Melania Lunazzi
Leggi i suoi articoliÈ un’India sfaccettata nelle sue tante dimensioni e nella sua evoluzione temporale quella che si può vedere fino al 18 febbraio 2024 al Magazzino delle Idee, in oltre 500 opere tra scatti fotografici, video e installazioni. La mostra, prodotta e organizzata da Erpac (Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli-Venezia Giulia) e curata da Filippo Maggia, s’intitola «India oggi. 17 fotografi dall’Indipendenza ai giorni nostri» e porta per la prima volta in Italia e in Europa un grande progetto espositivo fotografico su questo Paese.
L’arco temporale muove dall’indomani della raggiunta indipendenza dal dominio dell’Impero britannico (1947) fino alla contemporaneità, con autori affermati o di lungo corso e giovani protagonisti della fotografia indiana contemporanea. Nel percorso espositivo ogni autore viene introdotto da una frase che descrive approccio e genesi del suo lavoro. Raghu Rai (1942) è forse il nome più noto tra i maestri della fotografia indiana: tra i suoi reportage quello su Madre Teresa di Calcutta e l’incidente industriale di Bhopal del 1984. Alla sua generazione appartengono anche Bhupendra Karia che esplora l’India rurale post indipendenza e Pablo Bartholomew che racconta Bombay e Calcutta negli anni Settanta. In mostra anche alcuni scatti del Mahatma Gandhi ripresi dal pronipote Kanu Gandhi, che lo ritraeva in pubblico e in privato.
Tra le fotografe nate negli anni Cinquanta sono esposte Ketaki Sheth e Sheba Chhachhi che documentano gli anni ’80 e ’90 con l’immigrazione e il boom edilizio a Bombay e il movimento femminista indiano. Sunil Gupta si occupa delle ingiustizie subite dalla comunità gay. Tra gli autori nati dal ’70 in poi, Anita Khemka esplora la comunità hijra indiana del terzo sesso e Serena Chopra i campi profughi con ritratti intimi; Vicky Roy i bambini abbandonati; la giovane Uzma Mohsin racconta con il lavoro «Songkeepers» la protesta civile fatta con il canto; Soumya Sankar ha incontrato i sopravvissuti al massacro del 1979 nel Bengala e Dileep Prakash gli ultimi testimoni dell’India coloniale; Amit Madheshiya ritrae spettatori che assistono alla proiezione di film sotto i tendoni di cinema itineranti.
Lontano dalle metropoli, con una certa attenzione ai temi ambientali e al lavoro di agricoltori e allevatori fotografano Senthil Kumaran Rajendran, che tratta la difficile convivenza fra tigri e umani, e anche Vinit Gupta, Ishan Tanka e Soumya Sankar Bose, che sottolineano i danni dei grandi interessi industriali sul territorio.
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