Micaela Deiana
Leggi i suoi articoliFino al 4 aprile il Man ospita «Living Room», personale dell’artista francese Michel Blazy (Monaco, 1966). Il progetto, a cura di Lorenzo Giusti, affronta le tematiche care all’artista: l’ecosistema naturale e il modo in cui l’uomo vi si inserisce, la metamorfosi, l’imprevedibilità e l’impercettibilità del mutamento della materia.
Blazy ha trasformato lo spazio in un piccolo sistema organico, in cui l’energia dei vegetali, dell’erba, dei prodotti alimentari e la materia inerme concorrono per formare sculture, dipinti e installazioni. Col passare dei giorni, il naturale ciclo vivente dà vita ai processi organici di crescita, germinazione e decomposizione, secondo ritmi e manifestazioni che accelerano e decelerano in virtù delle condizioni microclimatiche dell’ambiente in cui le opere si trovano.
Proprio il ritmo vitale, l’inesorabilità dei suoi tempi e la costante, anche se non sempre palese, prepotenza nel farsi spazio costituiscono il nucleo riflessivo della ricerca dell’artista, in questa mostra declinato con una particolare attenzione per il mondo tecnologico e alle sue interazioni con le forme organiche. Ne traspare una sorta di animismo degli oggetti, che riconduce il mondo animato e mondo inerme a una comune visione del mondo biocentrica, in cui l’uomo è scalzato dalla sua posizione egemone. La mostra è accompagnata da una pubblicazione con testi del curatore e di Xavier Franceschi, direttore del Frac Île de France-Le Plateau di Parigi.
Altri articoli dell'autore
Dal prossimo gennaio la seconda edizione della rassegna dedicata al divino nell’esperienza del mondo materiale: un dialogo tra cultura islamica e linguaggi del contemporaneo. Anche l’italiano Sassolino tra gli autori delle 500 opere di venti Paesi
Si distinguono i Paesi del Sud globale, che davanti alle incertezze geopolitiche e alle tensioni irrisolte della colonizzazione e dello sfruttamento cercano un’identità nella natura e nei luoghi che storicamente hanno ospitato la vita delle comunità. Un ritorno alle radici che spesso guarda al sacro
Il progetto di Massimo Bartolini è un continuum tra interno ed esterno ed è la musica ad accompagnare il visitatore. Gli spazi all’Arsenale, sulle onde di un ipnotico mantra, sono il luogo della temperanza e di un’esperienza spirituale in cui connettersi a sé stessi e, quindi, alla moltitudine
Manal AlDowayan (1973) rappresenta il suo Paese con una mostra firmata da tre curatrici, Jessica Cerasi, Maya El Khalil e Shadin AlBulaihed, realizzata con le voci di settecento donne