«La ciociara» di Cesare Tallone (particolare)

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«La ciociara» di Cesare Tallone (particolare)

Tallone, o il ritratto come specchio dell’essere

L’artista savonese, sin dagli anni Settanta dell’Ottocento, adottò un genere pittorico che ora ci consente di osservare l’evoluzione dell’universo femminile a cavallo tra i due secoli. L’allestimento al Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme attinge alle proprie collezioni

La mostra «Donna, Musa, Artista. Ritratti di Cesare Tallone tra Otto e Novecento», in corso fino al 12 gennaio 2025 al Museo Villa Bassi Rathgeb, rappresenta il risultato di un lavoro di studio e di approfondimento condotto da Raffaele Campion, Silvia Capponi, Elena Lissoni e Barbara Maria Savy sulla collezione permanente del museo e, specificatamente, sul nucleo di dipinti del pittore savonese (1853-1919). 

Roberto Bassi Rathgeb, studioso e collezionista d’arte di origine bergamasca ma fortemente legato al territorio aponense, destinò, infatti, nel 1972 al Comune di Abano Terme la propria raccolta costituita da dipinti di Andrea Previtali, Giovanni Cariani, Moretto da Brescia, Giovan Battista Moroni, Giacomo Ceruti oltre a disegni, incisioni, reperti archeologici e mobili d’antiquariato. La mostra offre l’opportunità di approfondire uno dei temi, il ritratto, maggiormente praticati da Tallone fin dagli anni Settanta e mai abbandonato nell’intero svolgersi della sua carriera di maestro e di artista. Una testimonianza della sua considerazione per tale genere quale specchio dell’essere, a cui il suo nome è rimasto indissolubilmente associato come attesta il pregevole nucleo riunito in questa rassegna; una vivacissima ed elegante teoria attraverso la quale è possibile osservare da vicino l’evoluzione dell’eterogeneo universo femminile nella società italiana tra fine Ottocento e inizio Novecento. 

Il filone del ritratto è contestualizzato, nelle prime sale, all’interno di una cornice domestica nella quale prendono vita i personaggi del côté familiare di Tallone, come i figli Guido e Irene, la sorella Linda Maria e il consorte Guglielmo Davoglio, le cui effigi, finalmente riunite per la prima volta, furono realizzate nel 1887 in occasione del fidanzamento. Tra le figure di maggiore impatto si distingue quella a grandezza naturale della moglie, la poetessa Eleonora Tango, agghindata in un costume da ciociara. Un topos figurativo quest’ultimo che, grazie all’incontrastata fortuna iconografica riscossa a partire dal XVII secolo in tutta Europa, aveva valicato i confini di origine per essere assurto ad archetipo della donna italica. 

Verso la fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, date le continue richieste da parte di una committenza anche straniera, moltissimi artisti come Silvestro Lega, Vito d’Ancona, Mosè Bianchi, i fratelli Induno, Eleuterio Pagliano o Plinio Nomellini vi si cimentarono riuscendo a non scivolare in esiti di scontata retorica nazionale. Nella felice interpretazione di Tallone è difficile non intravedere la matrice delle future peculiarità del giovane Giuseppe Pellizza da Volpedo, uno degli allievi più dotati durante il brillante magistero del ritrattista all’Accademia Carrara di Bergamo (1885-90). Un’interpretazione che per il senso plastico, il vigore realistico nonché la potenza espressiva ricorda altresì i grandi ritratti di Antonio Mancini, il pittore romano con cui Tallone fu in contatto durante un lungo soggiorno nella capitale tra il 1883 e il 1885. 

Seguendo il percorso nei saloni della villa, si assiste a un panorama ampio illustrante il dialogo esclusivo instauratosi fra una società fin de siècle desiderosa di essere celebrata e un pittore, ritrattista della regina Margherita e fondatore di una delle prime scuole femminili di pittura, capace di esaudirne l’inclinazione autoreferenziale. Accanto alle figure dell’entourage privato, compaiono esponenti della borghesia più emancipata, come la «Signora con fiori alla cintura» di Giovanni Boldini, identificabile anche nella fotografia della giornalista Emilia Cardona Boldini ritratta nello studio del marito, e attrici glamour divenute icone di stile come Lina Cavalieri o Emma Gramatica raffigurata, quest’ultima, da Lino Selvatico o la divina Lyda Borelli, nel bellissimo gesso realizzato da Pietro Canonica. E ancora manifesti, raffinati manufatti quali borsette châtelaine o ventagli brisé. 

Un variegato compendio che permette di comprendere quanto il ritratto in Italia, come anche al di fuori dell’Europa, complice la diffusione del mezzo fotografico, divenga a cavallo tra Otto e Novecento il genere pittorico maggiormente praticato proprio per la sua valenza di codice sociale. Del resto la moglie Eleonora Tango, intima amica di Matilde Serao, e la sorella Virginia Tango Piatti scultrice, pianista, prolifica giornalista e traduttrice, erano entrambe in stretti rapporti con Sibilla Aleramo scrittrice e giornalista nota per la sua attenzione alla condizione femminile italiana tra Ottocento e Novecento, e proprio alle relazioni importanti e al lavoro intellettuale di queste donne colte della famiglia Tallone viene dedicata un’intera sezione. La mostra è accompagnata da un catalogo (Cimorelli) introdotto dai saggi dei quattro curatori e da apparati storico critici di sicuro interesse per la ricostruzione e la rivalutazione dell’attività dell’artista. 

«Ritratto dell’ingegnere Guglielmo Davoglio» di Cesare Tallone

Elisabetta Matteucci, 28 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

Tallone, o il ritratto come specchio dell’essere | Elisabetta Matteucci

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