Giangavino Pazzola ed Elena Baldo
Leggi i suoi articoliUn evento articolato in due sessioni online pomeridiane per raccontare la visione alla base di New European Bauhaus, l’iniziativa lanciata dalla Commissione Europea per connettere l’European Green Deal ai luoghi e agli stili di vita quotidiana in quanto esperienza culturale. Il 22 e il 23 aprile più di 8000 persone si sono connesse da 85 paesi all’insegna del “to be Beautiful. Sustainable. Inclusive” e per parlare di cambiamento, futuro, speranza, ambiente, arte, innovazione e tecnologia. E verrebbe anche da aderire con gran gioia e dire chi più ne ha, più ne metta di idee. Anche se viene spontaneo interrogarsi sulla definizione di concetti tanto alti quanto ampi, sulle risorse disponibili, sull’accessibilità di quelle parti di mondo dove bellezza, sostenibilità e inclusione non sono ancora contemplate o dove – banalmente – il digital divide è più profondo. A vedere il programma ufficiale, veniva anche da chiedersi come la dimensione etica dell’ambizioso progetto politico possa poi incontrarsi con i bisogni di uno sviluppo sociale e le pretese di quello economico. Ma forse siamo influenzati dal casus belli legato ai vaccini e alla diffusione dei brevetti e abbiamo bisogno di maggior fiducia, quella che in questa due giorni di conferenze si è respirata a pieni polmoni.
Un prezioso momento di incontro, immaginazione e condivisione di buone pratiche odierne e future, insomma, ma anche l’occasione per lanciare ufficialmente la prima competizione dei New European Bauhaus Prizes, culmine della prima fase del progetto incentrata sul co-design e il coinvolgimento attivo delle persone. Iniziamo dunque dalla notizia.
I PREMI
Sono state lanciate due call, il New European Bauhaus Award e il New European Bauhaus Rising Stars. Il primo grant celebra i progetti già esistenti che hanno concretizzato sul territorio l’unione tra sostenibilità, inclusione ed estetica, ed è previsto un premio di denaro del valore di 30.000 euro per ogni progetto selezionato. La seconda linea di premi è indirizzata a premiare le nuove generazioni, con un tetto massimo di età stabilito in 30 anni, a cui è richiesto di sviluppare e raccontare idee innovative per il futuro, alle migliori delle quali andrà un premio di 15.000 euro. Tutti e due i premi, a loro volta, sono divisi in dieci sotto-categorie: tecniche, materiali e processi per l’edilizia e il design; costruire secondo uno spirito di circolarità; soluzioni per l’evoluzione combinata tra ambiente costruito e natura; rigenerare spazi urbani e rurali; prodotti e lifestyle; preservare e trasformare il patrimonio culturale; reinventare luoghi per l’incontro e lo scambio; mobilizzazione della cultura, delle arti e delle comunità; soluzioni abitative modulari, adattabili e mobili; modelli educativi interdisciplinari.
Le call sono “ovviamente” (virgolettiamo un po’ ironicamente, forse) rivolte ad artisti, attivisti, designer, architetti, studentesse, scienziati, ingegneri, professionisti, policymaker e tutta la cittadinanza interessata a contribuire. Il criterio di valore nell’attribuzione dei premi è dato dalla combinazione tra valorizzazione della tradizione e visione del futuro e dalle contaminazioni di discipline differenti in cui l’innovazione caratterizza il prodotto finale.
Le proposte possono essere sviluppate fino al 31 maggio 2021, data dopo la quale verranno selezionati i venti progetti vincitori, dieci per categoria. Questi devono combinare efficacemente le tre dimensioni della sostenibilità e dell’economia circolare, della bellezza, dell’inclusione e dell’accessibilità.
LA CONFERENZA
Condotti da Francesca Bria, presidente dell’Italian Innovation Fund e Bjarke Ingels, noto architetto danese fondatore del Bjarke Ingels Group, numerosi ospiti provenienti da ambiti e nazionalità differenti hanno dialogato sulla già avviata creazione del New European Bauhaus, tra cui Elisa Ferreira, Commissaria europea per la coesione e le riforme e Mariya Gabriel, Commissaria europea per l‘innovazione, la ricerca, la cultura, l‘istruzione e la gioventù. L’incontro era articolato in tre keynote e tre panel discussion, rispettivamente della durata di 30 e 60 minuti ciascuno, più diversi interventi di raccordo. I temi sono stati incardinati nella piattaforma open source decentralizzata legata al New European Bauhaus, in cui chiunque può proporre nuove idee, condividere pratiche di successo e partecipare attivamente alla discussione in maniera democratica.
La conferenza è iniziata col saluto della presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, impegnata in quei giorni anche nel Leaders Summit on Climate, e del presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli. Entrambi hanno sottolineato la necessità di una dimensione culturale comune da aggiungere alla trasformazione economica, ecologica e tecnologica richiesta dal European Green Deal: l’obiettivo è infatti quello di rendere l’Europa il primo continente climate neutral entro il 2050. Tutti i problemi che, giorno dopo giorno, stiamo affrontando - la crisi pandemica, quella economica, la disparità sociale su più scale geografiche, la transizione ecologica – sono fenomeni interconnessi ed è necessario reinventarsi, innovarsi e affrontare le sfide del futuro mantenendo un pensiero orientato verso le prossime generazioni. Aspetti da tenere maggiormente in considerazione sono la necessaria rivoluzione del settore delle costruzioni, responsabile del 40% delle emissioni di CO2 e di consumo energetico; la centralità dei contesti urbani e della loro pianificazione; l’attenzione da rivolgere alle persone anziane e alle fasce più vulnerabili della nostra società; l’importanza delle aree rurali e di quelle periferiche ai centri urbani.
Ad affiancare la condivisione di buone pratiche consolidate e nuove idee, anche un workshop di co-creazione in cui gli stakeholder invitati si sono confrontati sulla rigenerazione degli ecosistemi delle costruzioni, sul co-design del New European Bauhaus movement, sulla riscoperta dello spirito del luogo e sulla nuova relazione da innescare con la natura. È stata più volte posta l’attenzione, oltretutto, sulla concretezza e fattibilità delle proposte, per evitare che ancora una volta il capitale di conoscenza creatosi in situazioni di incontro rimanesse inattuato, se non peggio inesplorato.
Come già anticipato, dal punto di vista contenutistico, l’urgente lotta alla crisi climatica, con un focus specifico sull’edilizia, una nuova definizione di bellezza basata sulla sostenibilità, sulla centralità dell’inclusione e sulla partecipazione e coinvolgimento di tutti i cittadini europei, oltre all’adozione ad un approccio olistico e multidisciplinare allo stile di vita, sono stati i comuni denominatori delle discussioni. La prospettiva di sguardo dalla quale guardare tali fenomeni implica la connessione tra la dimensione transnazionale e quella locale, ovvero la necessità di articolare una progettazione che non deve perdere il contatto con le popolazioni che nei luoghi risiedono e dei valori di diversità che questi portano al tavolo comune. Le città del futuro dovranno essere dunque costruite in maniera resiliente nei confronti del cambiamento climatico, ponendo l’accento sull’importanza agli spazi pubblici, non solo come occasioni di incontro tra la cittadinanza e l’amministrazione ma – aggiungiamo noi – anche interrogandosi su cosa resilienza e spazio pubblico significhino per coloro che abitano le città europee. E dunque, sorge un’altra domanda semplice ma non banale: i diversi culti e popolazioni che attraversano l’Europa – per esempio – usano lo spazio pubblico in maniera differente? Cosa significa spazio pubblico per una persona di fede islamica? E per una atea o cristiana? In seconda battuta, la dimensione del “costruito” e dell’urban development è necessaria per ripensare un nuovo modo di sposare ambiente e sostenibilità? Se sì, dove si è sbagliato nei secoli precedenti? Per rispondere a questi dubbi, viene riconosciuta la necessità di incentivare le sperimentazioni, la creazione di modelli sul campo e la condivisione dei risultati raggiunti per dare la possibilità di replicare altrove pratiche virtuose. Tuttavia, anche in questo caso viene abbastanza facile interrogarsi su quali ambiti possano essere maggiormente agevolati da un’impostazione che vede la sperimentazione alla base di una ricerca più orientata al prodotto che non al processo.
La mobilitazione e la partecipazione locale dovranno essere inclusive, smart, digitali e green, definendo risorse e obiettivi senza limitarsi al contesto cittadino né prevedere consumo di nuovo suolo, quindi agevolando la dimensione del riuso e della ristrutturazione. Il senso di un luogo quindi dovrà essere il risultato di un processo articolato di mediazione tra le parti e un progetto di collaborazione e co-design collettivo.
L’azione del New European Bauhaus non dovrà avere confini: gli stati membri devono essere pronti a collaborare, accantonando la competizione e acquisendo consapevolezza che il cambiamento climatico non colpisce in base ai confini nazionali. In questo senso, gli organizzatori ritengono che il design abbia la possibilità di osservare e affrontare la sfida del cambiamento climatico, definendone dei processi che possano includere quante più persone e istanze possibili. Tra queste, i giovani rappresentano la scommessa dell’Unione Europea, che fortemente crede nelle loro idee e proposte. Andando verso questo modelli, la formazione dovrà essere sempre più multidisciplinare, continua e comprendere la sostenibilità e l’inclusività come concetto chiave. Anche la formazione della forza lavoro si aggiunge agli aspetti indicati per un nuovo settore edilizio più attento all’ambiente, insieme alla riqualificazione e all’attenzione per i materiali.
L’incontro si è concluso con la definizione dei compiti che ognuno dei soggetti partecipanti dovrà compiere in vista della prossima deadline, a partire dall’Unione Europea fino ad arrivare al singolo cittadino.
CONCLUSIONI
Il momento di agire e far sentire la propria voce è ora. Questo almeno sembra l’invito lanciato durante la conferenza. E la propria voce sarà essenziale nel disegno di un nuovo modello di sviluppo sostenibile della società e degli spazi. È innegabile, ad ogni modo, che qualche dubbio sulla fattibilità di tale percorso possa ancora sussistere, soprattutto perché la dimensione del NEB pare non prevedere il conflitto come elemento strutturale della società. Una condizione ingombrante che tuttavia deve essere presa in considerazione soprattutto in un periodo storico come quello attuale, dove le disparità sono già così evidenti e per via della pandemia andranno a ingrandirsi. Un’epoca in cui abbiamo già verificato come concetti importanti come partecipazione e inclusione non possano solo essere diretti con operazione top-down ma debbano essere alimentati e sostenuti nel tempo. Agli inizi del secolo, Robert Florida ha tentato di organizzare uno schema di sviluppo urbano con un ruolo attivo della cultura, dell’arte e dell’innovazione nelle dinamiche di crescita economica e sociale consapevole. A distanza di quindici anni, poi, ha scritto un ulteriore libro che analizzava la crisi e le disparità che l’applicazione di tale modello di crescita aveva generato.
Un nuovo paradigma è necessario, ma siamo anche nani sulle spalle di giganti. Le professioni creative sono un potenziale che non può più rimanere inespresso per mancanza di risorse a supporto delle progettualità delle quali le stesse menti sono state madri.