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Rossella Farinotti
Leggi i suoi articoliLa pittura di Allison Katz (Montréal, Canada, 1980) è riconoscibile per i soggetti ormai classici che ricorrono nel suo immaginario pittorico, per, e può sembrare un ossimoro, la costante sperimentazione nella loro resa e la bizzarria con cui l’artista traccia i suoi percorsi espositivi. Questo triplice livello di azione e lettura è latente nelle mostre realizzate da Katz. I suoi progetti aggiungono sempre qualcosa di nuovo all’interno dei suoi codici linguistici. Sono spesso sperimentali, ma hanno grammatiche che si ripetono e che funzionano da cifra estetica e stilistica per ricondurre tutto l’immaginario a lei. La varietà dei temi proposti da Allison ha un filo conduttore che lega tutte le figurazioni, sia quelle reali sia quelle immaginifiche. Le storie che indagano ogni scenario presentano degli elementi ricorrenti che fungono come alter ego per l’artista e indicazione della sua realtà: i galli, i paesaggi delle città dove è ospitata a fare mostre, le sue iniziali, i frame grafici che fanno da contorno a degli episodi dipinti, i ritratti degli ascensori delle sue gallerie (il montacarichi dipinto nello spazio milanese di Gió Marconi è impressionante, spinge a entrare nel dipinto), i close up, le grandi bocche, i dentoni, i nasi a forma di pera, o, viceversa, le pere-naso.
Di questa serie nella mostra «Foundations» (fino al 29 novembre) sono esposte delle sculture realizzate appositamente, di cui una in bronzo lucido, creata presso la Fonderia Battaglia di Milano, un pezzo unico insieme alle sue compagne colorate. La pera-naso (che poi è anche un naso dalle sembianze di due chiappe) rappresenta un benvenuto alla mostra. Questi soggetti sono parte di un codice linguistico preciso, che sempre ritorna e che funziona da linea guida riconoscibile in ogni percorso che l’artista traccia. In questa personale da Marconi, con cui l’artista lavora da anni, Allison Katz ha dichiarato dei legami lavorativi e d’affetto con la galleria. Come si evince dal titolo, la pittrice traccia le fondamenta del suo lavoro, chiedendo a una persona speciale, Edna Katz Silver, sua nonna e abile professionista del tessile, di rielaborare alcune opere attraverso il ricamo. Il tema del tessile non è casuale, non solo per il rapporto con Edna, donna self made che, grazie al lavoro del cucito, crea un metodo di sopravvivenza della sua famiglia negli anni duri del dopoguerra, ma per dialogare con un’altra parte della famiglia, quella del gallerista. All’ultimo piano della mostra, infatti, è esposta una raffinata selezione di foulard in seta, parte dell’archivio della storica azienda tessile della famiglia del gallerista. «Foundations» è dunque una dichiarazione d’intenti e un tributo alla famiglia Marconi, alla città di Milano (c’è un paesaggio del Naviglio con un ponte, altro soggetto che ricorre nella pratica di Katz, come quelli dipinti a Nottingham e Montreal), a Edna e ai fantasmi del passato.
C’è un dipinto iperrealista che accoglie il visitatore dopo aver attraversato un corridoio con alcuni tessuti neri dove, lettera per lettera, si compongono il nome e il cognome dell’artista, come un preludio all’intera mostra, che ritrae il padre di Katz mentre pattina sul ghiaccio. È un dipinto di grandi dimensioni. L’uomo è di spalle, ritratto nella posa dell’angelo. Quest’immagine proviene da una fotografia che il papà inviò a sua figlia per renderla partecipe di un suo momento personale. I dipinti in mostra hanno estetiche diverse, da quella richteriana del grande dipinto del pattinatore, a opere di varie dimensioni, minuziosamente elaborate, nelle quali ci sono giochi visivi creati con tecniche diverse come collage, sovrapposizioni o close up. Basti pensare all’opera dell’Arlecchino, nella quale Allison crea un livello che appare tridimensionale, o il ritratto di spalle di George Clooney e Brad Pitt in piscina, in cui la fantasia dell’acqua viene ripresa nella cornice (altro tributo alla galleria Marconi). Ogni opera è un frammento di Dna dell’artista. Una traccia studiata nel giusto contesto e realizzata attraverso i diversi media di pittura, scultura e arazzo. Si tratta di un viaggio tra realtà personali e il contesto apparentemente freddo della galleria. Un tributo di un’artista che in Italia ha realizzato percorsi importanti, basti pensare alle figure immediatamente riconoscibili in «The Milk of Dreams» (2022), la Biennale di Venezia, dove i galli e quella «cappuccetto rosso» dalle grandi dimensioni hanno sedimentato nella memoria di chiunque è passato da lì, fino ai poster realizzati all’interno del Parco Archeologico di Pompei (2023).
Allison Katz «è assolutamente contemporanea e, allo stesso tempo, decontestualizzata dall’oggi». Il giorno in cui ho visitato la mostra ero con un amico, Fausto, che, uscendo dalla galleria, ha pronunciato questa frase. Mi ha fatto riflettere. Allison è capace di rappresentare il proprio tempo per le diverse estetiche e per i messaggi ironici ma seri che espone nella stessa modalità. Ma, contemporaneamente, riesce a non essere in linea con il contesto odierno, per via dei richiami a un passato colto e a immaginari che hanno altre derive. Questo è un potere di chi poi rimane nel tempo. Le palette di colori di Katz, i suoi immaginari e la traduzione nel tessuto sono riferimenti culturali che possono fare parte di qualsiasi epoca. Il suo modo di interagire con gli spazi, la grandezza quasi naturale di alcune opere, la sua ironia, aiutano a leggere il quotidiano, sono contemporanei. «Foundations» pone tanti sguardi e livelli di lettura. È un tributo al passato e al presente.
Una veduta della mostra «Foundations» di Allison Katz da Gió Marconi, Milano. Courtesy: the artist; Gió Marconi, Milan. Photo: Fabio Mantegna