Alcuni dei reperti rinvenuti nel Santuario di Ercole Vincitore in mostra nell'Antiquarium

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Alcuni dei reperti rinvenuti nel Santuario di Ercole Vincitore in mostra nell'Antiquarium

Una madre troppo orgogliosa

Al Santuario di Ercole Vincitore il mito di Niobe cantato da Ovidio nelle sue Metamorfosi

Mette a disposizione la sua formazione e professionalità di contemporaneista il direttore dell’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este Andrea Bruciati, che dal 6 luglio al 23 settembre cura insieme a Micaela Angle la mostra «E dimmi che non vuoi morire: il mito di Niobe» al Santuario di Ercole Vincitore, sito semisconosciuto per quanto di enorme importanza, riaperto lo scorso 30 settembre nei fine settimana e con l’occasione finalmente tutti i giorni.

Il mito, cantato da Ovidio nelle sue Metamorfosi, racconta di una madre talmente fiera della sua numerosa prole (7 maschi e 7 femmine) da vantarsi di essere superiore a Latona, i cui figli, Apollo e Diana, si vendicano sterminandola. Trasformata in pietra dal dolore, Niobe continua tuttavia a versare lacrime. La suggestione della storia ha fatto sì che il mito venisse illustrato praticamente in tutte le epoche, dall’antichità ai giorni nostri. È questo il bandolo scelto per la mostra, in linea con lo sguardo contemporaneo che Bruciati vuol mantenere nella gestione dell’Istituto autonomo, «una visione non assiale, obliqua, perché tra arte antica e contemporaneità sono portato a vedere continuità più che fratture».

La mostra, allestita nell’Antiquarium e in due nuove sale espositive, con inedite soluzioni museografiche, è una sorta di piattaforma diacronica dove il tema viene enucleato e seguito nel suo evolversi. Punto di partenza una delle scoperte più notevoli degli ultimi anni, il finora mai esposto gruppo ritrovato nel 2012 a Ciampino nella villa di Marco Valerio Messalla Corvino, generale e console ma anche poeta, oratore e mecenate dei maggiori letterati romani di età augustea, tra cui Tibullo e appunto Ovidio.

All’interno della natatio della villa sono riemerse ben 7 sculture e una serie di frammenti datati alla metà del I secolo a.C., pezzi alti fin oltre 2 m e con la novità iconografica di due inedite figure maschili di giovani che osservano l’eccidio dei fratelli. Il restauro, iniziato nel 2015 e concluso a inizi 2018, ha affrontato l’avanzato stato di corrosione del marmo, ha individuato la probabile articolazione del gruppo, la natura prospettica e il gioco di piani inclinati e altezze progressive che ne accentuano il pathos.

Accompagnano il gruppo circa 50 altri pezzi in un percorso visivo, letterario e immaginario che si intreccia con le opere esposte in forma stabile nell’antiquarium: elementi decorativi del tempio, stele e statue collocate in origine lungo i portici e i donaria del Santuario. Si va dai frammenti del gruppo di Niobidi ritrovati presso Villa Adriana a una serie di lavori di tutte le epoche ispirati al tema, statuaria e ceramica figurata antica, opere rinascimentali tra cui Polidoro da Caravaggio, capolavori moderni come la «Niobe» di Savinio, il «Nudo e Albero» di Sironi, fino al recente «Red Carpet» di Giulio Paolini, raccolte attorno ai due momenti topici della strage dei figli e della pietrificazione della madre.

Alcuni dei reperti rinvenuti nel Santuario di Ercole Vincitore in mostra nell'Antiquarium

Federico Castelli Gattinara, 19 giugno 2018 | © Riproduzione riservata

Una madre troppo orgogliosa | Federico Castelli Gattinara

Una madre troppo orgogliosa | Federico Castelli Gattinara