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Gilda Bruno
Leggi i suoi articoliDifficile dire chi altro se non Daido Moriyama (Ikeda, 1938) abbia avuto maggiore influenza sul delinearsi della scena fotografica del Paese del Sol Levante. Oggi 84enne, Moriyama diede il via alla sua produzione visiva nel 1961 quando, trasferitosi a Tokyo in cerca di opportunità lavorative, inaugurò la sua attività di fotografo freelance collaborando con diverse testate locali, tra cui «Asahi Camera», «Camera Mainichi» e «Shashin Jidai». Nel 1969 entrò nella redazione della rivista «Provoke»: un traguardo che servirà da vero e proprio trampolino di lancio per l’affinarsi della rivoluzionaria pratica del fotografo giapponese.
Sono oltre 100 i volumi fotografici pubblicati a suo nome da allora, tra cui i suoi titoli più datati e controcorrente A Hunter (1972), Farewell Photography (1972) e Light and Shadow (1982), e le sue monografie a tema urbano Shinjuku (2002) e Hokkaido (2008). Con «New Japanese Photography» (1974), mostra collettiva del MoMA di New York a cui partecipa assieme ai connazionali Shomei Tomatsu (Nagoya, 1930), Ken Domon (Sakata, 1909) e Yasuhiro Ishimoto (San Francisco, 1921) tra tanti altri; e «Stray Dog» (1999), prima personale internazionale al San Francisco Museum of Modern Art, si ritaglia uno spazio come uno dei pionieri della fotografia nipponica del dopoguerra. Una reputazione che lo accompagna fino al 2023, anno in cui arriva la prima retrospettiva dedicata al suo lavoro in terra inglese.
Con oltre 200 immagini, «Daido Moriyama: A Retrospective», nuova mostra della Photographers’ Gallery di Londra dal 6 ottobre all’11 febbraio 2024, traccia l’ascesa dell’artista ripercorrendo le tappe fondamentali del suo percorso creativo fuori dagli schemi. «Dimentica tutto quel che hai imparato sulla fotografia per un attimo e scatta. Fotografa qualsiasi cosa catturi il tuo occhio. Non fermarti a pensare», si legge in una delle massime dello stesso Moriyama: un motto che risuona senz’altro nella curatela della sua ennesima personale, firmata Thyago Nogueira in collaborazione con l’Instituto Moreira Salles di São Paulo e la Daido Moriyama Photo Foundation.
Per il nativo di Ikeda, l’unica fotografia che ha ragion d’essere parte del basso, abbracciando l’istintività e diffidando dal «pretenzioso». Spaziando tra street photography, sperimentazione documentaristica e ritrattistica, Moriyama forgia un’arte fotografica dall’essenza democratica che appartiene a tutti coloro che ne diventano, al contempo, protagonisti e spettatori. Dinamici, sfocati e prevalentemente monocromatici, i suoi scatti ritraggono la vita nella sua inevitabile transitorietà, arrivando così a chiunque ne abbia sperimentato gli effetti sulla propria pelle.

«Kanagawa, 1967» di Daido Moriyama. L’immagine è tratta dal volume «A Hunter» (1972). © Daido Moriyama/Daido Moriyama Photo Foundation. Cortesia dell’artista e della Daido Moriyama Photo Foundation