Il ritratto è uno dei generi artistici più longevi, incarna il desiderio di essere guardati e ricordati, di osservare l’altro per interpretarlo e raccontarlo. Nell’articolo di Cath Pound «Why portraits have fascinated us for millennia», Alison Smith afferma che «Mentre in passato era il segno del rango, dello status o della celebrità, credo che oggi la ritrattistica sia più legata all’esistenzialismo [...]. Si tratta di identità». Fino al primo maggio l’International Center of Photography presenta «Face to Face: Portraits of Artists by Tacita Dean, Brigitte Lacombe and Catherine Opie».
La mostra raccoglie più di 50 scatti di Brigitte Lacombe (Alès, 1950) e Catherine Opie (Sandusky, 1961) e due film di Tacita Dean (Canterbury, 1965), un’affascinante galleria delle personalità più importanti dei nostri tempi. Immagini connotate da un senso di intimità e di esposizione, tipico dei ritratti più riusciti.
«Queste immagini e film ci offrono formalità e intimità, pazienza e curiosità, e il brivido di un momento sincero, ha detto la curatrice Helen Molesworth, Vedo tutte e tre le artiste coinvolte nella realizzazione di immagini che non sono solo in dialogo con i soggetti dati, ma anche con la storia del genere della ritrattistica e con il medium della fotografia. L’arte è molte cose, ma per gli artisti è un modo per parlare agli altri attraverso le immagini. È un gioco astorico basato sul furto e sull’appropriazione di tecniche altrui, attraverso cui rendere omaggio al trionfo dell’altro, un continuo botta e risposta».
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«Patti Smith, New York, NY» (2014), di Brigitte Lacombe. © Brigitte Lacombe
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