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Assessore «creativo» e rischi di incompatibilità

Silvia Mazza

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Palermo. In principio fu Vittorio Sgarbi con Oliviero Toscani assessore alla Creatività a Salemi: adesso, al Parlamento siciliano, gli assessori «creativi» sono addirittura due. Così, infatti, il cantautore Franco Battiato, con delega al Turismo da «incastrare» tra le tappe del prossimo tour, ha ribattezzato se stesso e, caso ancor più eclatante, il «collega» Antonino Zichichi, di professione fisico nucleare ma destinato nientemeno che ai Beni culturali (cfr. lo scorso numero, p. 12). Quest’ultimo, in realtà, «non si è ancora insediato», ha detto a metà dicembre il presidente Rosario Crocetta, e non lo sarà finché non verrà chiarito il presunto conflitto di interessi, sollevato dal capo dell’opposizione, Nello Musumeci (Pdl), per il coinvolgimento del figlio Lorenzo in alcune «vicende» su cui proprio l’Assessorato guidato dal padre dovrebbe essere chiamato a esprimersi. Zichichi junior, presidente del Cda della casa editrice Il Cigno GG, sarebbe infatti «socio di Novamusa», che ha un contenzioso in atto con la Regione, dove ha gestito per anni siti culturali di punta, e il cui legale rap- presentante Gaetano Mercadante, a fine novembre, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di avere sottratto alla Regione, tra il 2004 e il 2011, 19 milioni di euro delle vendite dei biglietti (Il Cigno, però, non è coinvolto nell’indagine). «In quanto socio, sostiene l’esponente del Pdl, si trova nell’Ati che ha aperto ben cinque contenziosi con la Regione su altrettante gare per i servizi aggiuntivi al pubblico nei siti culturali siciliani, a oggi non definiti nel merito». Immediata la replica del fisico nucleare: «Mio figlio non ha mai fatto ricorso al Tar con Novamusa. Il ricorso di mio figlio è per motivi che non hanno nulla a che fare con Novamusa. Eccoli: dopo essere arrivato primo nelle gare di Trapani e Agrigento, invece di ottenere l’assegnazione è stato addirittura escluso per presunte formalità burocratiche». Quindi, taglia corto, Lorenzo «non è associato in alcun modo con Novamusa in nessun sito in Sicilia».
In effetti, non con Novamusa (con cui si è aggiudicato gare, ma in altre Regioni), esclusa dall’ultimo bando per l’affidamento dei servizi per il suddetto contenzioso, ma è con I Luoghi dell’Arcadia che Il Cigno ha concorso nelle due province siciliane (cfr. box). «Mio figlio si è già ritirato, ha precisato, da tutte le Ati che possano dar adito a qualsiasi ipotesi di conflitto di interesse con il mio ruolo di assessore alla Cultura della Sicilia».
Un altro caso, infatti, si era sollevato quando a dicembre l’unico a risultare idoneo nella prima fase di una gara nelle Eolie era stato Il Cigno (insieme a Syremont): una gara «partita quando Crocetta non era presidente né io assessore», ha puntualizzato ancora Zichichi senior. Alla fine a chiudere la partita è stato Zichichi junior, che ha dato mandato ai suoi avvocati di formulare la denuncia per diffamazione contro Musumeci e si sta ritirando dall’Ati costituita per le Eolie: «Rinuncio a tutto quel che riguarda la Sicilia», ha detto.

Restano gli interrogativi, però. Se è vero che, secondo la metafora a cui il fisico ha affidato la sua difesa d’ufficio, non si può agire sul passato, perché non siamo «elettroni, per le cui interazioni, andare avanti e indietro nel tempo è possibile», è vero però che Zichichi avrebbe potuto intervenire sul «futuro» più prossimo, anticipando i detrattori. E, soprattutto, perché attendere che venissero a galla nuovi casi di incompatibilità tra le attività imprenditoriali del figlio e il suo incarico? Tant’è, adesso il figlio deve tirarsi fuori, benché vanti (lui sì) un curriculum di tutto rispetto nel settore. La Casa editrice Il Cigno, infatti, fondata nel 1968, specializzata in pubblicazioni scientifiche e libri d’arte, realizza mostre ed eventi nei musei, accademie e sedi istituzionali di diversi Paesi del mondo.
E se fosse invece Zichichi senior, «tecnico» sì, ma dell’atomo, a fare un passo indietro in favore del figlio? Mentre il padre (che non sembra si vedrà molto a Sala d’Ercole, visto che governerà l’Assessorato a distanza, da Ginevra) sogna la terra di Trinacria «piena di centrali nucleari» contro i «giardini, aranci e limoni» del presidente Rosario Crocetta, il figlio, con la mostra di sculture di Igor Mitoraj (tra il 2011 e il 2012), ha inaugurato la formula di successo (almeno di pubblico) dell’inserimento dell’arte contemporanea nella Valle dei Templi. Do- ve, peraltro, a proposito del «futuro», resta da risolvere una questione in sospeso per lo Zichichi imprenditore. Il Cigno, infatti, si era fatto promotore, insieme all’Unesco, di un’asta di opere d’arte contemporanea battuta nel 2009 da Christie’s a Milano per finanziare un progetto di anastilosi di un telamone del tempio di Giove Olimpico (cfr. n. 290, sett. ’09, p. 67). L’ambizioso progetto fu però definitivamente archiviato perché, oltre a dubbi d’ordine scientifico, i 180mila euro reperiti erano pochi rispetto ai preventivati 450mila. Il padre, dunque, dovrà pronunciarsi sulla ridestinazione del finanziamento?
Un anno fa Giuseppe Parello, direttore del parco archeologico agrigentino, ci disse che al vaglio c’era l’ipotesi di un nuovo accostamento tra templi e arte contemporanea, con un’opera che reinterpretasse in chiave moderna il concetto di telamone (cfr. n. 318, mar. ’12, p. 9).

Comunque andrà, decisamente più interessante per le sorti dei Beni culturali siciliani è una nomina passata in tutto questo clamore sotto silenzio. Crocetta ha voluto una figura di peso alla Direzione generale, al posto del contestato Gesualdo Campo: quella di Sergio Gelardi, direttore del dipartimento Urbanistica, già capo di gabinetto all’Assessorato dei Beni culturali (2008-09), colui a cui si devono i piani paesaggistici regionali, le linee guida dei Parchi archeologici siciliani o che istituì il primo Ufficio per l’arte contemporanea della Regione. E mentre il nome che gira per il nuovo capo di gabinetto è quello dell’archeologa Rosalia Camerata Scovazzo, è proprio sui direttori generali che si accendono i fari del presidente. A questi l’ex governo Lombardo aveva corrisposto il massimo del salario accessorio, pari a 51.646 euro, sebbene il contratto permetta di partire dalla quota minima di 30.987 euro. E benché sui quei direttori pesino 6 miliardi di fondi Ue non utilizzati, gli era stata addirittura erogata la «indennità di risultato» nella quota massima prevista, 15.494 euro.
Il sindacato Cobas-Codir denuncia che non esiste un criterio oggettivo per valutare il loro operato: «In Piemonte e in Liguria, per esempio, la valutazione viene fatta da organismi esterni e tutto confluisce in una banca dati. In Sicilia, invece, c’è il califfo che decide chi deve e chi non deve guadagnare mille euro in più. Servono regole e trasparenza».

Silvia Mazza, 16 agosto 2016 | © Riproduzione riservata

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