Elaine Constantine, «Girls on Bikes (Sarf Coastin’)», 1997, con styling di Polly Banks

Cortesia dell’artista © Elaine Constantine

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Elaine Constantine, «Girls on Bikes (Sarf Coastin’)», 1997, con styling di Polly Banks

Cortesia dell’artista © Elaine Constantine

Alla National Portrait Gallery l’eredità culturale di «The Face»

Nel museo londinese oltre 200 fotografie di 80 artisti accendono i riflettori sull’iconico magazine che gettò le basi per la rivoluzione della pop culture inglese 

In un mondo in cui la carta stampata, compresa quella grazie a cui un tempo eravamo soliti collezionare fotografie, sembra essere una specie in via d’estinzione messa in fuga dall’avvento dell’era digitale, quale può essere l’eredità di un magazine cartaceo? Ce lo racconta «The Face Magazine: Culture Shift», mostra collettiva alla National Portrait Gallery dal 20 febbraio al 18 maggio, in cui l’omonima rivista inglese, fondata nel 1980 dal giornalista e publisher Nick Logan (Lincoln, 1947), e rilanciata dopo un’interruzione di 15 anni nel 2019, si fa protagonista di una vetrina fotografica che ne celebra il contributo «pionieristico allo scenario creativo e artistico dell’Inghilterra e oltre». 

Curata da Sabina Jaskot-Gill, senior curator of Photographs presso l’istituzione inglese in collaborazione con Lee Swillingham, art director del magazine dal 1992 al 1999, e il fotografo Norbert Schoerner, uno degli sguardi ad averne contraddistinto l’estetica irriverente tra gli anni Novanta e i primi Duemila, la mostra raccoglie oltre 200 scatti tratti dagli editoriali che hanno reso la rivista uno dei titoli più dirompenti e accattivanti di sempre. Ancor prima che «i-D» e «Dazed & Confused», altre due testate di spicco della realtà mediatica della Londra di oggi e d’allora, approdassero nella capitale inglese, rispettivamente, nell’agosto del 1980 e nel 1991, «The Face» aveva già gettato le basi per quella che sarebbe diventata una vera e propria rivoluzione culturale. 

Da una giovanissima Kate Moss al leggendario stilista Alexander McQueen, i New Order e gli Stone Roses, che si trattasse dell’astro nascente del calcio David Beckham o della strabiliante musicista islandese Björk, non c’è capitolo degno di nota della pop culture inglese che non sia stato catturato dalle pagine del magazine di Logan. Ma a renderlo grande, al di là delle star da copertina, fu la comunità di fotografi, stylist, e designer creativi che si riunirono attorno ad esso, caricandone le storie con un’audacia, scaltrezza e ironia che ancora adesso rendono i numeri di «The Face» immediatamente riconoscibili. È da questa rosa di talenti che la carriera degli 80 artisti visivi in mostra in questa nuova vetrina, tra cui Sheila Rock, Stéphane Sednaoui, Corinne Day, David Sims, Elaine Constantine e Sølve Sundsbø, ha preso forma. Ragazze che sfrecciano in bicicletta per le discese di un’assolata Brighton, immortalate tra l’estasiato e il terrorizzato, servizi di moda surreali e fotografie ritraenti le icone musicali di ieri e di domani, da Liam Gallagher, metà dei leggendari Oasis, al rapper americano André 3000: queste alcune delle scene al centro della collettiva, che propone anche workshop, talk e retroscena esclusivi offerti da chi più ne ha segnato l’ascesa. 

Gilda Bruno, 20 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

Alla National Portrait Gallery l’eredità culturale di «The Face» | Gilda Bruno

Alla National Portrait Gallery l’eredità culturale di «The Face» | Gilda Bruno