Con 750 pezzi in ottimo stato di conservazione provenienti soprattutto dalle raccolte asburgiche, la collezione di arazzi del Kunsthistorisches Museum (Khm) di Vienna è una delle maggiori a livello internazionale e proprio a questo tipo di manufatto è dedicata dal 26 settembre al 14 gennaio 2024 la mostra autunnale del museo viennese. Per «Raffaello. Oro e seta» sono stati scelti da Katja Schmitz-von Ledebur 18 arazzi monumentali, di cui 17 del Khm, contornati da 80 oggetti fra sculture, documenti, armature, monete, suppellettili, che contestualizzano gli arazzi in particolare nel XVI secolo.
Il filo conduttore è l’esplorazione di un aspetto particolare della produzione di Raffaello e del suo influsso nella produzione di arazzi soprattutto di artisti fiamminghi, quali Barend van Orley, Michiel Coxcie e Pieter Coecke van Aelst. Oggetti del desiderio di regnanti e potenti, che li utilizzavano per scopi di rappresentanza e di affermazione del proprio status sociale e politico, ma anche come veicoli di propaganda, gli arazzi implicavano lunghi tempi di produzione, con l’apporto di artisti e artigiani di pregio e l’uso di materiali ricercati e costosi: dall’oro all’argento, dalla seta alla lana.
La mostra è incentrata su alcune serie di arazzi, prima fra tutte quella degli Apostoli, la cui ideazione in dieci panni papa Leone X commissionò a Raffaello nel 1515 per adornare la Cappella Sistina in giorni di eventi solenni. I monumentali cartoni dell’artista urbinate (di cui sette sono oggi al Victoria & Albert Museum di Londra) vennero poi tradotti in arazzi a Bruxelles. Già a Natale del 1519 sette parti del ciclo vennero esposte a Roma, suscitando l’entusiasmo di Vasari, perché figure, creature e case parevano non tessute bensì dipinte.
Al Kunsthistorisches Museum la mostra si apre proprio con 6 di quegli arazzi (di cui uno, «La morte di Anania», dai Musei Vaticani e gli altri dalle collezioni di casa). I manufatti che Raffaello concepì come monumentali dipinti, scegliendo di evitare le affollate raffigurazioni proprie dell’arte fiamminga per concentrarsi su composizioni con un ridotto numero di personaggi di grandezza naturale in ambientazioni prospettiche, vennero recepiti positivamente nelle Fiandre e produssero nel tempo una cinquantina di edizioni in vari Paesi, fra cui anche quelle conservate al Khm, realizzate a Bruxelles attorno al 1600.
Focalizzandosi sulla risposta olandese alle opere di Raffaello, il percorso nel Khm prosegue dunque con esempi fra l’altro dal ciclo delle «Sette virtù» di Michiel Coxcie e dei «Sette peccati capitali» di Pieter Coecke van Aelst. Alcuni studi preliminari di Raffaello e numerose incisioni documentano le fasi della produzione di un arazzo e consentono uno sguardo dietro le quinte della creazione. Fra questi spicca la tavola (dall’Albertina) con personaggi per la «Pesca miracolosa». La mostra si chiude con l’arazzo «La scuola di Atene», realizzato dalla Manufacture Royale des Gobelins tra il 1765 e il 1771 come traduzione tessuta dell’omonimo affresco di Raffaello per la Stanza della Segnatura in Vaticano e donata a Giuseppe II dal re francese Luigi XVI. Un esempio di come il XVIII secolo produsse fra l’altro cromie più delicate rispetto a quelle accese dei secoli precedenti.