Rinomato per i suoi dipinti di grandi dimensioni, la cui audace semplicità e i colori accentuati sono considerati precursori della Pop Art, Alex Katz (New York, 1927) trovò nella pittura la sua ragione di vita quando, tra il 1949 e il 1950, era uno studente alla Skowhegan School of Painting and Sculpture nel Maine. Fu qui che imparò a dipingere en plein air e realizzò opere né astratte né realistiche, bensì concentrate su una piccola fetta di vita, permettendo alla poesia e al pensiero astratto di nascere dalla pura percezione piuttosto che dalla narrazione.
In mostra da Thaddaeus Ropac Paris Pantin (dal 15 febbraio al 12 aprile), tre gruppi di opere realizzate tra il 2021 e il 2022 rappresentano altrettanti aspetti chiave della pratica dell’artista: i lavori basati sugli abiti della stilista americana Claire McCardell, le rappresentazioni di grandi dimensioni di oceani dalle tinte inchiostro e quelle di prati nei toni del verde e del giallo.
Tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta, Katz ha concentrato la sua attenzione sulla produzione di dipinti paesaggistici, che egli stesso definisce «ambientali». Solo negli anni 2010 ha iniziato a comporre ritratti, multipli e ravvicinati, disposti in sequenza sulla tela come su una pellicola cinematografica, combinando una varietà di angolazioni per creare l’impressione di un ritratto «ambientale».
Molte delle opere esposte presentano composizioni bipartite o addirittura tripartite, con frammenti di abiti e modelli diversi che richiamano le strategie visive del Cubismo, emulando al contempo le tecniche di montaggio cinematografico. «La gente vede i miei quadri con occhi allenati dalla visione di film e fotografie nelle riviste, dice Katz. Cerco di utilizzare il modo in cui queste cose alterano la percezione delle persone come la chiave costruire i miei dipinti». «La permanenza temporale e stilistica dei dipinti di Katz si confronta e si immedesima con l'impermanenza fondamentale e strutturale della moda», scrive il curatore Éric Troncy.
Katz si è sempre definito un pittore del «presente immediato», tanto nei suoi ritratti quanto nei suoi paesaggi. È con questi ultimi, infatti, che Katz trovò la vocazione di pittore in giovane età, esplorando i laghi e le foreste del Maine, dove ha scoperto la libertà che deriva dal lavorare come gli impressionisti, dipingendo rapidi schizzi a olio nella natura per poi trasformarli in opere di grandi dimensioni nel suo studio.
Sebbene l’acqua sia sempre stata un elemento ricorrente nei dipinti di Katz durante i primi anni, solo dopo la retrospettiva al Whitney Museum of American Art di New York nel 1986 è diventata soggetto a sé stante. La mostra mette in evidenza questo aspetto con un gruppo di paesaggi oceanici, resi in monocromia con pennellate bianche espressive che si posano su fondi scuri per suggerire l’infrangersi delle onde o la luce della luna che si posa sulla superficie di un mare insondabile.
Per Katz sono più importanti questi schemi fugaci di luce scintillante nell’oscurità, piuttosto che il colore. «I colori sono irrilevanti, ha dichiarato in una recente intervista. Finché ho la luce li posso cambiare». Lavorando velocemente, «bagnato su bagnato», l’artista termina l’opera senza aspettare che il primo strato di olio si asciughi, portandolo a sviluppare una pennellata rapida e sincopata, che racchiude la sua impressione fugace della scena.
L’allestimento è accompagnato dal catalogo pubblicato in occasione della mostra alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia (dal 17 aprile al 29 settembre 2024), che contiene anche una conversazione tra l’artista e il curatore Luca Massimo Barbero.
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Alex Katz, «Claire McCardell 6», 2022. Foto: Charles Duprat