«Telegram from Buckminster Fuller to Isamu Noguchi explaining Einstein’s Theory of Relativity» (2010) di Elisabetta Benassi (particolare)

Cortesia dell’artista e Magazzino, Roma

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«Telegram from Buckminster Fuller to Isamu Noguchi explaining Einstein’s Theory of Relativity» (2010) di Elisabetta Benassi (particolare)

Cortesia dell’artista e Magazzino, Roma

Autoritratto al lavoro di Elisabetta Benassi

Al Macro l’antologica dell’artista romana: «Mi interessa parlare attraverso le cose per far percepire un’esperienza più radicale» 

«Nei miei ultimi lavori io non sono più il mezzo, la scintilla dell’azione, chiarisce Elisabetta Benassi in un’intervista su “Flash Art” del 7 luglio 2017, ora mi interessa parlare attraverso le cose, staccarle da me, affidarmi alla loro autonomia per far percepire un’esperienza più radicale, quello spessore che si accumula e cambia di continuo la faccia del mondo». 

È forse per questo che nell’antologica «Autoritratto al lavoro», aperta al Macro dal 9 maggio al 25 agosto, Elisabetta Benassi (Roma, 1966), esponente della videoarte italiana, concede una sorta di investitura primaria ai personaggi e agli oggetti nel fuoco delle sue opere e soprattutto del suo pensiero: un sosia di Pier Paolo Pasolini dialoga e interagisce con «Bettagol», alter ego dell’artista (2000); una motozappa prodotta dalle Officine Meccaniche Benassi è un ready made che definisce la vera natura dell’artista («Autoritratto al lavoro», 2016 e 2021); la gabbia di Bushman, uno dei primi gorilla vissuti in cattività in uno zoo («Gorilla, Gorilla, Gorilla», 2015); i tronchi di grandi alberi artificiali, rifugi precari e solitari per gli ultimi «individui sovrani» alle prese con un possibile futuro apocalittico («The Sovereign Individual», 2018). 

Allo stesso tempo autrice e testimone della messa a fuoco della visione, Benassi ha creato una sorta di mise-en-scène dei suoi lavori, attraverso un sistema di architetture e ambienti concepiti per adattarsi all’opera e non viceversa, come succede usualmente. «Se ognuna delle strutture modulari è pensata per accogliere un’opera, al contempo provvede a nasconderla parzialmente allo sguardo dello spettatore e risponde alle sue specifiche intenzioni narrative e poetiche, offre così un nuovo dispositivo di fruizione a lavori spesso nati in risposta a luoghi, situazioni e temporalità specifiche», spiega Luca Lo Pinto, direttore del Macro. 

Del resto questa prima vasta antologica dedicata a Benassi da un museo della città in cui vive e lavora, è allestita nella grande sala all’ingresso del Macro, che ospita la sezione tematica Solo/Multi, ideata per ospitare antologiche non convenzionali, non inanellate da un filo cronologico, che ambiscono a essere un’unica opera d’arte, in questo caso fortemente rappresentativa della ricerca più che ventennale dell’artista romana. Fin dagli inizi Benassi ha scelto di affidarsi a figure, materiali ed eventi storici, frutto di qualcosa d’intangibile della nostra memoria: la storia un’idea di storia con la esse maiuscola ma anche con la esse minuscola», sottolinea Lo Pinto), pilastro portante dell’opera dell’artista, reso nella sua messa a fuoco da punti di vista impensabili. 

La scelta delle opere in mostra tesse pertanto un discorso profondamente articolato e lucido, che può essere sintetizzato da un telex spedito da Joseph Beuys a Robert Rauschenberg, riportato su uno dei tappeti di lana in mostra: «Vedo l’intero presente affacciarsi nelle tue opere. Tutto ciò che dobbiamo fare è afferrarlo per dare alle nostre idee il loro autentico significato. Il tuo lavoro e il mio dovrebbero incarnare una concezione di arte che comprenda l’intero essere umano».

«Autoritratto al lavoro» (2016-21) di Elisabetta Benassi. Cortesia dell’artista

Francesca Romana Morelli, 09 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

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Autoritratto al lavoro di Elisabetta Benassi | Francesca Romana Morelli

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