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Pablo Picasso, Françoise Gilot, Claude e Paloma fotografati da Edward Quinn a La Galloise, Vallauris, nel 1953

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Pablo Picasso, Françoise Gilot, Claude e Paloma fotografati da Edward Quinn a La Galloise, Vallauris, nel 1953

Paloma Picasso ripercorre la sua infanzia a Vallauris

La designer, che ha concepito la mostra in ricordo di suo fratello Claude, espone al Museu Picasso di Barcellona opere della famiglia mai viste in pubblico prima d’ora

«Ero una bambina silenziosa e osservatrice, non mi ribellavo, ma non obbedivo. Non è facile essere figlia di Pablo Picasso, ma neanche di Françoise Gilot, eppure ho sempre avuto la coscienza del privilegio che significava». Paloma Picasso sgrana i suoi ricordi e rivela gli aspetti più intimi della sua infanzia nella mostra «Crescere tra due artisti» che ha curato insieme a Emmanuel Guigon, direttore del Museu Picasso di Barcellona, dove si può visitare fino al 26 ottobre. La mostra, concepita come omaggio a suo fratello Claude, morto due anni fa a pochi mesi di distanza dalla madre (scomparsa a 102 anni) e dalla sorellastra Maya, figlia di Marie-Therèse Walter, presenta un centinaio di opere, tra pitture e disegni, la maggior parte delle quali appartengono alla famiglia e sono praticamente inedite per il pubblico. All’inaugurazione sono intervenuti molti famigliari, soprattutto delle generazioni più giovani, tra cui i Ruiz-Vilatò, discendenti della sorella di Picasso, Lola, che vivono ancora a Barcellona, Bernard nipote di Picasso e Olga Khokhlova e un pronipote così somigliante che sembrava Picasso redivivo.

«Sono davvero felice di poter mostrare frammenti della nostra vita a Vallauris, attraverso piccole opere, giocattoli e ombre cinesi che i nostri genitori, soprattutto mio padre, facevano per noi, insieme a tele di grande importanza, come un ritratto di mia madre che non si è mai esposto prima d’ora o Claude con gli orecchioni che fa tanta tenerezza. A casa nostra non si faceva distinzione tra un grande olio e una figurina di carta, si prendeva tutto sul serio ma sempre con un sorriso. Vivevamo con grande intensità ogni gesto, ogni momento» ricorda Paloma Picasso, che espone anche uno splendido disegno in cui la si vede cullare una delle sette bambole con il suo viso che le fece suo padre e che poi si riprese perché un Picasso è sempre un Picasso, anche se fatto per gioco. 

In mostra anche uno dei 5 esemplari della scultura della scimmia con il suo bebè («The Guénon and His Little One», 1951), conservata nella collezione permanente del MoMA di New York. Per fare la sua testa Picasso utilizzò una macchinina giocattolo che il collezionista e marchant Kahnweiler aveva regalato a Claude. «Si arrabbiò moltissimo» puntualizza Paloma, assicurando che nonostante i due anni di differenza lei lo considerava un gemello.

Simpatica, aperta, disponibile e assolutamente affascinante, Paloma non dimostra i suoi 76 anni e trasmette ancora quella joie de vivre che caratterizzò la sua infanzia nella cascina de La Galloise, sulle colline fuori Vallauris, all’interno della Costa Azzurra. Françoise Gilot aveva 21 anni quando conobbe Picasso, che ne aveva 40 di più e per lei perse completamente la testa: non esitò a rimettersi in gioco e cambiare aspetto, smise di pettinarsi col riporto e iniziò a mostrarsi a torso nudo, giocando con i figli e animando le feste. Fu il momento d’oro della sua produzione ceramica e i bambini partecipavano a questa grande kermesse creativa. «Mio padre era viscerale e appassionato, mia madre più intellettuale e rispetto all’arte la preoccupava l’idea che ne facessimo indigestione, per questo a volte si chiudeva a dipingere da sola nel suo studio. Voleva che ci avvicinassimo all’arte per piacere e volontà nostra, non per obbligo», ricorda Paloma, che oggi vanta di una brillante carriera come disegnatrice di gioielli e impresaria. In inverno uscirà la sua nuova collezione da Tiffany, con cui collabora da più di 40 anni, anche se non vive più a New York per trasferirsi nella più tranquilla Losanna.

Paloma difende in ogni momento la relazione e il grande amore che vissero i suoi genitori, nonostante il libro La mia vita con Picasso, scritto da Gilot, in cui molti hanno riconosciuto episodi di abuso e violenza. «Il libro è stato volutamente malinterpretato. Con noi i nostri genitori non hanno mai parlato male l’uno dell’altro. Io nemmeno ricordo la loro separazione, non fu un evento traumatico. Andammo tutti a vivere a Parigi e continuammo a vedere spesso mio padre e a passare periodi con lui», afferma. Ciononostante, Gilot fu l’unica donna che lasciò Picasso e ne pagò le conseguenze con l’ostracismo del mondo dell’arte francese che le chiuse tutte le porte, ma non riuscì a impedirle di fare un’interessante carriera negli Stati Uniti, dove ha molti collezionisti. «L’ultima sala interamente dedicata alle opere di Gilot rappresenta la sua prima importante mostra in Spagna» segnala Emmanuel Guigon, il cui mandato terminerà a fine 2025. Il museo ha già avviato il processo per trovare un sostituto, anche se Guigon ha richiesto una proroga fino all’estate del 2026 per completare i progetti a cui sta lavorando. Ai candidati è richiesta solo una profonda conoscenza dell’opera e della biografia di Picasso, nonché dell’arte del suo tempo, ma è risaputo che per portare a buon fine l’incarico è imprescindibile conoscere bene i discendenti del maestro e le complesse dinamiche della sua famiglia.

Françoise Gilot, «Claude»

Pablo Picasso, «Giovane donna seduta (ritratto di Françoise Gilot)», 1946

Roberta Bosco, 28 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

Paloma Picasso ripercorre la sua infanzia a Vallauris | Roberta Bosco

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