Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Eugenio Tibaldi, Laboratorio Rebibbia, «Benu»

Photo: Lorenzo Morandi

Image

Eugenio Tibaldi, Laboratorio Rebibbia, «Benu»

Photo: Lorenzo Morandi

Al via l’allestimento di «Benu», l’opera di Eugenio Tibaldi per il carcere femminile di Rebibbia

Il progetto, promosso dalle Fondazioni Severino e Pastificio Cerere, realizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo, con il patrocinio del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e del Ministero della Giustizia, sarà inaugurato a dicembre

Samantha De Martin

Leggi i suoi articoli

Un segnale guiderà lo sguardo dei passanti (e non solo) verso il muro della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia a Roma, costruendo un ponte tra due mondi all’apparenza lontanissimi. Ma si attiverà solo a una condizione. Per conoscere i dettagli dell’opera site specific ideata da Eugenio Tibaldi per la Casa Circondariale Femminile di Rebibbia «Germana Stefanini» bisognerà aspettare dicembre quando il progetto, inserito nel programma del Giubileo 2025, verrà inaugurato. Intanto lunedì 20 ottobre, all’interno del più grande istituto penitenziario femminile d’Europa, hanno avuto inizio i lavori di allestimento di «Benu», questo il titolo dell’installazione, parte del progetto promosso dalla Fondazione Severino e dalla Fondazione Pastificio Cerere, realizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo, con il patrocinio del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e del Ministero della Giustizia.

Il nome dell’opera trae ispirazione da una creatura mitologica, un volatile dai colori sgargianti dominati dal rosso e dall’oro. Sacro agli egizi e consacrato al dio Ra, simbolo di nascita e rigenerazione, Benu è stato nel tempo assimilato alla fenice, diventando per greci e cristiani simbolo di rinascita e resurrezione. Nell’interpretazione di Tibaldi, l’uccello che lotta contro il fuoco, universalmente presente in tutte le culture, diventa un messaggio di speranza e trasformazione, dedicato alle donne detenute del carcere di Rebibbia, per spingerle a superare i confini, fisici e simbolici, della reclusione. L’opera è il risultato di un complesso percorso creativo e partecipativo iniziato nel settembre 2024 con le prime visite dell’artista al carcere, gli incontri con gli operatori e la definizione concettuale del progetto.

«In occasione del Giubileo 2025, dedicato alla speranza, spiega il curatore Marcello Smarrelli, la nostra scelta è ricaduta su Eugenio Tibaldi, artista che ha dedicato una parte consistente della sua ricerca a progetti incentrati su territori liminari e sulle persone che vivono ai margini della società. Al sopralluogo di Tibaldi è seguita in carcere una open call dedicata alle persone che volevano partecipare ai workshop artistici. Ne abbiamo incontrate oltre cinquanta e abbiamo iniziato a costruire con loro una relazione. Ne è emerso è un progetto totalmente condiviso, nato dai desideri e dai bisogni delle detenute, che mostra l’apertura del processo creativo alle persone che partecipano e che diventano cofirmatarie del progetto assieme all’artista».

Nel corso dei mesi Tibaldi ha condotto assieme alle detenute laboratori creativi, incentrati sul disegno come linguaggio universale capace di esprimere emozioni e abbattere barriere linguistiche e sociali. «Descrivete con un disegno, accompagnato da un testo, il vostro migliore pregio e il peggior difetto»: è stata la richiesta di partenza formulata dall’artista. I risultati sono stati sintetizzati in una figura zoomorfa, precisamente due fenici, punto di partenza per l’installazione finale. «All’inizio, racconta Tibaldi, ho invitato le detenute a guardare circa 200 rappresentazioni della storia della fenice, per poi esortarle a realizzare la nostra nuova fenice. Avrebbe dovuto contenere il loro miglior pregio e il peggior difetto. È stato un lavoro importante sull’accettazione, sulla consapevolezza e conoscenza di loro stesse. Ho voluto fare il percorso di costruzione del lavoro all’interno del penitenziario. Intanto perché, per la prima volta nella mia vita, ho avuto la percezione che il risultato finale corrispondesse davvero alla comunità che lo aveva desiderato. L’installazione, che avrà una struttura complessa, si comporrà di due fenici che rimarranno per sempre nella struttura carceraria. Da un lato creerà un ponte tra l’interno e l’esterno del carcere, dall’altro vivrà solo se le detenute lo vorranno».

«Benu» si discosterà dai canoni estetici di Tibaldi. «Sono state le ragazze a definire i colori della tavolozza, le lettere dell’alfabeto, la lingua nella quale dovevo esprimermi», aggiunge Tibaldi. L’opera sarà visibile solo a chi vorrà vederla, compiendo un «pellegrinaggio» al di là del muro. «L’aspetto più sorprendente, conclude Tibaldi, è stato vedere la partecipazione, libera e corale delle persone coinvolte, l’unione determinata dal lavorare insieme a un progetto comune. La meraviglia di poter raccontare qualcosa e di potersi raccontare. Si tratta in fondo di un esperimento sulla capacità di trasmettere amore anche in un luogo da cui si vorrebbe andare via».

Eugenio Tibaldi, Laboratorio Rebibbia, «Benu». Photo: Lorenzo Morandi

Eugenio Tibaldi, Laboratorio Rebibbia, «Benu». Photo: Lorenzo Morandi

Samantha De Martin, 22 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Al via l’allestimento di «Benu», l’opera di Eugenio Tibaldi per il carcere femminile di Rebibbia | Samantha De Martin

Al via l’allestimento di «Benu», l’opera di Eugenio Tibaldi per il carcere femminile di Rebibbia | Samantha De Martin