Thomas Schütte (Oldenburg, 1954) ha studiato dal 1973 al 1981 all’Accademia di Düsseldorf con Fritz Schwegler e Gerhard Richter e vanta un palmarès di premi internazionali, fra cui il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2005, e di rassegne in giro per il mondo, da Roma a New York, oltre a ben tre partecipazioni a Documenta, a Kassel. Chi se non il Georg Kolbe Museum poteva celebrarlo in patria con un’antologica che ne ripercorre 40 anni di attività?
Il tempio berlinese di quella che è definita da molti oggi una «disciplina obsoleta» gli dedica dal 18 novembre al 20 febbraio la retrospettiva «Thomas Schütte» ricca di 30 opere, tra sculture, studi su carta e modelli concettuali-architettonici coi quali l’artista affronta da diversi anni i rivoluzionari principi spaziali del Modernismo, spaziando dall’arte squisitamente figurativa all’astrattismo dell’installazione spaziale.
Attraverso infinite sperimentazioni plastiche perennemente in fieri in sculture che anche per questo evocano la sensazione dell’indeterminato e mai finito, Schütte chiama il suo pubblico a riflettere sulla complessità delle dinamiche socio-culturali dell’epoca in cui viviamo perciò le sue figure multistrato, ricche di motivi umoristici che si prendono quasi gioco della condizione umana e perennemente rimaneggiate dall’artista fino a pochi istanti prima della loro esposizione, sono fra loro così differenti, frutto dell’ispirazione di un susseguirsi infinito di momenti e spunti diversi presi dalla vita reale.
Un lavoro sperimentale che dialoga perfettamente col museo ospitante anche perché Schütte fa più volte preciso riferimento all’opera e all’attività di Kolbe e in particolare a questo luogo che molto prima di diventare museo di scultura fu per anni il suo studio e laboratorio.