Fino al 21 luglio nel Rietberg Museo di Zurigo è aperta la mostra «More Than Gold. Splendore e pensiero della Colombia indigena». Nel complesso si presentano circa 400 reperti delle culture della Colombia preispanica (ori, terrecotte, sculture in pietra, tessuti, collane, ornamenti, ecc.). Dato che, inevitabilmente, ogni mostra sull’antica Colombia finisce sempre per rinviare al mito dell’El Dorado, i curatori hanno cercato di sfuggire da questo accostamento presentando l’ambiente in cui si sono sviluppate tali culture e le popolazioni della Sierra Nevada de Santa Marta, che hanno conservato qualche tratto culturale dei loro antenati. La mostra, infatti, è il risultato di un progetto che il Lacma di Los Angeles ha realizzato con il Museo del Oro di Bogotá e il Museum of Fine Arts di Houston e che ha portato due dei curatori a fare per anni ricerche etnografiche sul campo tra gli Arhuaco, una delle etnie studiate.
Per queste ragioni la rassegna di Zurigo può essere considerata la nuova variante di «L’universo portatile. El Universo en Tus Manos. Il pensiero e lo splendore della Colombia indigena», che, dopo aver debuttato al Lacma nel 2022, ha fatto tappa al Museum of Fine Arts di Houston e al Montreal di Museum of Fine Arts. A Zurigo il percorso si articola in 6 sezioni. Nella prima, però, i curatori sono stati costretti, forse loro malgrado, a fare i conti con il mito dell’El Dorado e a ricordare che alla base del mito, come avevo segnalato anch’io su queste pagine, c’è il rituale che in occasione dell’insediamento di un nuovo re, probabilmente, si svolgeva sulle acque del Lago di Guatavita. Si prosegue prendendo in esame le società indigene della Colombia moderna, ricordando che nel Paese latinoamericano vive oltre un milione di persone che parlano lingue indigene.
Successivamente ci si sofferma sui rapporti che alcuni dei curatori hanno avuto con informanti Arhuaco, sullo sciamanismo e sulla Ciudad Perdida, un sito archeologico della Sierra Nevada de Santa Marta scoperto solo nel 1973. La sezione finale è riservata alla lavorazione dei metalli preziosi e sottolinea l’abilità degli artigiani preispanici precisando che, mentre nelle regioni della costa del Pacifico si preferiva la martellatura delle pepite e pezzi d’oro nativo presenti nei fiumi e nei depositi residuali dei filoni auriferi, nelle regioni settentrionali si preferiva la tecnica della cera persa. In questa sezione, inoltre, si presenta il tema abbastanza nuovo del valore simbolico del «tumbaga», ipotizzando che l’unione dell’oro e del rame rappresentasse la dualità e che il giallo rinviasse al sole e al maschile e l’azzurro, che in alcuni casi appare sulla superficie del rame, alla luna e al femminile.
In particolare, Fernanda Ugalde, responsabile delle collezioni precolombiane del museo di Zurigo, ci ha dichiarato in esclusiva: «Dovendo adattare la mostra agli spazi e alle esigenze del Rietberg e dovendo inserire nel percorso espositivo anche le opere dalle nostre collezioni, ho confermato le scelte di fondo del Lacma, che non ha riproposto la visione dei conquistadores spagnoli, che apprezzavano solo il valore dell’oro come metallo prezioso e ignoravano il significato simbolico degli oggetti. La nostra esposizione, invece, vuole portarci lontano da questo apprezzamento puramente materialistico e avvicinarci al valore intrinseco che le società indigene attribuivano agli oggetti che avevano realizzato. Pertanto, la mostra nasce dalla collaborazione curatoriale con i membri del gruppo indigeno Arhuaco e riflette principalmente la loro visione del mondo. Sotto questo aspetto, la nostra esposizione è unica e innovativa, poiché si concentra sulla visione del mondo e sui valori spirituali delle società indigene. Per questo, i curatori hanno lavorato con i membri del gruppo indigeno Arhuaco, presentando la loro voce».
Tra le opere in terracotta che consentono al visitatore di avere una prima panoramica delle culture più significative dell’antica Colombia spiccano i contenitori Calima (1000 a.C.-100 d.C.), le figure zoomorfe Tairona (1300-1538). i personaggi Tumaco-La Tolita (300 a.C.-500 d.C.), Quimbaya (500 a.C.-1538), Muisca (800-1538) e le figure femminili Zenú (1-1000 d.C.), che, secondo alcuni, documentano la posizione di potere delle donne. Inevitabilmente, però, la parte del leone è fatta dai reperti in oro e tumbaga. Le più belle e sorprendenti sono le classiche tipologie Muisca, Tairona e Tolima (1-900 d.C.), che sono in genere caratterizzate da forti stilizzazioni e, a volte, da uno stile subnaturalistico. Tra le prime, che in genere riescono a coniugare con maestria gli elementi delle placche bidimensionali con inserti a tutto tondo, è doveroso ricordare un pettorale Tolima con una delle più efficaci rappresentazioni della figura umana mai realizzate. Tra le seconde, il rarissimo modellino di una casa Calima.