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Una veduta all’interno del Museo Byron, Ravenna

Foto: Emanuele Rambaldi, Castrocaro, 2024

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Una veduta all’interno del Museo Byron, Ravenna

Foto: Emanuele Rambaldi, Castrocaro, 2024

A Ravenna un museo ad personam dedicato a Byron

Un’imponente operazione di restauro sostenuta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna ha salvato Palazzo Guiccioli, in cui hanno trovato sede il museo che racconta la vita e l’opera del prototipo del poeta romantico con opere e tecnologie interattive, il Museo del Risorgimento e il Museo delle bambole

Barbara Antonetto

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«Il recupero di Palazzo Guiccioli ha ricucito una lacuna, una ferita nel centro storico»: con queste parole il neoeletto presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale, ex sindaco di Ravenna, in occasione dell’inaugurazione del Museo Byron ha presentato gli imponenti lavori che hanno reso possibile trasformare l’edificio nella sede di tre musei diretti da Alberta Fabbri. La Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, che ha acquistato il palazzo dal Comune per 7 milioni di euro impiegati per dotare di asili e scuole una parte della città che ne era priva, «ha dimostrato lungimiranza, etica e aderenza alle esigenze della città che aveva bisogno di questo intervento a livello urbanistico, e non solo. Due di questi musei, il Museo Byron e il Museo del Risorgimento, non sono riallestimenti, non esistevano prima. Hanno quindi il merito di arricchire l’offerta museale approfondendo la storia della città nell’Ottocento, un’epoca storica che aspettava di essere valorizzata a Ravenna, il cui straordinario nucleo di otto monumenti religiosi bizantini è iscritto dall’Unesco nella Lista del Patrimonio Mondiale e il cui patrimonio dantesco è universalmente noto e riconosciuto».

Onore quindi al merito del presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna Antonio Patuelli, primo ideatore e da dieci anni appassionato promotore del museo insieme a Ernesto Giuseppe Alfieri, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio e dell’Italian Byron Society, affiliata (costituitasi lo scorso maggio e con sede anch’essa in Palazzo Guiccioli) dell’International Association of Byron Societies che in tutto il mondo promuove la diffusione della cultura byroniana. Tra i soci fondatori Diego Saglia dell’Università di Parma e Gregory Dowling dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, grandi conoscitori della produzione letteraria di Byron e attivi nelle celebrazioni del bicentenario della morte, avvenuta a 36 anni il 19 aprile 1924 a Missolungi. Nella cittadina greca c’è uno dei due musei finora esistenti dedicati al poeta inglese; l’altro è ad Aberdeen, in Scozia, dove George Gordon trascorse un’infanzia di ristrettezze economiche prima di trasferirsi a Newstead (Nottinghamshire) nella dimora che alla morte del prozio ereditò insieme al titolo di Lord.

«Teresa Gamba» di Lorenzo Bartolini, Ravenna, Museo Byron. Cortesia dell’Istituzione Biblioteca Classense. Foto: Giovanni Dall’Orto, Milano

Dandy libertino «degenerato moderno e mascalzone» come si è definito in una poesia, «matto, nocivo e pericoloso da frequentare» come lo descrisse Caroline Lamb dopo aver avuto una relazione con lui, Byron quando arrivò in Italia era già famoso come poeta grazie ai primi due canti del Childe Harold’s Pilgrimage, ma soprattutto era celebre per la sua vita dissoluta e piena di scandali, per la relazione incestuosa con la sorellastra e per la presunta bisessualità. Soggiornò tre anni a Venezia, la città che meglio si confaceva alla sua vita di libertino, ma inaspettatamente vi conobbe l’amore. A Ravenna, dove la poesia di Dante ispirò il suo capolavoro Don Juan, Byron arrivò infatti per amore di Teresa Guiccioli, che aveva conosciuto nel salotto di Marina Querini. È un Byron più maturo («Sono innamorato e stanco del concubinaggio promiscuo»), che apprezza la vita domestica e che, frequentando la famiglia Gamba da cui proveniva Teresa, si infiamma di ideali rinascimentali. 

Il museo si irradia dallo scrigno dei ricordi in cui Teresa ha gelosamente custodito tutti gli oggetti dell’amato, ma non vuole essere una raccolta di cimeli, bensì un racconto interattivo in grado di soddisfare le curiosità dei singoli visitatori, un museo che fonde la conservazione tradizionale con una narrazione innovativa che il fruitore, protagonista del racconto, può adattare alle sue esigenze come un abito su misura, attivando suoni, video, voci e animazioni teatrali. Il progetto museografico, studiato da Donatino Domini, è stato realizzato per gli aspetti interattivi e intermediali da Studio Azzurro. Un’installazione nella sala dedicata a Venezia ci consente di rivivere l’incontro dei due giovani in Palazzo Benzon, sul Canal Grande, in un’altra sala ci si può sedere sotto una campana e ascoltare la lettura di un’opera del poeta scoprendo, si augurano Diego Saglia e Gregory Dowling, che Byron non fu solo un poeta del Romanticismo cupo, ma anche un autore divertente e ironico. E ancora: nella stanza dedicata al viaggio c’è la possibilità di scegliere una lastra e di inserirla in un proiettore approfondendo le tappe del Gran Tour che il poeta fece prima di sposare la colta ereditiera Anne Isabella Milbanke e di visualizzare il viaggio con il quale venne sostanzialmente esiliato dopo il fallimento del matrimonio e le accuse della moglie. Tra gli oggetti più importanti del museo, oltre alle numerose prime edizioni acquistate dalla Fondazione, un busto di Teresa mirabilmente scolpito in marmo da Lorenzo Bartolini e la litografia dell’«Apoteosi di Lord Byron» (Jean Marie Joseph Bove e Noël Ainè & c. da Mathieu Barathier).

Orologio commemorativo da tavolo con Lord Byron fra le braccia della Grecia, 1830-40, Ravenna, Museo Byron. Foto: Emanuele Rambaldi, Castrocaro, 2024

Come Byron a Ravenna alimentò i suoi ideali risorgimentali entrando in contatto con la Carboneria, così il visitatore del Museo Byron può approfondire la nascita della nazione italiana nelle sale del Museo del Risorgimento, in cui sono esposti 450 oggetti (dipinti, sculture, fotografie, armi, divise, medaglie, editti, manifesti, lettere…) provenienti dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, dalla Fondazione Bettino Craxi e dalla Collezione Guerrini (di proprietà del Comune, erano conservati alla Biblioteca Classense). In Palazzo Guiccioli, Byron arrivò con un serraglio di animali esotici e visse tre anni, dal 1819 al 1821, incontrandosi metodicamente con la bellissima diciottenne nelle ore in cui il marito di lei, il conte Alessandro, quarant’anni più vecchio e già padre di sette figli, si ritirava a riposare. Ma in Palazzo Guiccioli Byron prese anche la decisione di votarsi alla causa dei patrioti italiani al punto da partire alla volta della Grecia per unirsi agli indipendentisti, ed è questo il motivo per cui la compresenza e la compenetrazione dei due musei rende più comprensibile e più interessante il messaggio di entrambi. 

Il percorso del Museo del Risorgimento parte dall’età napoleonica e arriva all’Unità d’Italia e ha un’ultima sezione dedicata alla Garibaldimania che lo stesso eroe dei due mondi innescò con la diffusione della sua effigie sugli oggetti più disparati, un fenomeno di marketing ante litteram documentata da molte curiosità. Il museo rievoca la storia dell’Ottocento attraverso i suoi grandi personaggi, come Mazzini, Vittorio Emanuele II, Garibaldi o Anita (che perse la vita in queste terre), ma anche attraverso testimonianze di uomini e donne di ceti diversi, lavoratori delle campagne, proletariato urbano, borghesi e soldati. 

Una veduta dello studiolo di Byron a Palazzo Guiccioli, Ravenna. Foto: Daniele Casadio, Ravenna

Una delle sale del museo corrisponde allo studiolo in cui Byron ha portato a termine il poema The Prophecy of Dante e ha composto i drammi Marino Faliero e The two Foscari. Proprio nello studiolo i restauri hanno condotto a una scoperta inattesa: gli affreschi ispirati alla «Venere di Urbino» e alla «Danae» di Tiziano commissionati nel 1820 dallo stesso Byron, che nel suo «Diario» commentò così: «Tutto sommato il pittore non se l’è cavata male». Gli ideali patriottici di Byron non sono stati gli unici a pervadere Palazzo Guiccioli: dal 1835 al 1840 ha affittato alcune stanze del palazzo Luigi Carlo Farini, il medico che dopo un’esperienza rivoluzionaria, si accostò al liberalismo moderato e divenne il padre della Sanità moderna (il Museo del Risorgimento gli dedica una sala). 

Dieci anni fa Palazzo Guiccioli si trovava in un stato di abbandono, tutti le superfici erano state intonacate, le scene galanti, i paesaggi arcadici, i capricci e le grottesche che ora possiamo ammirare alle pareti erano completamente nascosti sotto strati di intonaco: il recupero in extremis, la rinascita e l’adeguamento ai moderni standard museali dei 2.200 metri quadrati (24 sale) si devono, sotto la sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna, ad Aureaprogetti e al Laboratorio del restauro di Ravenna per le superfici lapidee; le vetrine sono di Goppion, l’azienda italiana leader a livello internazionale nelle teche per la conservazione dei beni culturali. Nel palinsesto delle decorazioni riportate in luce dai restauratori si può ora leggere la storia dell’edificio che risale a fine Seicento, quando la famiglia Osio sancì la propria ascesa sociale con una dimora adeguata a diventare un salotto culturale. Alessandro Guiccioli lo acquistò agli albori dell’Ottocento. Dopo la sua separazione da Teresa il palazzo venne diviso tra vari affittuari e già Oscar Wilde, che si recò a visitarlo catturato dal mito di Byron, descrisse lo stato desolante in cui versava, stato ulteriormente peggiorato dall’utilizzo come Comando di divisione e, nel ’43, come Comando tedesco.

Nelle cantine con belle volte in mattoni in cui Byron nascondeva le armi per la Carboneria aprirà presto la Taverna Byron, un’ulteriore occasione per la cittadinanza di far rivivere il rinato Palazzo Guiccioli in via Cavour, una delle arterie principali del centro storico. Non bisogna infine dimenticare che in un ampliamento più recente dell’edificio, di al di là del cortile, è stata riallestita in un modo molto coinvolgente la ricchissima collezione di bambole storiche di Graziella Gardini Pasini con, tra le altre, rare bambole Lenci.

Frame di Studio Azzurro, Ravenna, Museo del Risorgimento, 2024

Barbara Antonetto, 09 dicembre 2024 | © Riproduzione riservata

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