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Dettaglio dell'installazione interattiva «La belle au bois dormant» (2024) di Giuliana Cunéaz

Cortesia di Gagliardi e Domke

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Dettaglio dell'installazione interattiva «La belle au bois dormant» (2024) di Giuliana Cunéaz

Cortesia di Gagliardi e Domke

Il daydreaming delle gallerie torinesi

Gli spazi in città regalano al pubblico mostre visionarie che riflettono tempi in cui si sovrappongono con estrema naturalezza dimensioni fisica, metafisica e digitale

Monica Trigona

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«Sogno» (2024) di Giuliana Cunéaz. Cortesia di Gagliardi e Domke

L’art week torinese si è svolta all’insegna di un clima straordinariamente favorevole e temperature più alte della media stagionale. I passaggi tra fiere, mostre, inaugurazioni, talk e presentazioni disseminate in città non sempre sono stati semplici a causa delle iniziative spalmate veramente ovunque. Le attivissime gallerie delle Tag, acronimo di Torino Art Galleries, hanno organizzato le aperture congiunte fino a tarda sera sabato 2 novembre e le colazioni in galleria sabato 2 e domenica 3 novembre, un modo simpatico e informale per conoscere dealer e artisti sorseggiando un buon caffè, in collaborazione con Lavazza A Modo Mio. Per visitare bene tutti i 18 spazi probabilmente due giorni non sono sufficienti in quanto non sono concentrati in un unico quartiere ma sono disseminati tra Barriera di Milano e San Salvario, tra Borgo Nuovo e Vanchiglia, tra centro e periferia. L’arte d’altronde va fruita e assimilata con i propri tempi e possibilità per cui fare una selezione con criteri che rispondono a necessità diverse può essere un modo per godere di queste iniziative senza sentirsi sopraffatti dal dovere di vedere tutto velocemente. Nel quartiere Barriera di Milano, all’interno dell’area industriale su cui era insediata la Sicme, Società Industriale Costruzioni Meccaniche ed Elettriche, si trova Gagliardi e Domke. L’area espositiva, che è stata oggetto di una riqualificazione, è suddivisa su due livelli su cui attualmente sono allestiti due percorsi: la personale di Davide Maria Coltro, nel piano terreno (sino al 22 novembre), mentre sopra quella di Giuliana Cunéaz dal titolo «Qui ma non ora» (sino al 24 gennaio 2025). I quadri elettronici di Coltro accolgono il visitatore calamitando la sua visione su segmenti colorati verticali che si muovono all’interno di schermi altrettanto colorati. Il ritmo è lento ma costante e permette di seguire agilmente i cambiamenti  in atto. L’esperienza visiva è sempre nuova e originale, frutto di quell’intervallo magico tra creazione e presentazione. Proseguendo, si possono ammirare i risultati più recenti della ricerca di Giuliana Cunéaz, artista di origini valdostane che da anni porta avanti un’interessante indagine basata sull’utilizzo di diversi media, dalla videoinstallazione alla scultura, dalla fotografia alla pittura. Lo spettatore qua è parte attiva della creazione artistica resa possibile dall’intermediazione dell’intelligenza artificiale. Un comodo letto a baldacchino costellato di pixel invita infatti a sdraiarsi dopo aver digitato una frase, a proprio sentimento, su un tablet. Un monitor incastonato all’interno del baldacchino consente, dopo qualche istante, di assistere al sogno generato dall’input testé dato dal fruitore con le proprie parole. L’illusione di consapevolezza dei propri processi di pensiero è smentita da un attore esterno, artificiale, che interpreta le nostre parole dandogli forme, tonalità e movimenti inaspettati e conditi da un lirismo che strizza gli occhi a un surrealismo fiabesco e affabulante. Connessa al leitmotiv di Artissima, il «daydreaming», la ricerca di Cunéaz affida però alla macchina e non alla mente umana il compito di elaborare la nostra storia attraverso le forme di un pensiero visivo sempre in fieri. Le immagini oniriche che scandiscono il ritmo della seconda sala, i cui spunti visivi sono molteplici, consentono poi di essere contemplate per come appaiono oppure, inquadrandole singolarmente con il proprio telefonino dopo aver scaricato un’apposita app. In questo modo lo schermo rivela azioni e animazioni tutte da scoprire.

«Fosse pure in un solo gesto» (2024) di Simone Stuto. Cortesia di Riccardo Costantini Contemporary

A San Salvario, da Riccardo Costantini Contemporary, si può visitare una «classica» esposizione di quadri, perlomeno se si considera soltanto tecnica e supporto utilizzato. Simone Stuto, giovane artista siciliano è protagonista di «Rebis» (sino al 30 novembre), un percorso il cui titolo sibillino in ambito alchemico indica il matrimonio tra opposti. «La pittura è il medium che più si avvicina ai misteri della metamorfosi alchemica, laddove l’unione di elementi primari ha il potere di sovvertire la qualità della materia. Attraverso di essa le polveri minerali possono generare forme organiche vive e le superfici piane aprirsi a diversi livelli di profondità, permettendo così alla nostra mente di viaggiare oltre i confini della mente e dello spazio», spiega la curatrice Barbara Ruperti. Oltre ai dipinti anche le sculture dell’artista esprimono quell’idea di unità e molteplicità, visioni plurime, concrete e incorporee che paiono essere in linea con le opere esposte in fiera e nelle gallerie. Una simbologia molto personale anima quadri variopinti, pieni, stratificati che impongono contemplazione e, perché no, silenzio.

Nello stesso quartiere si trova A Pick Gallery che propone tre personali visitabili sino al 7 dicembre: «Good idea» di Manfred Peckl, «Corpo a corpo», doppia personale di Silvia Gatti e Claudia Vetrano e «Dance me to the end of love» di Casper Faassen, quest’ultima proposta da Mc2gallery (galleria ospite di quest’anno di A Pick Gallery in occasione dell’art week). Idea comune delle tre mostre è l’esplorazione del corpo, espressione concreta del rapporto tra uomo e spazio circostante. Le opere fotografiche di Faassen accolgono lo spettatore al pian terreno mostrandosi stranamente opacizzate, poco chiare, onnubilate da una patina che pare volere nascondere un livello di lettura chiaro e diretto. Il «craquelure», l’effetto di screpolatura dovuta all’invecchiamento della materia diventa un leitmotiv poetico che invita a riflettere su fragilità e, allo stesso tempo, debolezza dell’aspetto esteriore. Mentre Silvia Gatti presenta tele le cui carte in superficie sono corrugate sino a formare paesaggi metafisici e lunari, Manfred Peckl distrugge fogli pubblicitari e li riassembla in collage colorati e optical in bilico tra caos e ordine.

«What’s left is right» (2014) di Manfred Peckl. Cortesia di A Pick Gallery

In Borgo Nuovo, zona storica e centrale di Torino, da Simondi Art Gallery, è allestita la collettiva «Habitat» (sino al 3 novembre) curata dalla stessa galleria in collaborazione con Marguerite Kahrl, artista in mostra affiancata da Alessandro Manfrin, Marjetica Potrč ed Eugenio Tibaldi. Esplorare le reti visibili e invisibili della nostra società al fine di promuovere buone pratiche di convivenza inclusive e relazionali è il trait d’union di un percorso eterogeneo in cui gli autori hanno cercato con le loro opere di recuperare il rapporto con la natura. I recipienti in terracotta di Kahrl, simili a vasi, sono di due serie, «Underground Conversations» e «Fertility vassels». Quest’ultimi hanno forme inconsuete, ricordano arti umani e, pur avendo un aspetto «artistico», sono stati progettati per essere interrati e rivelare lo stato di salute del suolo, se manca d’acqua, ad esempio, e necessita di essere irrigato. Testati per «costruire una spugna di materia organica e una fonte di umidità», essi diventano strumenti essenziali nell’ottica di una sana relazione tra l’uomo e la nostra terra. Appesi tutt’intorno nella medesima sala spiccano gli «Earth Drawings» dell’architetta e artista sociale Potrč che portano all’attenzione del pubblico dell’arte l’importanza delle pratiche indigene per il nostro vivere moderno. Mentre Manfrin presenta una scultura sonora realizzata con materiali trovati per strada, non esattamente rifiuti ma sospesi in un limbo non classificabile, Tibaldi raccoglie in un’unica installazione ricca di spunti, tracce di segni culturali e politici disparati. Tutti gli autori non sono legati alla tradizionale lettura della realtà ma scavano nel sottobosco delle culture emergenti e marginali per conoscere (o riconoscere) antichi saperi. La loro creatività si esprime così in contesti diversi per creare opere che sono espressione tangibile di nuove possibili realtà.

«Senza titolo» di Eugenio Tibaldi. Cortesia di Simondi

Ai mondi paralleli qua evocati si contrappongono spazi concreti traslati su tela attraverso la bella pittura di Bea Sarrias. Questa volta ci troviamo nel quartiere Aurora, poco fuori dal centro, da Crag – Chiono Reisovà art gallery. Sino al 24 ottobre si possono rivivere le atmosfere create da Gio Ponti (Milano, 1891-1979), architetto e designer fra i più importanti del dopoguerra, attraverso le opere della pittrice spagnola («Dipingere lo spazio omaggio a Gio Ponti»). Il lavoro si focalizza nel catturare più possibile luci e suggestioni di un’epoca in cui dalle sedie alle lampade, dai mobili alle stoviglie, tutto era caratterizzato da un’eleganza senza tempo e da un design basato sulla fusione di linee minimaliste pur nell’attenzione alla funzionalità e all’estetica. «Per me l’architettura è uno strumento con cui dipingere la luce. La luce modella gli spazi e crea presenza. Con la luce cerco di catturare l’anima stessa degli spazi che dipingo», dichiara Sarrias, alla sua prima mostra in Italia. I suoi «ritratti di spazi», che non prevedono la figura umana, sono allestiti in un ambiente in cui spicca il pavimento Giallo Fantastico disegnato da Ponti per il Museo Richard Ginori composto da piastrelle nei toni giallo e nero a formare un disegno astratto e ondulato. Nel pieno centro cittadino, da Mazzoleni, rivive la morfologia dei nostri fiumi e delle nostre montagne attraverso le suggestive opere di Melissa McGill. Sino all’8 febbraio la galleria torinese accoglie la personale «Eridanus: The River Constellation» che, oltre a presentare lavori che ripercorrono la storia e sono frutto di ricerche affrontate su antiche carte, propone un video fondamentale per capire la poetica dell’artista americana.

 

 

«Sol de media tarde» (2024) di Bea Sarria. Cortesia di Chiono Reisovà art gallery

Monica Trigona, 03 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

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