«La stanza gialla» (1911) di Marc Chagall, Fondation Beyeler, Riehen/Basel

Cortesia della Fondation Beyeler, Riehen/Basel, Beyeler Collection

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«La stanza gialla» (1911) di Marc Chagall, Fondation Beyeler, Riehen/Basel

Cortesia della Fondation Beyeler, Riehen/Basel, Beyeler Collection

100 volte Chagall grazie a una sinergia austro-tedesca

All’Albertina prima e alla Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf poi, una mostra ripercorre l’attività del pittore bielorusso guidato dal ricordo

La mostra «Chagall» aperta all’Albertina dal 28 settembre al 9 febbraio 2025 è frutto della collaborazione fra il museo viennese e la Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf, dove sarà visitabile dal 15 marzo al 10 agosto 2025. Una cooperazione che assieme a generosi sponsor, fra cui Unicredit e Bmw, ha reso possibile la selezione di un centinaio di opere: «Uno sforzo organizzativo che ha consentito di realizzare questo progetto nonostante si sia dovuto rinunciare a prestiti da San Pietroburgo e Mosca, a causa dell’attacco della Russia all’Ucraina», ha dichiarato Klaus Albrecht Schröder, direttore dell’Albertina e promotore della mostra assieme alla collega Susanne Gaensheimer dell’istituzione tedesca. 

A Düsseldorf tre opere chiave degli anni giovanili di Chagall («Autoritratto con pennelli», 1909, Il suonatore di violino», 1911, e «Rabbino con limone (Il giorno della festa), 1914), faranno concentrare la mostra sulla prima fase produttiva dell’artista. All’Albertina, grazie al comodato della collezione Batliner, Chagall è presente con 7 dipinti e 300 opere di grafica, ma per l’occasione numerosi sono i prestiti da istituzioni internazionali. La selezione nella capitale austriaca, curata da Gisela Kirpicsenko, ricostruisce tutte le fasi produttive dell’artista (1887-1985), prendendo le mosse dalla natia Witebsk, dove nella Russia zarista conobbe precocemente la povertà e la discriminazione della propria minoranza ebraica, e proseguendo via via attraverso le varie cesure della sua vita errabonda. A 23 anni arriva per la prima volta a Parigi. È spaesato e dipinge soprattutto il mondo delle proprie origini, il proprio ambiente famigliare e sociale. 

La dimensione del ricordo resterà uno degli assi portanti della produzione di Chagall, che pur esposto a tutti gli ismi novecenteschi riuscì presto a trovare una propria inconfondibile originalità: «Forse ci sono anche altre dimensioni: una quarta, una quinta, forse c’è un qualcosa che intuitivamente esprime un ventaglio di contrasti plastici e psichici, e tocca l’osservatore con qualcosa d’inusuale», spiegava l’artista nel 1943. «L’universo artistico di Chagall pare contraddittorio, nulla nelle sue opere pare collocato al posto giusto, nulla sembra costante e univoco, spiega la curatrice. I piani narrativi si sovrappongono o stanno l’uno accanto all’altro o ancora s’intrecciano. L’unica costante è davvero l’universo del ricordo, in cui Chagall trasfigura i suoi primi anni di vita, pur senza cercare di nascondere le privazioni subite». Nel periodo fra le due guerre Chagall è nuovamente a Parigi, dopo un intermezzo che lo aveva visto avvicinarsi in patria alle istanze della Rivoluzione d’Ottobre, ma l’avvento del nazismo lo porrà sulla lista dei «degenerati» e 59 sue opere verranno dimostrativamente bruciate. Con l’occupazione della Francia riuscirà a fuggire negli Stati Uniti, da cui tornerà nel dopoguerra, ancora nella capitale francese.

«Marito e moglie nel cielo blu di Parigi» (1976) di Marc Chagall. The Albertina Museum, Vienna, The Batliner Collection. © Bildrecht, Vienna 2024

Flavia Foradini, 26 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

100 volte Chagall grazie a una sinergia austro-tedesca | Flavia Foradini

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