La principale caratteristica dell’arte di Sterling Ruby è di non averne. Non stupisce dunque che quanto il cinquantenne americano presenta nella sua personale «Future Present» presso Gagosian dal 20 novembre al 5 febbraio sia del tutto inedito rispetto al suo orizzonte creativo, che si caratterizza per una multiformità di suggestioni tratte dall’arte della seconda parte del ’900, all’insegna del polimaterismo e del plurilinguismo, in commistioni volutamente caotiche.
Le sei grandi gocce monocrome e monumentali, dalla punta superiore affusolata e la curva perfetta della base, come pure i piedistalli che le sorreggono, parlano per la prima volta il linguaggio dell’essenzialità formale d’ascendenza minimal.
La brillantezza della vetroresina è tuttavia interrotta, sui piedistalli, da incisioni e scritte che fanno riferimento alla materia della vita che ha ispirato il colore d’ogni singola opera: sangue, acqua, urina, petrolio, carbone e il verde della vegetazione. Alle pareti fanno da contraltare un gruppo di collage in cui figurano arcobaleni e ritagli fotografici di ossa umane, tratti da riviste di archeologia. Il titolo del ciclo, avviato nel 2013, è «DRFFTS», abbreviazione di «drifters», senza tetto.
La poetica di Ruby discende proprio dalla sua osservazione della vita degli «ultimi», come enunciato nell’opera video «Transient Trilogy» (del 2005, non in mostra), in cui si vede lo stesso artista, in vesti di clochard, comporre oggetti con scarti trovati per strada. Particolare significato assume quindi l’esposizione, contestuale alla mostra da Gagosian, di un suo dipinto della serie «WIDW» (contrazione di «window») presso la Galleria Doria Pamphilj, nella sala della Toletta di Venere, adorna di affreschi e stucchi dorati.
Per Ruby è stata un’immersione nell’atmosfera di una Roma densa di passato, scoperta nel 2013, come ha voluto lui stesso ricordare: «Visitare il Foro Romano una tarda primavera di diversi anni fa rimane una delle mie esperienze più importanti. I papaveri rossi in piena fioritura, la vita che attraversa le rovine. Viviamo in uno stato di costante distruzione e divenire, girandoci intorno continuiamo a reinventare il passato come se fosse presente».