Sono 331 gli artisti presenti nella 60ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (dal 20 aprile al 24 novembre ai Giardini e all’Arsenale), intitolata «Stranieri Ovunque».
«Ovunque si vada, si incontrano sempre degli stranieri... Non importa dove ci si trovi, nel profondo si è sempre stranieri», ha dichiarato il curatore brasiliano Adriano Pedrosa, presentando i suoi piani alla stampa. La tesi esprime «differenze e disparità condizionate da questioni come la razza, la sessualità, la ricchezza». Pedrosa afferma che le sue esperienze personali si riflettono nel tema della mostra: «Ho vissuto all’estero e ho avuto la fortuna di viaggiare molto», ha dichiarato, sottolineando che spesso è stato trattato come uno «straniero del terzo mondo», anche se possiede «uno dei passaporti più importanti del Sud globale». E, cosa fondamentale, ha affermato: «Mi identifico anche come queer, il primo curatore apertamente queer della Biennale».
Il tema scelto assume una risonanza particolare a Venezia: «Un tempo Venezia era il più importante centro commerciale del Mediterraneo. La popolazione oggi è di 50mila abitanti, che possono arrivare a 165mila durante le stagioni di punta a causa dell’enorme numero di turisti... stranieri privilegiati», ha continuato Pedrosa, aggiungendo che il tema può essere considerato come «una chiamata all’azione. Questo assume un significato critico in un’Europa in cui il numero di sfollati ha raggiunto il suo massimo nel 2022, con 108 milioni di persone, e si prevede una crescita nel 2023».
Il filo conduttore estetico della Biennale è il collettivo parigino Claire Fontaine, che ha realizzato una serie di sculture al neon con la frase «Stranieri Ovunque» o «Foreigners Everywhere» (la frase deriva inizialmente dal nome di un collettivo torinese che nei primi anni 2000 ha combattuto il razzismo e la xenofobia in Italia). Diverse sculture di Claire Fontaine saranno esposte all’Arsenale. Gli artisti indigeni avranno una forte presenza «emblematica» nella mostra, ha annunciato Pedrosa. Il collettivo Mahku, proveniente dal confine tra Brasile e Perù, realizzerà un murale monumentale sulla facciata del Padiglione Centrale ai Giardini. All’Arsenale, il collettivo Mataaho della Nuova Zelanda presenterà una grande installazione nella prima sala. Gli artisti queer saranno presenti in uno dei nuclei contemporanei, tra cui Erica Rutherford, Isaac Chong Wai, Elyla, Violeta Quispe, Louis Fratino e Dean Sameshima. Una sala dedicata all’«astrazione queer» presenterà opere di Evelyn Taocheng Wang, di origine cinese.
Ci sarà anche una sezione speciale dedicata all’Archivio della Disobbedienza, fondato da Marco Scotini e descritto sul sito web dell’organizzazione come una «guida per l’utente attraverso le storie e le geografie di quattro decenni di disobbedienza sociale». Grande attenzione sarà rivolta all’arte tessile, con opere del collettivo cileno di cucito Bordadoras de Isla Negra e degli artisti Dana Awartini, Frieda Toranzo-Jaeger, Liz Collins, Pacita Abad e Yinka Shonibare. Una sezione sarà incentrata anche sugli «artisti legati da vincoli di sangue», tra cui Susanne Wenger e il suo figlio adottivo, Sangodare Gbadegesin Ajala, ma anche Lorna Selim e Jewad Selim.
La Biennale presenterà poi un Nucleo Storico, una sezione che comprende opere di artisti del XX secolo provenienti dall’America Latina, dall’Africa, dal mondo arabo e dall’Asia, datate dal 1905 al 1990. «Il Modernismo europeo ha viaggiato molto oltre l’Europa nel corso del XX secolo, spesso intrecciandosi con il colonialismo, e molti artisti del Sud globale si sono recati in Europa per esservi esposti. Tuttavia, il Modernismo è stato assimilato, divorato e cannibalizzato nel Sud globale, assumendo ripetutamente forme radicalmente nuove in dialogo con i riferimenti locali e indigeni», ha dichiarato Pedrosa. Il Nucleo Storico sarà diviso in tre sezioni: «Ritratti», «Astrazione» e «Diaspora italiana», che comprendono un’opera per artista, distribuita tra il Padiglione Centrale e l’Arsenale. La sezione «Ritratti» vedrà la partecipazione di 112 artisti tra cui Selwyn Wilson, Cícero Dias, Yêdamaria, Laura Rodig, Rómulo Rozo, Inji Aflatoun, Grace Salome Kwami, Lee Quede e Gerard Sekoto. «Astrazione» includerà Sandy Adsett, Fanny Sanín, Etel Adnan, Eduardo Terrazas e Samia Halaby. Infine, la sezione dedicata alla diaspora artistica italiana nel mondo nel XX secolo presenterà artisti come Lidy Prati, Nenne Sanguineti Poggi, Gianni Bertini e Lina Bo Bardi.
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