Elizabeth Marlowe
Leggi i suoi articoliQuale prezzo pagherà un museo per tenersi stretta un’opera d’arte contestata? È il Cleveland Museum of Art a farsi questa domanda dopo il sequestro di una delle sue più importanti antichità classiche. L’opera in questione è una spettacolare statua romana in bronzo acefala a grandezza naturale di un uomo che indossa un abito simile a una toga. Presente in ogni guida del museo, troneggiava fino a poco tempo fa nella galleria di sculture romane, nonostante precedenti rivendicazioni della Repubblica di Turchia, secondo cui sarebbe stata razziata.
La didascalia lo definiva «Figura di imperatore come filosofo, probabilmente Marco Aurelio (161-180 d.C.)» e lo datava a poco dopo la morte di Marco, «circa 180-200 d.C.». Nella lista di opere del museo online la scheda della scultura ripeteva le stesse indicazioni, aggiungendo che la statua proveniva dalla «Turchia, Bubon(?) (in Licia)». Negli ultimi mesi, però, le origini e la provenienza dell’opera sono state oggetto di un’accurata indagine.
In primo luogo, le forze dell’ordine sia negli Stati Uniti sia in Turchia hanno concentrato l’attenzione sulle opere d’arte saccheggiate a Bubon. In questo antico sito nel Sud-ovest della Turchia, negli anni ’60 i contadini locali scoprirono una serie di ritratti in bronzo. Nonostante le severe leggi sul patrimonio culturale, vendettero segretamente i bronzi a trafficanti di antichità.
Quando le autorità turche arrivarono sul posto, nel 1967, tutto ciò che rimaneva erano piedistalli vuoti e un’unica statua, oggi conservata in un museo della zona. I piedistalli portano i nomi di 14 imperatrici e imperatori romani, tra cui Marco Aurelio. Se fosse stato scavato scientificamente anziché saccheggiato, il sito, forse un santuario in onore della famiglia imperiale, sarebbe stato una delle più importanti scoperte archeologiche del XX secolo.
Un numero inusuale di statue e di teste ritratto imperiali romane di alta qualità cominciò ad apparire sul mercato internazionale dell’arte a metà degli anni Sessanta. Tra i mercanti si sussurrava la storia della scoperta di questi bronzi estremamente rari nel Sud-ovest della Turchia. Tra gli anni ’70 e i ’90, studiosi turchi e americani hanno cercato di ricostruire il disperso gruppo di Bubon. Recentemente, l’Unità per il traffico di antichità dell’Ufficio del Procuratore distrettuale di Manhattan, in collaborazione con le autorità turche, ha ripreso in mano l’indagine, basandosi su quel lavoro precedente. Dal novembre 2022, altri quattro bronzi di Bubon sono stati sequestrati da collezioni pubbliche e private americane, tra cui il Metropolitan Museum of Art e il Fordham Museum of Greek, Etruscan and Roman Art. Questi sono stati restituiti alla Turchia.
La scorsa primavera la statua di Marco Aurelio di Cleveland è stata tolta dalle sale. Il museo aveva acquistato quest’opera nel 1986 dallo stesso mercante, Charles Lipson, che aveva venduto tre dei quattro pezzi recentemente sequestrati. Anch’essa è sempre stata associata a Bubon. Infatti, per il debutto della statua nel 1987, il museo espose fotografie di altre statue di Bubon e un ulteriore ritratto con quella provenienza, preso in prestito da un altro museo. Le etichette della galleria e il comunicato stampa descrivevano il gruppo nel suo complesso e le sue probabili origini in un santuario provinciale in Turchia in onore della famiglia imperiale romana. Il curatore del museo si recò persino a Bubon e pubblicò un articolo accademico che esaminava questo contesto.
Gli sviluppi più recenti, tuttavia, annullano questa ricostruzione. Non solo il museo ha rimosso la statua dalla vista e il Procuratore distrettuale di Manhattan ha emesso un mandato per il suo sequestro, ma la scheda della statua nella lista online è stata riscritta. I riferimenti a Bubon, alla Turchia e persino a Marco Aurelio sono stati cancellati. Ora è semplicemente chiamata «Figura maschile drappeggiata». Non ci sono informazioni sulla sua provenienza. La datazione ipotizzata non è più il periodo successivo alla morte di Marco.
Al contrario, il museo si muove nel vago, affermando che potrebbe essere stata realizzata in qualsiasi momento nell’arco di 350 anni, tra il «150 a.C. e il 200 a.C.». Potrebbe essere «romano o forse greco-ellenistico». Sebbene il museo non abbia rimosso il video incorporato intitolato «Ritratto imperiale?» che parla di Marco Aurelio, queste informazioni più specifiche sono direttamente contraddette dalla nuova descrizione scritta della statua, che afferma che «senza testa, iscrizione o altri attributi, l’identità della figura rappresentata rimane sconosciuta». In realtà, un’iscrizione di Marco Aurelio a Bubon è nota dal 1993.
È chiaro che queste cancellature sono una risposta difensiva del museo alle mosse del Procuratore distrettuale di Manhattan. La strategia scelta dal museo è quella di fingere di non avere idea di che cosa sia questa statua, nonostante decenni di studi e di approfondimenti dimostrino il contrario. In questo modo, ammette tacitamente che preferirebbe cancellare la conoscenza di un’importante opera d’arte antica piuttosto che doverla restituire al Paese da cui è stata rubata. Questa posizione rappresenta un grave compromesso dell’etica e dell’integrità del museo e sicuramente eroderà la fiducia del pubblico. Si tratta di un vero e proprio patto con il diavolo.
Il Cleveland Museum of Art ha risposto così: «Il Cleveland Museum of Art prende molto sul serio le questioni relative alla provenienza ed esamina con attenzione e responsabilità le rivendicazioni sugli oggetti della collezione. Come politica, il Cma non affronta pubblicamente una rivendicazione ricevuta. Il Cma ritiene che intavolare una discussione pubblica prima che sia stata raggiunta una soluzione distolga dal dialogo libero e aperto tra le parti interessate, che porta al miglior risultato per tutti gli interessati».
L’autrice è docente di Storia dell’Arte e Discipline Museali alla Colgate University