«Root’la», una delle due installazioni monumentali di Fabio Viale

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«Root’la», una delle due installazioni monumentali di Fabio Viale

Il titanico Fabio Viale

Visitabili sino al 4 ottobre da Poggiali due installazioni dell'artista cuneese

Firenze. Cuneese, classe 1975, Fabio Viale, tra gli artisti più abili a scolpire il marmo, infonde in ogni dettaglio tradizione millenaria e sensibilità contemporanea. La Galleria Poggiali ha riaperto, dopo una lunga pausa per il Covid-19, la personale «Acqua alta - High tide», visitabile sino al 4 ottobre, con due titaniche installazioni: le «Bricole» e «Root’la».

Come sono nate le «Bricole»?

Per l’ultima Biennale di Venezia sono stato invitato a pensare un’opera che ponesse al centro elementi caratterizzanti della città. Le bricole hanno dei valori aggiunti dati dalla forma e dalla superficie. Ho iniziato a vederle come figure e ho deciso di rappresentarle come una qualsiasi scultura figurativa.

A Venezia le «Bricole» erano immerse in un canale ricreato nel Padiglione. A Firenze?

Hanno una loro autonomia formale che le rende ancor più scultoree: sono messe in evidenza la forza di una forma e l’incanto di una superficie fatta di una texture che ricrea fedelmente il tempo e il passaggio dell’acqua. Le basi, ossidate dalla permanenza nel Padiglione Venezia, ne aumentano i toni, portandole quasi al drammatico. Sono sculture monumentali, colonne-figure di una forza fallica non data dalla monumentalità dell’impatto, ma dalla relazione impari tra uomo e natura.

Ci parli di «Root’la».

È un enorme ravaneto, ricostruito in galleria, ricco di frammenti scultorei: un’installazione colossale in un ambiente alto 4 metri, con 15 tonnellate di detriti e circa 10 tonnellate di sculture marmoree, frutto di una performance fatta a inizio febbraio a Carrara. I soci della cooperativa Cave di Gioia mi hanno messo a disposizione un ravaneto per una performance durante la quale ho fatto rotolare a fondovalle una serie di sculture acquistate da me in un negozio di souvenir. La caduta e il rotolamento ne hanno provocato la distruzione parziale e una sorta di frammentazione, rendendole molto simili ai reperti greci e romani conservati nei musei. Non è importante porre l’attenzione sulle singole opere, ma sul loro funzionamento nell’insieme. L’installazione è come un quadro tridimensionale dove solo a una certa distanza è possibile visualizzare le opere distinguendole dai sassi. È come se la scultura tornasse alla sua radice: il marmo.

Perché un ravaneto?

Ho pensato di usare il ravaneto come uno strumento di scultura. Da Michelangelo ad Arturo Martini si è sempre immaginato di prendere le sculture e farle rotolare dai ravaneti per purificarle dagli eccessi. Gli scarti di lavoro e di fatica hanno un’energia che non può essere sottovalutata e subire la classificazione di detriti. In galleria essi sono affiancati e confrontati alle opere, diventando un tutt’uno in grado di trasmette un valore che ne va ben oltre.

«Root’la», una delle due installazioni monumentali di Fabio Viale

Jenny Dogliani, 23 giugno 2020 | © Riproduzione riservata

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Il titanico Fabio Viale | Jenny Dogliani

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