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Francesco Tiradritti
Leggi i suoi articoliUna delle prime opere cui si dedicò Jean-François Champollion (1790-1832) all’indomani della decifrazione dei geroglifici, fu il Panthéon égyptien (1823-25) in cui raccolse le molteplici figure divine adorate dagli Egizi. Sarebbe sufficiente soltanto questo a dimostrare il notevole interesse che l’universo soprannaturale faraonico ha sempre suscitato nella cultura occidentale.
Che tale curiosità sia ancora desta lo dichiara la mostra «Divine Egypt», inaugurata il 12 ottobre (e aperta fino al 19 gennaio 2026) al Metropolitan Museum di New York. L’evento vede la partecipazione di numerose importanti raccolte egittologiche e raccoglie oltre 200 capolavori, 140 dei quali appartenenti alla collezione newyorkese. L’idea è di esplorare gli oltre tremila anni della civiltà egizia, nel corso dei quali fu elaborato un immaginario divino che annovera più di 1.500 entità, attraverso l’analisi approfondita di 25 tra le divinità di maggior rilievo. Tra queste il dio falco Horus, quintessenza dello spirito dinastico, la dea leonessa Sekhmet, vivida incarnazione dell’ira femminile, il multiforme dio Sole, onnipresente nel cielo egiziano e per questo entità suprema, e il giudice e sovrano dei morti Osiride.
La mostra del Met documenta sia il rapporto intercorrente tra gli dèi e il sovrano e i sacerdoti, che avevano accesso esclusivo alla statua di culto, sia le modalità della venerazione in ambito popolare che trovava libera espressione nelle case e nelle tombe. Le opere riunite dai curatori della mostra Diana Craig Patch e Brendan Hainline, rispettivamente responsabile e ricercatore associato presso il dipartimento di Arte Egizia al Metropolitan, sono di estremo valore e contano monumenti raramente visti al di fuori delle collezioni di appartenenza. Tra questi la triade in oro e lapislazzuli di Osorkon II (IX secolo a.C.) raffigurante Osiride, Iside e Horus dal Louvre, il frammento di statua colossale in pietra calcarea del dio Min (fine del IV millennio a.C.) dall’Ashmolean di Oxford e il gruppo in cui Micerino (inizio del XXV secolo a.C.) è ritratto insieme alla dea Hathor e la personificazione della Regione della Lepre, in prestito dal Fine Arts Museum di Boston.
Il catalogo della mostra, riccamente illustrato, riunisce quasi esclusivamente contributi dei curatori della sezione egizia del Met, annoverabili tra i maggiori esperti di arte e religione egizie e, proprio per questo motivo, rappresenta uno spunto di riflessione innovativo e di notevole spessore su entrambe le tematiche.

Stele magica (Cippo di Horus), 360-343 a.C. Metagraywacke The Metropolitan Museum of Art, New York, Fletcher Fund, 1950. Foto Anna-Marie Kellen © The Metropolitan Museum of Art