«Penombra (specchio)» (2024) di Daniela De Lorenzo (particolare)

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«Penombra (specchio)» (2024) di Daniela De Lorenzo (particolare)

A Prato 12 artiste sull’emergenza climatica

Negli spazi del Centro Pecci l’impegno a produrre nuove forme, minimaliste e barocche al tempo stesso, si confronta con le urgenze del pianeta raccogliendo l’eredità dei gruppi femministi degli anni ’60

La mostra «Colorescenze. Artiste, Toscana, Futuro», a cura di Stefano Collicelli Cagol ed Elena Magini, e allestita nel Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci dal 28 giugno al 29 settembre, prende spunto dalla parola di un collage di Lucia Marcucci, che sembra unire, attraverso il riferimento al colore e alla conoscenza, universi differenti, eppure, specie all’oggi, molto vicini: l’arte, la scienza e la sapienza. 

Come avviene nei lavori delle dodici artiste selezionate, toscane di nascita o di adozione, di generazioni diverse: Francesca Banchelli, Chiara Bettazzi, Chiara Camoni, Giulia Cenci, Isabella Costabile, Helena Hladilová, Christiane Löhr, Daniela De Lorenzo, Lucia Marcucci, Margherita Moscardini, Moira Ricci e Sandra Tomboloni, con lavori spesso inediti. Ad accomunarle è l’impegno a produrre nuove forme, minimaliste e barocche al tempo stesso, fragili ma irriverenti, nuovi immaginari maturati spesso in luoghi isolati, traendo linfa da comunità di riferimento, da maestranze artigianali, dal dialogo con il paesaggio e con materiali, naturali o artificiali. Riflessioni che in vario modo si confrontano, negli spazi dell’ala Gamberini, con le urgenze del pianeta, tra riscaldamento globale e inquinamento del territorio, raccogliendo, per mutarla in altre forme, l’eredità dello spirito dei gruppi femministi degli anni ’60. 

Nel grande quadro di Francesca Banchelli, che fa riferimento ai suoi no-where lands (zone di incontro dove si ritrovano esseri umani, animali, minerali, in cammino verso altri luoghi), il raduno intorno a una fonte rappresenta un momento di svolta, che può portare a un declino, verso la notte, o a una rinascita, verso la luce; a questo allude anche la serie di sculture che poggiano su una base di cenere (essendo la cenere ciò che rimane di un territorio o un materiale distrutto, ma anche il più grande fertilizzante sulla terra): corpi con mancanze e rotture, esseri umani visti nel momento evolutivo ed esperienziale che stiamo attraversando. 

Al più debole rapporto che la sua generazione intrattiene, rispetto alle precedenti, con ciò che la natura ci dona, è rivolto il progetto avviato da Moira Ricci nel 2014, «Dove il cielo è più vicino», che si compone di azioni con cerchi di fuoco nei campi, di foto di case di fattorie silenziose e cieche senza porte e finestre, di ritratti di contadini i cui occhi creano legame tra terra e cielo, luogo lontano di mistero, e della narrazione di una vecchia trebbiatrice che si trasforma in astronave, in partenza, forse, per un luogo dove ricominciare. Al Pecci, Ricci presenta il capitolo finale, «Ultima cena», alimentando l’intelligenza artificiale con quegli elementi fino a giungere a immagini silenziose e dall’aspetto nostalgico

La melanconia, stato d’animo di tradizione iconografica secolare, ma intesa nella tensione moderna tra depressione e esaltazione, è il tema che riunisce i lavori di Daniela De Lorenzo in «Penumbra». Progetto che comprende la trasformazione attraverso collage fotografici del quadro di Lucas Cranach, «Melanconia», poi una grande scultura in feltro sospesa (due gonne abitate, in un tempo diverso, da una figura femminile) che evoca una clessidra, ma anche il doppio stato di esaltazione e abbattimento; un bassorilievo in feltro, dove lo springbok (un’antilope), in fuga dal predatore, è colto nel momento di salto estremo su sé stesso, gesto apparentemente inutile ma che è dimostrazione di estrema vitalità, pur nella paura. Infine cinque disegni che si concentrano sullo sguardo di animali, rivelandone la somiglianza e la relazione con noi esseri umani. 

«Dove il cielo è più vicino (Ultima Cena)» di Moira Ricci

Laura Lombardi, 26 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

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