Antoni Muntadas è il protagonista dell’evento galleristico più atteso della primavera (se non dell’anno) barcellonese, la fusione tra due delle gallerie più rappresentative del panorama spagnolo: Joan Prats e NoguerasBlanchard. Nei suoi 48 anni di vita la mitica galleria Joan Prats ha rappresentato artisti del calibro di Miró, Tàpies, Brossa, Calder, Chillida e Penrose ed è sempre stata un punto di riferimento per l’arte d’avanguardia del momento. Invece, la galleria fondata nel 2004 da Alex Nogueras e Rebeca Blanchard, battezzata con i cognomi dei due galleristi, si è specializza da subito nelle pratiche di carattere concettuale, posizionandosi rapidamente sia nel panorama spagnolo che nel circuito internazionale.
Nel 2012 NoguerasBlanchard ha aperto una sede a Madrid, a poca distanza dal Museo Reina Sofia e nel 2015 a Barcellona abbandonava il centro cittadino per trasferirsi nel distretto periferico e proletario de L’Hospitalet, dove la raggiungono diverse gallerie, dando inizio a un vero e proprio fenomeno artistico-urbanistico.
Promotori del coinvolgimento diretto del gallerista nella carriera dei suoi artisti, delle coproduzioni e delle alleanze trans-istituzionali e transdisciplinari, le gallerie si lanciano in questa nuova avventura con Patricia e Marta de Muga, figlie del celebre Joan de Muga che, dopo aver creato la casa editrice Polígrafa specializzata in arte e grafica, nel 1976, con la complicità di Joan Miró e dell’architetto Josep Maria Sert, aprì una galleria nel locale dove il mecenate Joan Prats aveva gestito un elegante negozio di cappelli (di cui mantiene il nome).
Dopo aver offerto un breve anticipo della loro unione ad ARCOmadrid con opere di artisti come Luis Gordillo, Victoria Civera, Mercedes Azpilicueta e Wilfredo Prieto, che quest’anno rappresenta Cuba alla Biennale di Venezia, lo scorso primo aprile la galleria Prats Nogueras Blanchard ha inaugurato la sua nuova sede negli splendidi locali di carrer de Méndez Nüñez 4.
Incastonata nel cuore di Trafalgar, il quartiere dove si sono trasferite le principali gallerie della città, dopo l’esodo da Rambla Catalunya, apre le sue porte al pubblico con una mostra di carattere retrospettivo di Antoni Muntadas (Barcellona, 1942), da sempre un portabandiera della Joan Prats. «Paratopias», questo il titolo della mostra allestita sino al 25 maggio, presenta progetti realizzati in vari momenti, dagli anni ’70 ad oggi e in contesti diversi, vincolati alla paratopia, termine definito dal linguista Dominique Maingueneau e che allude alla relazione tra un discorso o un’opera e il suo autore.
Muntadas, che vive tra Barcellona, New York e Venezia, dove insegna da più di vent’anni all’Università Iuav, riceve i visitatori con una delle due opere create appositamente per l’occasione: un grande zerbino con la scritta «Dove vai?». «È una domanda che dobbiamo porci individualmente e come società, da un punto di vista metafisico ma anche prammatico. Attraversare, calpestare il tappetino e accettare la sua domanda o contemplarlo e aggirarlo: questo è il dilemma» spiega Muntadas, che presenta un’altra opera inedita.
Si tratta di «Keep Moving», un progetto che riunisce diverse rappresentazioni del concetto di spostamento in una sorta di nastro di Moebius, che simboleggia la ciclicità della vita e dei molteplici viaggi che la compongono. «L’esperienza del viaggio è il principale filo conduttore di questa mostra» assicura l’artista che negli ultimi anni ha passato lunghi periodi in Asia e che riunirà le opere del periodo orientale in una grande esposizione nel 2025.
Il percorso di «Paratopias» inizia con un’installazione del 1973 in cui vengono proiettate ininterrottamente una serie di diapositive che offrono una raccolta metaforica e antropologica sull’iconografia della morte. Non mancano opere emblematiche come «On Translation: Il tavolo delle trattative II, 1998-2005», creato nel 1998 inerente le lotte di potere per il controllo del mercato delle telecomunicazioni.
L’opera era stata presentata in una nuova versione alla Biennale di Venezia del 2005 (in quell’occasione le cartografie riguardavano aspetti specifici della creazione, del consumo culturale e del mercato dell’arte). La mostra si conclude nello «Spazio Poblenou» (Passatge Saladrigas 5), dove spiccano alcune delle sue videoproiezioni e installazioni. Esposte in un magazzino d’arte, incentivano la riflessione dell’autore sullo spazio espositivo (il contrasto tra il cubo bianco e il magazzino, l’occupazione dello spazio privato e dello spazio pubblico e l’importanza del movimento e degli spostamenti).