«Per conto di Ancari, moglie di Amthne, questo, come cosa sacra, in favore del figlio, alla divinità della Fonte, è posto per un voto da sciogliere», così recita l’iscrizione in lingua etrusca incisa sulla gamba destra di una statua in bronzo raffigurante un bambino e rinvenuta nei recentissimi scavi condotti a San Casciano dei Bagni. Il bambino è nudo, porta una «bulla», un amuleto che doveva proteggere l’infante nei primi anni di vita, sul petto; la mano sinistra tiene un frutto, la destra afferrava un uccellino che non è conservato. Trova riscontri nell’ambito di una produzione diffusa in un distretto territoriale costituito da Perugia, Cortona e Chiusi con rare attestazioni fuori da esso, ed è databile nella prima metà del II secolo a.C.
L’opera è esposta nella mostra «Gli dei ritornano. I bronzi di San Casciano», allestita all’interno del Palazzo del Quirinale (23 giugno-25 luglio/2 settembre-29 ottobre 2023) e curata da Massimo Osanna (Ministero della Cultura) e Jacopo Tabolli (Università per Stranieri di Siena). Lungo il percorso espositivo si ripercorrono le vicende di fortunate campagne di scavo avviate nel 2019, che hanno restituito lo spaccato di vita di un santuario legato alle acque termali e restato in attività dal III secolo a.C. al IV secolo d.C. In un arco temporale quindi di sette secoli mentre attorno il mondo cambiava in profondità: gli Etruschi perdevano la loro indipendenza prima politica e poi culturale, il mondo romano si affermava e poi si trasformava da Repubblica a Impero, una nuova religione, il Cristianesimo, affiancava e poi superava quella precedente.
Il Putto di San Casciano non è l’unica opera sulla quale vale soffermarsi: un interesse notevole presenta un ritratto maschile, databile tra il 50 e il 25 a.C., dedicato per conto di Nufre, della famiglia Nufrzna, figlio di Arnth, perugino, di nuovo alla divinità della Fonte come ricorda sempre un’iscrizione in etrusco. Degna di nota è anche una statua maschile raffigurante un giovane malato: reca un’iscrizione stavolta in lingua latina.
Dal punto di vista artistico l’opera recuperata più interessante appare una statua in bronzo raffigurante il dio Apollo nell’atto di scagliare una freccia con l’arco teso, come suggerisce la posizione delle braccia. La statua è alta 63 cm e presenta uno schema iconografico raro con i due piedi sollevati da terra, come in un passo di danza. La sua cronologia è complessa, come afferma Massimiliano Papini nella scheda del catalogo pubblicato da Treccani, dato che non ha equivalenti nella statuaria in marmo: un confronto può essere stabilito con la coppia di bronzi portatori di fiaccole dal relitto di Mahdia (Tunisia) datati intorno al 100 a.C.
Sempre lungo il percorso espositivo si possono segnalare due placche in bronzo che raffigurano a rilievo, su tre registri, gli organi interni: trachea, polmoni, cuore e diaframma; fegato, stomaco, milza; intestino. Tali testimonianze, eccezionalmente in bronzo (se ne conoscevano in precedenza in terracotta), sembrano suggerire la presenza di una scuola medica presso il santuario.
Altri reperti esposti, in apertura del percorso di visita, illustrano i ritrovamenti di bronzi in aree legate al culto delle acque effettuate in precedenza nel territorio dell’antica Chiusi e di scoperte avvenute a San Casciano dei Bagni già durante il Cinquecento, come una statua in marmo della dea Afrodite, copia di epoca traianea di un originale ellenistico della metà del III secolo a.C.