanti e i depositi delle preziose mercanzie.
Tra il Trecento e il Quattrocento, Venezia divenne il più importante centro commerciale d’Europa, sviluppandosi senza mura difensive grazie alla protezione naturale della laguna e a un governo stabile. Gli spazi verdi erano rari, con ortaggi coltivati nelle isole della laguna. Farmacie e monasteri coltivavano piante medicinali nei «giardini dei semplici». Nella pianta a volo d’uccello di Venezia del 1500 di Jacopo de’ Barbari, sono raffigurati alcuni giardini di palazzo sull’isola della Giudecca, i quali furono per tre secoli il modello del giardino veneziano. Dall’androne del palazzo si accedeva alla corte pavimentata con masegni, la quale ospitava il pozzo con la sua cisterna per la raccolta dell’acqua; la corte era divisa dal terreno coltivato a giardino tramite un basso muro decorato da due sculture, o due elementi architettonici. L’area coltivata, soprattutto durante il XVI secolo, era attraversata da una pergola di vite. Le isole della Giudecca e di Murano, meno popolate di Venezia, erano luoghi di svago per i patrizi veneziani, che vi trovavano rifugio dalla calura estiva. In particolare, il giardino dei Corner della Regina alla Giudecca e il Casino Trevisan a Murano erano ammirati per le loro architetture e le rare specie botaniche.
Tra il Seicento e il Settecento sul Canale di Cannaregio si trovavano i più noti giardini della città, molti dei quali cementificati nell’Ottocento. Sopravvivono i parchi dei palazzi Manfrin e Savorgnan, trasformati in giardini paesaggistici all’inglese. Durante il Seicento, il giardino veneziano rimase invariato, ma verso la fine del secolo alcuni giardini come quello di Palazzo Soranzo Cappello si popolarono di sculture, quasi sempre scolpite in pietra tenera di Vicenza. Nel Settecento famiglie patrizie come gli Zenobio e i Foscarini commissionarono importanti modifiche ai loro giardini. Ciononostante, i veri giardini del patriziato veneto erano le ville in terraferma dove i committenti potevano rivaleggiare anche con il re di Francia. Con la caduta della Serenissima nel 1797 e le dominazioni straniere molti giardini furono abbandonati o trasformati in orti. Tuttavia, nonostante la crisi, furono creati meravigliosi giardini romantici come quello della contessa Alba Zenobio Albrizzi sulle rovine del teatro demolito di San Cassian.
Nel Novecento, per incentivare l’economia veneziana, alcune aree della Giudecca, di Murano e di Cannaregio furono industrializzate causando la scomparsa di molti giardini. Fu grazie ai foresti inglesi, come Mr e Mrs Frederic Eden e la famiglia Johnston, che alcuni giardini abbandonati furono riportati al loro antico splendore dopo un secolo di abbandono. È degna di nota l’attività dell’architetto Carlo Scarpa, il quale negli anni Cinquanta ideò due giardini ispirati alla tradizione paesaggistica giapponese: il Giardino delle Sculture all’interno del Padiglione Italia (oggi Padiglione Centrale) nei Giardini della Biennale di Venezia e il giardino della Fondazione Querini Stampalia. Un rinnovato interesse per i giardini veneziani iniziò negli anni Ottanta con il restauro del giardino di Palazzo Albrizzi e con quello di Palazzo Malipiero Barnabò.
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