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Eugenio Donadoni con i figli Miriam e Sergio

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Eugenio Donadoni con i figli Miriam e Sergio

Una lunghissima, fortunata vita per l'Egitto

Il 15 aprile l'egittologa Edda Bresciani ha commemorato all'Accademia dei Lincei Sergio Donadoni, scomparso lo scorso ottobre a 101 anni

Edda Bresciani

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Roma. Il 31 ottobre scorso moriva a 101 anni Sergio Donadoni, uno dei più grande egittologi italiani di tutti i tempi, noto, oltre che per gli incarichi in patria e le esplorazioni in Egitto, per la straordinaria impresa di salvataggio dei templi della Nubia minacciati della costruzione della diga di Assuan iniziata nel 1960, tra cui quello di Abu Simbel e il tempietto rupestre di Ellesiya, donato poi all’Italia e rimontato al Museo Egizio di Torino. 
Lo scorso 15 aprile Edda Bresciani, importante egittologa, allieva e poi collega di Donadoni all’Accademia dei Lincei, lo ha commemorato in quella prestigiosa sede con il testo che ci ha gentilmente concesso di pubblicare nel sito del nostro giornale.


Ho parlato al telefono con Sergio Donadoni il 13 ottobre scorso per augurargli, come ogni anno in questo giorno, un gioioso anniversario.
Mi rispose con la consueta  urbanità, la voce forse un po’ fievole è vero, ma intatto l’eloquio elegante ironico ma insieme affettuoso.
Il 31 dello stesso mese  era morto. Aveva 101 anni.
Era professore emerito di Egittologia dell’Università «La Sapienza» di Roma; socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei, dell'Accademia delle Scienze di Torino, della Pontificia Accademia di Archeologia, socio dell'Académie des inscriptions et belles-lettres e dell'Institut d'Égypte; era dottore honoris causa della Université Libre di Bruxelles. Ottenne il Premio Feltrinelli per l’Archeologia nel 1975 e nel 2000 fu fatto Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica italiana.
Nel 1981 l’Alap (Associazione Laureati Ateneo Pisano) gli attribuì il riconoscimento della pisanità accademica: il «Campano d’Oro».
In una intervista, lucida e intensa, per certi versi commovente, pubblicata dal giornale «la Repubblica» nel giugno 2015, Sergio Donadoni riconosceva che l’Egitto era stata tutta la sua vita. E descriveva la sua vita come fortunata. E lunghissima: «Vorrei piangere. Ma so di non averne il diritto. Lunghissima è stata questa mia vita».

Era nato a Palermo il 13 ottobre del 1914, figlio del critico letterario Eugenio (1870-1924; nel 1922 ebbe la cattedra di letteratura italiana nell’Università di Pisa) e di Melina Pastorelli (poetessa, di lei si ricorda il volume di versi L’ombra del sogno. Poesie, edito nel 1911); la figlia, Miriam, sposata a Pietro Omodeo, è stata una pianista e una musicologa d’eccezione.
Legatissimo alla madre, una donna di grande intelligenza e cultura,  Donadoni nella intervista che ho sopra citato attribuiva a una visita fatta con lei del British Museum una spinta alla vocazione all’Egittologia. Un suo punto di riferimento in  seguito è stato anche il Museo Egizio di Torino; la moglie Anna Maria Roveri ha ricoperto dal 1984 al 2004 la soprintendenza di quella istituzione. A Torino nel 1986  promosse con altri colleghi l’Iice, l'Istituto Italiano della Civiltà Egizia.

Sergio Donadoni fu allievo della Scuola Normale Superiore di Pisa; si laureò nel 1935 discutendo la sua tesi con Annibale Evaristo Breccia (1876-1967) che era stato direttore del Museo Greco romano di Alessandria fino al 1932, guidando contemporaneamente importanti campagne di scavo ad Alessandria, nel Fayum, in Medio Egitto ad Antinoe; rientrato in Italia, Breccia fu professore di storia antica nell’Università di Pisa e rettore  di questo Ateneo tra il 1939 e il 1941.

Borsista a Parigi ancor prima della laurea, Donadoni ebbe in quel fertile ambiente culturale la possibilità di entrare in contatto con gli archeologici francesi e con altre personalità, come Bruno Pontecorvo e Gianfranco Contini; qui incontrò Christiane Desroches Noblecourt, con la quale si legò di amicizia duratura e di stretta collaborazione archeologica; con lei partecipò al salvataggio, voluto dall’Unesco negli anni Sessanta, dei templi di Abu Simbel e di altri templi della Nubia messi in pericolo dalla costruzione della grande diga (High Damm) di Assuan.
Sergio Donadoni nei primi anni Cinquanta insegnò egittologia nell’Università di Pisa; insegnò Papirologia ed Egittologia a Milano e poi, ormai professore ordinario di Egittologia, a Roma «La Sapienza» succedendo a Giuseppe Botti.

A Pisa è rimasto sempre legato d’affetto e di nostalgia; aveva abitato in via Roma con la mamma, che ancora in città molti ricordano, ottima e severa insegnante d’inglese.
Non è esagerato affermare che Sergio Donadoni sia stato il fondatore, il protagonista e il punto di riferimento dell’Egittologia italiana, ma era molto noto anche in ambito mondiale. Le sue ricerche sulla civiltà e sull’arte egiziana hanno applicato a questa discipline, precocemente e in modo originale, le metodologie proprie della storia dell’arte e della critica letteraria.

Generazioni di studenti hanno studiato  sui suoi Appunti di grammatica egiziana pubblicati da Cisalpino, Milano 1963. Io, che ebbi la fortuna di laurearmi con Sergio Donadoni nel 1955 (sono stata il primo studente laureato in Egittologia in Italia; nella commissione di laurea c’erano Evaristo Breccia e Giuseppe Botti) potei anche partecipare alle missioni donadoniane in Nubia negli anni Sessanta, e contemporaneamente, per le iscrizioni demotiche in Nubia, al «Centre de Documentation» legato all’Unesco.
Poi la mia attività archeologica in Egitto, da Assuan a Tebe, nel Fayum, a Saqqara, si svolse indipendente e parallela; ma il legame di rispetto, ammirazione e affetto col mio Maestro non si è mai interrotto. Nell’archeologia, la sua prima attività lo vide succedere a Evaristo Breccia ad Antinoe, nel Medio Egitto; in seguito ha condotto numerose spedizioni per l’Università di Roma e di Milano in Nubia (Ikhmindi, Farriq, Kuban, Sabagura, Tamit, Abu Simbel, Sonki Tino; brevemente a Medinet Madi con Achille Vogliano); è stato attivissimo nel quadro di collaborazione internazionale per il salvataggio dei monumenti  egiziani  in Nubia. Come riconoscimento  del contributo italiano al salvataggio dei templi della Nubia il Governo egiziano attribuì nel 1966 all’Italia il tempietto rupestre di Ellesiya (Tuthmosi III)  destinato in dono, su suggerimento di Sergio Donadoni, al Museo Egizio di Torino, dove è stato ricostruito.
La sfera d’azione archeologica di Donadoni  si è allargata anche oltre l’Egitto, in Sudan, a Gebel Barkal, nel sito della città reale di Napata, non lontano dall’attuale Karima, portando alla luce il palazzo  cerimoniale.

Molto densa di soddisfazioni scientifiche è stata la esplorazione, condotta dal 1970  e che ha durato molte missioni,  a Tebe (el Assassif, Gurna), della tomba monumentale (TT 27) di epoca saitica appartenuta a Sheshonq, un alto personaggio, il soprintendente del tempio di Ammone a Karnak; Sergio Donadoni e la sua équipe sono riusciti a restituire l’impianto decorativo del monumento, e utilizzando operazioni accorte e difficili di  restauro, hanno permesso il recupero di  rilievi di qualità eccezionale.
La produzione di libri e articoli di Sergio Donadoni comprende volumi che sono ancora rappresentativi, validi  nel campo dell’Egittologia: dalla precoce La civiltà egiziana del 1940, a L’arte egizia del 1955, alla Storia della letteratura egiziana antica del 1957, a Le pitture murali della chiesa di Sonki Tino nel Sudan (1968), al Museo Egizio del Cairo (1969) e un libro recente come Tebe del 2002.
Innumerevoli, a prova dell’amplissimo arco di interessi di Donadoni, gli articoli in varie riviste; sono stati riuniti in volume nel 1986 col titolo Cultura dell'antico Egitto. Scritti di Sergio F. Donadoni. Non può non essere nominato il volume a più voci internazionali L’uomo egiziano curato dal Donadoni, uscito dai tipi di Laterza nel 1990 e che ha avuto varie edizioni e traduzioni (anche in giapponese!)

La cultura di Sergio Donadoni era globale, non solo tecnicamente egittologica; le sue pagine sono di rara eleganza, il suo stile personale, senza cadute, mai convenzionale. Indimenticabile.



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Edda Bresciani, 21 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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