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Elena Caslini
Leggi i suoi articoliNel maggio 1931, Hans Hartung (1904–1989) portò Anna-Eva Bergman (1909–1987) in viaggio a Praga per festeggiare il suo ventiduesimo compleanno. Le regalò una collana che lei avrebbe indossato per tutta la vita. Lui, tedesco di Lipsia, e lei, nata in Svezia da padre svedese e madre norvegese, si erano conosciuti a Parigi due anni prima, nel 1929, durante i loro studi d’arte. Fu amore a prima vista: dopo appena sei mesi, si sposarono. Il matrimonio durò fino al 1937, quando Bergman decise di lasciare Hartung con una lettera dalla modernità sorprendente: «Provo a farmi strada nel mondo da sola, e ci riuscirò. Ma devo essere completamente libera e autonoma, e soprattutto avere molto tempo da dedicare esclusivamente al mio lavoro». Mentre Hartung muoveva i primi passi verso il successo, Bergman cercava indipendenza e spazio creativo. I loro percorsi si divisero. Lui si risposò lo stesso anno con Roberta Gonzàlez, figlia dello scultore Julio; lei tre anni dopo, in un’unione che si rivelò presto fallimentare. Durante gli anni della separazione, Hartung combatté nella Seconda guerra mondiale, perse una gamba e sviluppò il suo stile gestuale ed espressivo, diventando uno dei pionieri dell’astrazione informale. Bergman tornò in Norvegia, viaggiando periodicamente, e diede forma a un linguaggio astratto ispirato alla geologia e ai paesaggi nordici, caratterizzato dall’uso simbolico della foglia d’oro e d’argento.

Bergman e Hartung si ritrovarono a Parigi nel 1952. Lasciarono i rispettivi coniugi e si risposarono nel 1957. Da allora, vissero insieme ad Antibes, nell’idilliaca casa-studio che è oggi la sede della Fondation Hartung-Bergman. Questa storia d’amore – ordinaria e incredibile al tempo stesso - non era mai stata raccontata prima. E quella breve vacanza a Praga del 1931 è diventata per la Kunsthalle Praha il punto di partenza per la mostra «Anna-Eva Bergman & Hans Hartung: And We’ll Never Be Parted», a cura di Theo Carnegy-Tan e Pierre Wat, che si presenta come la prima grande retrospettiva congiunta dedicata alla coppia. Un progetto ambizioso, realizzato in collaborazione con la Fondation Hartung-Bergman, che raccoglie oltre 300 opere tra dipinti, disegni, fotografie, oggetti da studio, lettere, artefatti personali e opere che i due artisti si sono scambiati nell’arco di una vita insieme. «Questa mostra è un viaggio esistenziale - spiega Carnegy-Tan - in cui arte e vita si intrecciano. Racconta due persone e artisti profondamente diversi, ma uniti da una vicinanza quotidiana e da un dialogo creativo continuo». Sezione dopo sezione, il visitatore entra nella loro intimità: scopre fotografie d’archivio inedite e i progetti delle loro case; i nomignoli affettuosi e gli strumenti da lavoro; la musica di Bach che ascoltavano insieme e la silenziosa materialità delle loro opere. «Per noi, questa mostra è stata creazione pura - aggiunge Pierre Wat - Non potevamo affidarci a ciò che era già stato fatto. In passato, Hartung e Bergman sono sempre stati studiati ed esposti separatamente. Ma quando li si guarda insieme, emergono differenze profondissime e una connessione altrettanto potente. È un equilibrio tra legame e separazione». La mostra di Praga non si limita a riscoprire Bergman come artista autonoma — un riconoscimento già avviato da due importanti retrospettive, al Musée d’Art Moderne di Parigi nel 2023 e al Nasjonalmuseet di Oslo nel 2024. «Anna-Eva Bergman & Hans Hartung: And We’ll Never Be Parted» va oltre. Mette in discussione lo stereotipo della «moglie d’artista» e propone un nuovo modo di raccontare la coppia. Due voci distinte, due percorsi autonomi, ma intrecciati in un dialogo creativo costante. Esattamente come furono in vita.

