S’intitola «Divisionismo. La rivoluzione della luce» la grande mostra curata da Annie-Paule Quinsac per il Castello Visconteo Sforzesco, dove sarà visibile fino al 5 aprile. Al centro dell’indagine è il movimento pittorico fiorito alla fine dell’800 tra Lombardia e Piemonte, sulla scorta delle scoperte della scienza ottica, che debuttò a Milano nel 1891, nella I Triennale di Brera, con grande scandalo della critica più conservatrice.
Questa tecnica, diffusa in Italia da Vittore Grubicy de Dragon (pittore, teorico e gallerista influente) era capace di regalare una nuova, intensa luminosità ai dipinti, grazie all’uso di colori non più mischiati sulla tavolozza e poi stesi sulla tela, ma depositati in minuscoli tocchi di colore puro, accostati secondo le recenti scoperte scientifiche, con un procedimento che apparenta sì i nostri divisionisti ai Pointilliste d’Oltralpe ma che non ne è certo una filiazione.
A dividerli, oltre alla pennellata, erano anche le tematiche: «neutre» quelle dei primi (paesaggi, vedute e scene di vita urbana), dense di messaggi innovativi quelle dei nostri, che s’ispiravano ai due sistemi di pensiero più aggiornati del tempo: il Simbolismo e il socialismo.
In mostra, divise in otto sezioni, figurano 70 opere (alcune, vere pietre miliari del movimento) di Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Gaetano Previati, Emilio Longoni, Vittore Grubicy, Plinio Nomellini, Giovanni Sottocornola, Carlo Fornara e, nel nuovo secolo, di Angelo Barabino, Carlo Cressini, Cesare Maggi, Filiberto Minozzi, Matteo Olivero.
E accanto a celebri dipinti (come il monumentale «Maternità» di Previati, «L’oratore dello sciopero» e «Riflessioni di un affamato» di Longoni, «La processione» e «Il roveto» di Pellizza, «Savognino sotto la neve» di Segantini) figura anche un nucleo di magistrali disegni divisionisti di Segantini.
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