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Uno dei pugilatori del «tipo Cavalupo»

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Uno dei pugilatori del «tipo Cavalupo»

Altri due pugilatori del «tipo Cavalupo»

Gli scavi in Sardegna restituiscono i resti di due sculture monumentali riconducibili al celebre gruppo dei «Giganti» di Mont’e Prama

Giovanna Benedetta Puggioni

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La nuova campagna di scavo avviata il 4 aprile presso la necropoli nuragica di Mont’e Prama ha portato alla luce nuovi frammenti di altre due sculture monumentali, che vanno ad aggiungersi al celebre gruppo di guerrieri e pugilatori di pietra, risalenti al IX-VIII secolo a.C.

«Sin dagli inizi del nuovo cantiere sono emersi grossi frammenti di statue, di forma particolare e riconoscibile: una testa con il rilievo del mento, una gamba, due busti e lo scudo, tipologicamente vicine alle altre che erano emerse nel 2014, ovvero i famosi pugilatori del “tipo Cavalupo”. Sono così definite perché recano la stessa iconografia presente in un bronzetto nuragico ritrovato in località Cavalupo, nel Lazio, in una tomba etrusca della fase più arcaica», ha dichiarato Alessandro Usai, direttore scientifico degli scavi di Mont’e Prama, nonché funzionario archeologo presso la Soprintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari.

Al responsabile scientifico, si affiancano Maura Vargiu, che cura la restante parte dell’approfondimento storico; Francesca Candilio, impegnata sul fronte antropologico; il direttore dei lavori, l’architetto Elena Romoli, e le archeologhe Silvia Vidili e Laura Caria. Mont’e Prama è un sepolcreto di tombe individuali dell’Età del Ferro dove queste statue, trovate per la prima volta nel 1974, rappresentano la gente del tempo, guerrieri, pugilatori, arcieri ovvero gli stessi personaggi che vivono in quel momento storico, che vengono sepolti in quelle stesse tombe e che si rappresentano come sono e come vogliono essere visti.

In questo c’è poi il richiamo al passato, perché il passato trasmette l’identità e l’appartenenza di un individuo. Sono due i simboli del passato che si ritrovano in questo tipo di sepolture: il primo riguarda i modelli di nuraghe, emblema della gente di quel territorio e di quel tempo, espressione di identità, proposti come modelli idealizzati e stilizzati, con un numero esorbitante di torri, molto sviluppati in altezza. Il secondo simbolo che riguarda il passato sono i betili, ovvero le pietre sacre che, non a caso, si trovano associate alle tombe dei giganti, sempre come richiamo identitario, di orgoglio e di appartenenza.

«Il termine “giganti” è entrato nell’uso comune, ma il suo uso è improprio. Sono statue certamente grandi, ma il termine si associa, in realtà, ad altri aspetti», ha commentato Usai, aggiungendo che «le tombe di Mont’e Prama sono tombe individuali, nelle quali ogni singolo corpo veniva infilato con gambe e braccia contratte, seduto e rannicchiato. Le cosiddette “tombe dei giganti”, invece, sono collettive, e in esse venivano sepolti decine di defunti distesi che con il tempo si ammucchiavano per far posto ai nuovi arrivati, presentandosi così lunghe e strette, quindi più grandi».

L’intervento di scavo, finanziato dalla Soprintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna con un importo di 85mila euro, ne anticipa un altro più corposo (600mila euro), che coinvolgerà anche il Segretariato Regionale del Ministero della Cultura. Si punta a restaurare tutto ciò che era stato trovato tra il 2014 e il 2016 (finanziati con 2,8 milioni di euro), così da esporre le nuove statue insieme alle altre nel Museo Archeologico di Cabras per il cui ampliamento sono destinati 3 milioni di euro nell’ambito degli interventi dei Grandi Progetti Beni culturali (2015/16). Il ritrovamento è avvenuto a poco meno di un anno dalla nascita della Fondazione Mont’e Prama, della quale è in corso la procedura di selezione del primo direttore.

 

Uno dei pugilatori del «tipo Cavalupo»

Giovanna Benedetta Puggioni, 13 giugno 2022 | © Riproduzione riservata

Altri due pugilatori del «tipo Cavalupo» | Giovanna Benedetta Puggioni

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