Nel corso di una visita al Louisiana Museum of Modern Art, poco fuori Copenaghen, Jens Faurschou (1960) si è innamorato perdutamente dell’arte contemporana, e in particolare, ricorda, di un Edward Kinholz, di un Yves Klein e di un Arman. E da allora non si è mai «ripreso», tanto che l’arte contemporanea è diventata l’avventura della sua vita.
Ha iniziato a collezionare a ventiquattro anni e il suo primo acquisto, per 500 dollari, è stata un’opera dell’astrattista danese Balder Olrik del 1985, che ancora possiede e che dice che non rivenderà mai. Nel 2011 ha fondato la Faurschou Foundation con l’obiettivo di favorire il dialogo e il confronto tra il mondo orientale e quello occidentale. Ha poi dato vita a tre spazi espositivi a Copenaghen, a Pechino (aperto nel 2007) e a New York, oltre a sostenere progetti individuali di artisti contemporanei e aver cofondato il Copenhagen Contemporary Art Center nel 2015.
Al momento, nell’ambito della sua ricchissima collezione, dice di avere un debole per Ai Weiwei e per Shirin Neshat: di «Fountain of Light» di Ai Weiwei, un’opera fortemente evocativa, Faurschou ha detto che «è ispirata alla Torre di Tatlin e rappresenta una sua riflessione sul fallimento del comunismo», mentre definisce Shirin Neshat «una figura di gigantesca nel panorama del femminismo contemporaneo e un’astuta osservatrice delle dinamiche del potere».
Nella primavera del 2019, prima che il mondo si fermasse per la pandemia, Faurschou ha inaugurato, a Greenpoint, Faurschou New York, un grande spazio ad accesso gratuito in un’ex fabbrica di scarpe trasformata in un’essenzialissima ed elegante sede d’arte contemporanea grazie al progetto di Markus Dochantschi, autore di numerose gallerie d’arte e centri espositivi in tutto il mondo.
Dal 21 ottobre al 14 luglio 2024 Faurschou New York ospita la mostra «Tracey Emin and Donna Huanca» che giustappone l’opera dell’enfant terrible degli Young British Artists degli anni Ottanta all’artista americana di origini boliviane diventata celebre per le sue sculture viventi. Accanto a una selezione di opere di Donna Huenca è esposta, per la prima volta negli Stati Uniti, «Exorcism of the Last Painting I Ever Made» (1996) di Emin.