Nel dicembre 2021 Francesco Jodice (Napoli, 1967) è stato scelto da Fondazione di Modena, proprietaria del settecentesco ex Ospedale Sant’Agostino oggi in corso di restauro per essere trasformato in AGO - Fabbriche culturali, per approfondire aspetti della città attraverso l’immagine fotografica.
L’artista, dopo aver realizzato tre serie di lavori («Come and see» è il titolo comune del progetto) dedicate alle classi scolastiche e al cantiere, utilizzando un banco ottico 10x12 cm e pellicole piane in lastre negative a colori, cambia oggi di nuovo «registro».
Con il quarto e più recente capitolo del progetto, «Una giornata particolare», visitabile fino al 30 aprile 2024, Jodice propone sul lato esterno dell’enorme edificio di AGO una riflessione visiva sul tessuto urbano della città e della sua corona periferica, raccontate con l’aiuto di frasi celebri della storia del cinema italiano.
Parole di Federico Fellini, Sergio Leone, Ermanno Olmi, Mario Monicelli, Nanni Moretti, Gabriele Salvatores, Pier Paolo Pasolini, Luigi Comencini, Ettore Scola, Massimo Troisi, Elio Petri vengono collocate sulla «pelle» di alcuni edifici della periferia di Modena fotografati da Jodice: sovrapposti a costruzioni novecentesche di relativo pregio, ma anche ad esempio al Cimitero di Modena di Aldo Rossi, queste parole contribuiscono a trasformare gli oggetti in fregi narrativi.
I curatori Lorenzo Respi e Chiara Dall’Olio di FMAV - Fondazione Modena Arti Visive e Jodice hanno così compiuto qui un’espansione ideale del futuro polo culturale AGO, fino ai confini della città, scegliendo come «testimonial» alcune tracce del processo di urbanizzazione che nell’arco di decenni hanno cambiato il volto delle periferie e trasformato le abitudini dei cittadini.
Riassume l’artista, ancora una volta impegnato sui mutamenti del paesaggio sociale contemporaneo e sull’antropologia urbana: «Quello che proponiamo è un racconto parziale e impreciso della storia delle pietre e delle persone di Modena attraverso la tradizionale fotografia di architettura di edifici del centro cittadino e altri più periferici, architetture nobili o effimere, su cui quasi fossero graffiti ho impresso brani di dialoghi e monologhi tratti dalla storia del cinema italiano coevo agli edifici fotografati. Le frasi tramutano così le facciate dei palazzi in sezioni architettoniche, quasi si potesse penetrare l’architettura e ascoltare i pensieri e i sogni di tante generazioni di modenesi e italiani».