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Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliLe grandi testate americane, tra cui «New York Times» e «Los Angeles Times», ne hanno parlato diffusamente. L’acquisto da parte del Getty Museum del busto di papa Paolo V di Gian Lorenzo Bernini del 1621 (nella foto sotto) a trattativa privata, lo scorso giugno, fa notizia, perché si tratta della più importante opera del maestro negli Stati Uniti e certamente di uno dei più importanti ritrovamenti degli ultimi anni. Ma è una notizia incompleta, a partire dal fatto che l’acquisto non avviene (come scritto) per il tramite di Sotheby’s di Londra, che invece è stata soltanto mediatrice tra il proprietario francesce, residente a Bratislava, e il museo americano. Partiamo dall’inizio. Il busto, che allora era attribuito ad Alessandro Algardi, insieme ad altre opere della collezione Borghese, finisce all’asta nel 1893 a Roma entrando così in una collezione privata di Vienna. Pubblicato nel 1916 da Antonio Muñoz, il primo a identificarne correttamente autore e identità del soggetto ritratto, è segnalato in seguito come opera dispersa. Non si sa bene quando, arriva a Bratislava (oggi capitale della Slovacchia) nelle raccolte di Ernest Zmeták, un noto artista slovacco morto nel 2004, e in quella città viene venduto dieci anni più tardi, il 23 settembre 2014, in una casa d’aste locale, la Soga (era il lotto 200), per poche decine di migliaia di euro. Per appurarne la presunta autografia berniniana Francesco Petrucci (nella foto in alto) che dirige il Museo del Barocco Romano di Ariccia ed è un grande esperto dell’artista, lo scorso ottobre viene chiamato a Bratislava da un giovane imprenditore francese residente in quella città. Il racconto dello studioso è appassionante: «Volle che andassi da solo con lui, mi portò in una zona periferica di Bratislava, quindi entrammo in uno scantinato varcando una serie di porte di ferro. Arrivati in uno stanzone completamente vuoto e arieggiato solo da una finestrella in alto, vidi per terra, sopra una piattaforma, il busto coperto da un lenzuolo bianco». Era il capolavoro perduto, che riappariva dopo circa 120 anni. Dalla Slovacchia la scultura finisce direttamente al Getty Museum per una cifra sicuramente alta, che però non è stata resa nota. Petrucci (suggerito al collezionista dalla stessa casa d’aste) ha avuto l’assoluto divieto di pubblicarla, fino a quando il responsabile per le Sculture della casa d’aste non gli dà la liberatoria. Allora chiama Mina Gregori e prepara un saggio, che sarà pubblicato dopo l’estate sulla rivista «Paragone» da lei diretta, dove ripercorre la storia del pezzo e ne rivendica la riscoperta.
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