Roberta Bosco
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Un paio di mesi più tardi del previsto, a fine gennaio è stata posta la prima pietra dell’ampliamento del Museu d’Art Contemporani de Barcelona (Macba), che festeggerà i suoi primi trent’anni il prossimo 28 novembre. I lavori, che dureranno due anni, costeranno oltre 16 milioni di euro, 5 in più di quelli preventivati. L’ampliamento s’inserisce nel «Piano speciale di miglioramento urbano e globale» per la riconfigurazione urbanistica della Plaça dels Àngels, uno spazio di oltre mille metri quadrati nel centro storico cittadino, a ovest della Rambla, che si arricchirà di aree verdi, sedute e una terrazza panoramica di 349 metri quadrati sulla sommità del Convent dels Angels, uno degli edifici che faranno parte del nuovo Macba. Il Convent, che si somma al Centre d’Estudis i Documentació, accoglierà le nuove sale con le quali il museo acquisisce 2mila metri quadrati per mostre e attività rivolte al pubblico.
Il progetto è di Ute, composta dai catalani Harquitectes e dagli svizzeri Christ & Gantenbein, vincitori del concorso internazionale indetto dal Consiglio Generale, il massimo organo di governo del Macba, partecipato dal Comune, dalla Generalitat (Governo autonomo), dal Ministero della Cultura e dalla Fundació Macba. In totale, il museo guadagnerà circa 2.500 metri quadrati, grazie ai quali potrà potenziare il programma di mostre ed esporre una collezione in continua crescita, oggi di circa 6mila opere. I lavori saranno suddivisi in due fasi: prima gli interventi nel sottosuolo della piazza e nel parcheggio sotterraneo, poi l’ampliamento propriamente detto.
Il progetto implica la scomparsa degli skater, che nel corso del tempo hanno trasformato la piazza in uno dei più importanti punti d’incontro internazionali degli amanti di questo sport, ormai inserito nel programma olimpico. La loro relazione con il museo non è mai stata buona (assente nel migliore dei casi), fino alla scorsa primavera quando l’artista algerina Lydia Ourahmane li ha invitati a percorrere le sale in skate abbattendo la barriera, che sembrava insormontabile, tra l’interno e l’esterno del museo. Secondo la direttrice del Macba, Elvira Dyangani Ose, uno dei motivi dell’ostilità che trasmette l’edificio originario del museo, disegnato dal celebre architetto statunitense Richard Meier nel 1986, risiede proprio nell’atrio che invece di attirare il visitatore lo allontana, mentre l’ampliamento intende correggere il problema permettendo allo spazio pubblico di penetrare nel museo. Nonostante l’opposizione delle associazioni di quartiere, che continuano a presentare ricorsi contro quello che considerano un attentato agli interessi degli abitanti e una riduzione dello spazio pubblico, Dyangani assicura che il progetto è «poroso, inclusivo e aperto a tutti i pubblici». Ha addirittura detto di volere creare un Consiglio di Giovani che tratterà direttamente con gli organi direttivi del museo, ma purtroppo da quando si è insediata poco più di tre anni fa, conquistando i media con lo slogan «Voleremo», sono molte le promesse che non ha mantenuto. Il suo contratto dura ancora un anno e mezzo in cui si gioca il futuro immediato del museo: resta da vedere se la potente Fundació Macba, presieduta da Ainhoa Grandes, che riunisce la società civile e si occupa degli acquisti delle opere, le rinnoverà la fiducia.
Qualche mese fa Jordi Martí, segretario di Stato per la Cultura, ha dichiarato che il Macba avrebbe dovuto ampliarsi nelle Tres Xemeneies, la centrale elettrica di Sant Adrià del Besòs aperta come sede di Manifesta (conclusa proprio a Barcellona il 24 novembre scorso) e da lui definita «il museo ideale per il XXI secolo». «I tempi avanzano e le circostanze cambiano. Non hanno avuto il coraggio di ripensare il progetto. Solo il tempo dirà se è stata la scelta giusta», ha dichiarato a «Il Giornale dell’Arte».
Un render dell’ampliamento del Macba
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