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Attenti: san Pietro vi scruta nella Cappella Paolina

Nuove conclusioni artistiche nei restauri di Maurizio De Luca

Donatella Biagi Maino

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Con l’eleganza dell’understatement che ha caratterizzato tutto il suo percorso, da apprendista a caporestauratore dei Laboratorio Restauri dei Musei Vaticani, Maurizio De Luca ha affidato alle pagine di un libro esemplarmente illustrato dall’Editoriale Artemide la testimonianza di alcuni tra i più memorabili interventi da lui compiuti sulle pareti del Palazzo Vaticano, per garantire la conservazione di quegli straordinari cicli di affreschi che hanno cambiato la storia della civiltà. 

La sua opera di restauratore ha preso avvio nei tardi anni Sessanta e si è protratta per sessantacinque anni, il lungo periodo in cui l’attività conservativa si è progressivamente distaccata dagli aspetti artigianali che la caratterizzavano per assumere sempre più il carattere considerato scientifico. Potrebbe sembrare, anzi potrebbe essere, un sostanziale passo avanti per la salvaguardia delle nostre tormentate opere d’arte, e molto spesso lo è; ma questo che chiamiamo progresso non è applicato in piena coscienza dei limiti che devono essere attentamente valutati accanto agli indiscutibili miglioramenti della ricerca. Intendo dire, che spesso nei restauri viene data autorità assoluta all’indagine scientifica in campo conservativo al punto che dalla scienza si passa allo scientismo, con tutto ciò che comporta e che si riflette sull’impari attenzione che nei corsi formativi anche universitari dei restauratori viene riservata alle materie umanistiche.

Lo splendido lavoro di Maurizio De Luca che in questo libro è tratteggiato con nonchalance, essendo rivolto a un pubblico selezionato ma non di soli specialisti (diverse le sedi per le informazioni più strettamente tecniche, per gli addetti ai lavori) è stato condotto secondo criteri altri, che vogliono strettamente correlati la sapienza del restauratore che si crea giorno per giorno nella pratica assidua, prudente, appassionata con il corretto uso degli strumenti utili alla conoscenza della materia dell’opera d’arte e della tecnica del pittore, seguendo i metodi della più agguerrita ricerca storico artistica. 

Con umiltà e rispetto il De Luca si è accostato a opere somme, ai capolavori di Perugino, Botticelli, Cosimo Rosselli, l’universo quattrocentesco nella Cappella Sistina; del Pinturicchio cantore dell’epopea Borgia, approfondendone le metodiche operative, «troppo spesso l’esclusivo insegnamento teorico sul procedimento dell’affresco tende a ridurre a semplici nozioni quella che invece è considerata la più complessa e difficile fra le discipline pittoriche», sino a «ripercorrere momenti di una pulsante attività di cantiere che già di per sé contribuisce al racconto di una storia quotidiana dell’arte», attraverso la spiegazione delle tecniche messe in campo dai protagonisti e dai loro aiuti e insieme dell’operato dei restauratori, la cui lucida consapevolezza di responsabilità si percepisce in questa semplice frase: la «pulitura è la fase più delicata di un restauro», che potrebbe essere considerata assiomatica ma che nella realtà di tanti interventi imprudenti non lo è affatto. 

La narrazione tocca due temi tra i più coinvolgenti, l’intervento sugli affreschi di Raffaello nelle stanze del Papa e quanto è emerso dall’opera del De Luca sulle ultime pennellate di Michelangelo.

Uno degli aspetti più stupefacenti del rapporto che si instaura con Raffaello è che, se pure gli studi sulla sua arte negli esiti di poetica e di tecnica sono stati condotti dai più grandi tra gli storici d’arte e se non si contano le pagine a lui dedicate, l’attenzione alla sua opera porta sempre a nuove e anche esiziali scoperte. Per renderci consapevoli delle sue analisi lo scrittore, ad esempio, spiega il metodo adottato dal poeta per risolvere la cecità di Omero, il cui sguardo «è raccontato, quasi con delicatezza, lasciando la sclera degli occhi semplicemente dello stesso colore dell’incarnato»; nella Stanza di Eliodoro la ricerca di Raffaello gli concede di raggiungere un’assoluta «avanguardia pittorica», che tocca l’apice sublime nella definizione delle origini luminose, cinque, della scena in notturno della «Liberazione di Pietro», di tale intensa audacia da lasciare al restauratore la libertà di affermare che «da questo momento in poi la luce irromperà nell’universo della pittura europea». 

Certamente il lavoro sulla Cappella Paolina, sulla «Conversione di Saulo» e la «Crocefissione di Pietro» di Michelangelo è stato, per De Luca, giusto coronamento non solo di una lunga attività di ricerca e di lavoro, e quasi il premio per la serietà, la costanza e la passione riversate nel suo mestiere. In queste pagine, accanto alle nuove informazioni sulle riprese mai prima riconosciute, sul trattato di teologia a colori scritto dal grande genio, colpisce quanto il restauratore ha dedotto dall’esame della postura del centro focale della narrazione, il corpo di san Pietro disteso sulla croce, che nella pittura risulta essere la zona più tormentata compositivamente, poiché Michelangelo «modificò l’aspetto prospettico della croce e cambiò addirittura la posizione della testa di Pietro che che non scaturiscono da mere esigenze di coerenza dell’insieme, ma dal senso che l’artista ha voluto assegnare all’iconografia, affidando a quelcorpo un messaggio che andava al di là del canonico racconto dell’evento». Dalla certezza, discesa dal restauro, del fatto che i chiodi nelle mani del santo sono aggiunte spurie, De Luca ha potuto desumere che il capo si volge a chi entra nella Cappella, all’epoca sede del concistoro per l’elezione del pontefice, con un preciso messaggio, una esortazione severa. L’apostolo è infatti rappresentato nell’attimo che precede la distensione del corpo sulla croce, e il senso di quello sguardo è ammonitore. «Lo sconfinato genio michelangiolesco ci restituisce la tensione fisica di un preciso movimento descrivendo un solo, significativo fotogramma di tutta la sequenza», scrive De Luca. 

La lettura di questo libro è indispensabile per poter accostare in semplicità e lucidamente uno dei luoghi più importanti della storia e del mondo nelle pagine murali che lo illustrano. Le immagini scelte di corredo al testo sono di qualità eccellente, così da permettere anche al non esperto lettore di seguire senza difficoltà il dipanarsi del pensiero dell’autore, e sono per lo studioso il riscontro corretto alle sue asserzioni.

Verità nascoste sui muri dei Maestri. Michelangelo, Raffaello, Perugino, Pintoricchio e gli altri in Vaticano
di Maurizio De Luca
168 pp., ill.
Artemide editore, Roma 2016
€ 30,00

Donatella Biagi Maino, 12 ottobre 2016 | © Riproduzione riservata

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