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Dopo anni di abbandono l’edificio nel cuore del centro storico rinasce come spazio dedicato alla ricerca e alla produzione artistica contemporanea
- Arianna Scinardo
- 07 ottobre 2025
- 00’minuti di lettura


Una veduta dell’ex Oratorio palermitano con le opere della mostra «Corpus Imaginum» di Simone Mannino
Foto Rossella Puccio
A Palermo l’ex Oratorio del ’700 riapre con le pitture nere di Mannino
Dopo anni di abbandono l’edificio nel cuore del centro storico rinasce come spazio dedicato alla ricerca e alla produzione artistica contemporanea
- Arianna Scinardo
- 07 ottobre 2025
- 00’minuti di lettura
Arianna Scinardo
Leggi i suoi articoliDopo anni di abbandono, e una parziale riapertura nel 2019, un ex Oratorio del Settecento nel centro storico di Palermo, in vicolo Sant’Orsola, torna a vivere come spazio dedicato alla ricerca e alla produzione artistica contemporanea. L’Atelier Nostra Signora -Ex Oratorio ha inaugurato questa sua nuova stagione con la personale di Simone Mannino (Palermo, 1981) dal titolo «Corpus Imaginum. Le Pitture Nere alla Quinta dell’Ombra» (fino al 20 novembre). Un titolo che richiama esplicitamente l’universo visionario e inquieto di Francisco Goya (1746-1828), e in particolare le sue «Pitture nere», il ciclo di affreschi carico di angoscia, solitudine e forza visionaria realizzato dall’artista spagnolo alla fine della sua vita.
Artista visivo, pittore, scultore, scenografo e regista teatrale, direttore dal 2011 dell’ensemble Atelier Nostra Signora, con sedi a Palermo e Istanbul, le cui produzioni intrecciano arti visive, cinema e teatro, Mannino con «Corpus Imaginum» porta nella pittura l’intensità visiva e drammatica del linguaggio teatrale, trasformando la tela in un’«immagine vivente», capace di evocare presenze e interrogare il tempo. Le grandi tele e i disegni inediti esposti nell’ex Oratorio si muovono tra figurazione e astrazione, immerse in un’atmosfera sospesa, a metà tra sacro e profano. I temi sono universali e viscerali: il corpo, il grembo, il martirio, la nascita e la metamorfosi.
«Ogni quadro è una soglia, racconta l’artista, un grido, un rito, un’ eco che prende forma. Sono presenze che trattengono il respiro del tempo e chiedono di essere percorse come un paesaggio interiore: lentamente, con ascolto. Questa mostra è un viaggio nel corpo, nelle visioni che si dissolvono e ritornano, nel dialogo tra pittura, spazio e luce».
L’allestimento trasforma l’oratorio in un ambiente immersivo, con tele retroilluminate come vetrate gotiche, che dialogano con la luce naturale e con l’architettura barocca dello spazio. Il risultato è un percorso quasi liturgico, un rito laico in cui il visitatore è chiamato a confrontarsi con la propria interiorità.