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Silvia Mazza
Leggi i suoi articoliPalermo. La recente riforma del Mibact, in vigore dallo scorso 10 dicembre, non si attua in Sicilia per il regime autonomistico di cui la Regione gode da quando nel 1975 lo Stato le trasferì le competenze in materia di Beni culturali con Dpr 635 e 637.
Anche qui, però, è in corso, da definirsi entro dicembre, una riorganizzazione dell’Assessorato Regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana. Si tratta della quarta, a partire dalla fine degli anni Settanta, quando le leggi regionali n. 80/1977 e n. 116/1980 disegnarono l’amministrazione dei Beni culturali in Sicilia, rivoluzionando il vecchio ordinamento ministeriale con l’istituzione, al posto delle Soprintendenze tematiche, di quelle uniche su base provinciale.
Un nuovo assetto venne definito, quindi, in base alla legge n. 10/2000 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana), e poi nel 2010 e ancora nel 2013 ci furono aggiustamenti di tipo organizzativo-amministrativo.
La riforma in atto, invece, introduce diverse novità, sulla scia di quella ministeriale. Abbiamo chiesto all’assessore Antonino Purpura di illustrarcene le linee d’azione, dalla costituzione dei nuovi poli museali regionali alla norma sul sistema delle sponsorizzazioni, sul modello dell’ArtBonus, all’apertura alle associazioni culturali nella gestione dei siti.
La riorganizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo è stata attuata attraverso un decreto. Come si attua quella siciliana che, peraltro, riguarda l’intera macchina amministrativa?
Anche per l’Assessorato Regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana la riorganizzazione avverrà prevalentemente attraverso decreti che attuano norme legislative in parte contenute nella Legge Regionale di Stabilità 2015. Mi riferisco, ad esempio, alla norma (art. 49) che prevede la riorganizzazione dell’apparato amministrativo attraverso la riduzione, non inferiore al 30%, delle strutture intermedie e delle unità operative. In attuazione di tale previsione normativa, abbiamo appena elaborato una proposta di riorganizzazione che sarà prossimamente sottoposta all’approvazione della Giunta di Governo.
Altre norme della ultima Legge di Stabilità riguardano la riconfigurazione del Consiglio Regionale dei Beni Culturali, la riorganizzazione dei due Centri, del Restauro e del Catalogo, e soprattutto l'individuazione delle modalità e dei criteri con i quali i privati potranno interagire con la Regione nel sostegno degli interventi di conservazione dei beni culturali e nelle attività di valorizzazione e fruizione.
Ritengo, tuttavia, necessari ulteriori interventi legislativi volti a completare e a sostenere la riorganizzazione che stiamo attuando. In particolare, è indispensabile modificare e integrare il Titolo II della legge n. 20/2000 che norma il «Sistema dei parchi archeologici» siciliani. Sono fermamente convinto che in questa materia è essenziale dare compiutezza al disegno di autonomia gestionale ed economico-finanziaria dei parchi regionali delineato ben quindici anni addietro eattuato soltanto parzialmente in tutto questo lungo lasso di tempo. Ad oggi, infatti, i parchi che godono di autonomia sono soltanto due, quello della Valle dei Templi di Agrigento e quello di Selinunte.
Si tenga conto, a riguardo, che la fruizione dei siti culturali regionali si concentra prevalentemente nei siti archeologici. Questi accolgono oltre l’80% del flusso complessivo di visitatori annualmente registrato dai 122 siti regionali. Un intervento in questa materia avrebbe dunque l’effetto di allineare quasi tutto il sistema di offerta culturale regionale al modello di autonomia realizzato a scala nazionale dal Ministro Franceschini.
Sebbene la finalità della riforma, come a livello nazionale, sia dettata dalla necessità di attuare le misure di contenimento della spesa, nondimeno può costituire un’opportunità per intervenire sull’organizzazione dell’Assessorato e porre rimedio ad alcuni problemi che da decenni segnano l’amministrazione dei Beni culturali in Sicilia. Può, dunque, indicarci in maniera organica quali siano le linee d’azione?
Nella proposta di riorganizzazione a cui ho fatto prima cenno abbiamo seguito alcune precise linee strategiche. Anzitutto la separazione delle attività di valorizzazione e fruizione dei siti museali e archeologici da quelle di pianificazione e tutela. Riteniamo che la natura delle competenze, le motivazioni e le attitudini che si richiedono nelle attività di valorizzazione e fruizione dei siti siano affatto specifici e debbano, altresì, essere incardinate in modelli organizzativi diversi da quelli che sono propri delle attività di pianificazione e tutela che rimangono in capo alle Soprintendenze.
In secondo luogo, i musei e i siti archeologici sono stati aggregati in nove poli territoriali. All’interno di ciascuno dei nove poli vengono concentrate le unità operative di base, prima allocate nei singoli musei, che svolgono funzioni amministrative e gestionali «fungibili», ossia non strettamente legate alle specificità culturali dei siti medesimi. Perseguiamo, in questo modo, obiettivi di maggiore efficienza organizzativa, con conseguente riduzione delle spese, ma anche di maggiore efficacia operativa. Il personale prima incardinato in ciascun sito viene assegnato al «Polo» per essere organizzato e impiegato guardando alle esigenze complessive dei siti che ricadono nel perimetro territoriale del Polo medesimo. Aumenta, quindi, la flessibilità dell’organizzazione del lavoro che è da ritenere essenziale per raggiungere incrementi consistenti di produttività di tutto il sistema. Vale la pena ricordare,a questo proposito, la complementarità di questa misura con la norma inserita nella legge di stabilità che prevede la mobilità territoriale del personale nel raggio di 50 km dalla sede di primaria afferenza.
La proposta prevede, inoltre, il potenziamento del servizio di valorizzazione e fruizione, e lo spostamento all’interno del Centro del Restauro (istituto che gode di autonomia gestionale e finanziaria, Ndr) della progettazione per i grandi interventi e delle attività di progettazione da svolgere in funzione sussidiaria per i servizi periferici che, come mi è stato segnalato a più riprese, spesso manifestano carenze in questo campo.
All’interno del Centro di Restauro viene anche inserita una unità operativa di base con compiti di coordinamento della ricerca, della formazione e dei rapporti con le Università e il Cnr. Viene anche spostato dentro il Centro la gestione del Reis (Registro delle Eredità Immateriali Siciliane), con l’obiettivo di favorire le iniziative di valorizzazione produttiva, oltre che turistico-culturale, degli elementi che vi sono registrati.
Lei ha dichiarato di aver firmato un provvedimento che istituisce la creazione di nove poli museali provinciali. Perché è stata prevista un’aggregazione su base provinciale e non per ambiti geografico-territoriali, che tenesse conto delle omogeneità culturali e di materia di istituti e luoghi della cultura (inclusi i parchi archeologici?) presenti nel territorio di competenza? E come mai si va in controtendenza rispetto alla recente riorganizzazione ministeriale con il mancato riconoscimento dello status di grandi musei alle poche ma importanti e antiche istituzioni museali isolane che, sia per dimensioni sia per patrimonio conservato e gestito, sono ben al di sopra di musei come quelli di Reggio Calabria o Taranto? Si è valutato, cioè, se realtà di grande peso (Salinas, Orsi, Abatellis, per esempio) debbano svincolarsi o divenire il perno di alcuni di questi poli? I poli saranno, poi, dotati di autonomia tecnico-scientifica, ma non finanziaria e gestionale?
Lei ha dichiarato inoltre che questa nuova organizzazione consentirà «maggiore efficacia nella gestione delle risorse umane, grazie alla mobilità di queste all’interno del perimetro territoriale di ciascun polo». Questa «mobilità» coinciderà con una razionalizzazione nell’uso di risorse umane sempre più esigue, tra tagli e imminenti pensionamenti?
Stante l’attuale articolazione periferica dell’Amministrazione, il riferimento ai confini provinciali è al tempo stesso immediato e obbligato, ma è evidente che esso è precario, atteso che con la riforma appena varata i perimetri territoriali dei «Liberi consorzi» saranno diversi, in molti (e non marginali) casi da quelli delle preesistenti province.
La proposta di riorganizzazione afferma però un principio, dal mio punto di vista fondamentale, quello della aggregazione per poli territoriali dei musei e dei siti archeologici. La sua concreta declinazione sia territoriale sia organizzativo-gestionale è soggetta a ulteriori interventi che ci ripromettiamo di formulare nei prossimi mesi, a seguito di approfondimenti dell’intero progetto all’interno dell’Assessorato e quindi, anche alla luce degli incontri che stiamo programmando con i Soprintendenti, e i dirigenti dei servizi periferici museali e archeologici di tutta la regione.
La posizione dei grandi musei, e segnatamente dei due musei archeologici regionali (Salinas e Orsi) e delle due Gallerie (Abatellis e Bellomo), sarà oggetto di specifico approfondimento. Siamo ben consapevoli della loro grande rilevanza all’interno dell’offerta culturale regionale. I dati sui flussi di visitatori ci dicono tuttavia che il loro potenziale di attrazione è ben al di sopra dei livelli di fruizione sin qui registrati, e ci sono quindi ancora ampi spazi di crescita di produttività che devono essere sfruttati. Di ciò ci occuperemo nelle prossime settimane.
Per quanto riguarda, infine, i contenuti dell’autonomia, ritengo del tutto ragionevole il perseguimento dell’obiettivo della piena autonomia, tecnico-scientifica, organizzativa, gestionale. Credo, tuttavia, che esso non sia raggiungibile nell’immediato. Procediamo per step con obiettivi intermedi (incrementi di efficienza organizzativa, di produttività di sistema ecc.) che dovranno condurre progressivamente alla piena autonomia. Quest’ultima pone problemi che non possono essere sottovalutati, in termini di distribuzione dei costi di gestione dei musei, oltre che di attribuzione delle entrate, e quindi di impatto sul bilancio regionale.
Oltre ai poli, più in generale, come si riorganizza la struttura amministrativa dell’Assessorato, sia negli uffici dirigenziali generali centrali che in quelli periferici? Si parla, ad esempio, della cancellazione del Servizio Progettazione o dell’accorpamento di alcune Soprintendenze (Siracusa e Ragusa, Trapani e Agrigento, Enna e Caltanissetta) che diverrebbero così sei.
Escludo che ci siano allo studio ipotesi di riorganizzazione che prevedano l’accorpamento anche delle Soprintendenze.
Per quanto riguarda il servizio di progettazione, vale quanto appena detto. Vogliamo potenziarlo, riconoscendogli una posizione strategica per il Dipartimento e per le sue strutture periferiche. Lo spostamento nel Centro di Restauro vuole creare i presupposti per sinergie importanti fra la progettazione, la ricerca e la formazione. La nuova unità operativa, prevista all’interno del Centro di restauro, si occuperà di ricerca, formazione e rapporti con gli Enti di ricerca esterni (Università e Cnr); essa consentirà di indirizzare e coordinare le attività in atto svolte in questa materia anche a scala locale.
Non dimentichiamo che i Beni culturali potranno attingere alle risorse di ricerca e innovazione che sono assegnate ad altri Assessorati ma che possono essere utilmente orientate verso interventi di fondamentale importanza per il patrimonio culturale. Mi riferisco, ad esempio, ai progetti di digitalizzazione e a tutte le forme di innovazione che impattano sui modelli di fruizione dei musei, nonché alla ricerca che investe tecnologie e nuovi materiali per il recupero e il restauro.
Non si è pensato di accorpare, sull’esempio nazionale, le competenze amministrative in materia di Beni culturali e Turismo?
In linea astratta l’accorpamento di competenze si può immaginare. Esprimo tuttavia alcune perplessità, dovute al fatto che il turismo si compone di un «portafoglio» di «turismi» assai articolato e per molti aspetti disomogeneo.
In altri termini, se l’accorpamento delle competenze interessasse Cultura e Beni culturali da un lato e Turismo culturale sarebbe fattibile e foriero di sinergie progettuali e operative forti. Ma il Turismo, come detto, è realtà assai variegata e presenta problematiche organizzative diversificate, a seconda dei prodotti turistici coinvolti.
Credo che la soluzione che stiamo sperimentando in Sicilia, la quale prevede uno stretto coordinamento strategico degli Assessorati coinvolti nella «produzione» di beni pubblici per i vari «turismi», sia tutto sommato abbastanza efficace.
In qual misura viene ridotta la pianta organica?
Non dispongo di stime degli effetti della riorganizzazione sulla pianta organica, ad eccezione di quelle che desumo dal fatto che sono state eliminate all’incirca 90 posizioni dirigenziali, come richiesto dalla legge di stabilità.
I suoi dirigenti lamentano il mancato coinvolgimento in questa fase di definizione della riforma o la mancata istituzione di una commissione di esperti. Perché si è scelta questa strada? Per cui, peraltro, non si è pure ritenuto di ascoltare le loro esperienze e proposte in occasione del recente convegno su «Cultura e beni culturali: nuove imprese per una nuova industria». Si tratta di un atto di sfiducia?
Affatto. Come le ho precisato, la proposta di riorganizzazione definisce alcune linee strategiche di fondo, e sono quelle che ho provato a descrivere prima. Ma all’interno di queste c’è ancora ampio spazio per gli approfondimenti necessari. Ed è quello che faremo nelle prossime settimane. Io ho grande stima e rispetto per i dirigenti e il personale tutto del mio Assessorato. E del loro apporto mi intendo avvalere per definire al meglio la proposta conclusiva di riorganizzazione. Credo che le probabilità di successo di una riforma dipendano in misura essenziale dal grado di condivisione di quanti vi sono coinvolti. Questo non vuol dire unanimismo (in questo caso sarebbe una riforma assai debole o per nulla incisiva) ma discussione franca ed aperta che deve però condurre ad una sintesi che sia coerente con l’interesse collettivo.
Il XXIX Convegno di Economia e politica industriale che si è svolto su mia iniziativa a Palermo il 25 e 26 settembre scorso ha affrontato per la prima volta, per gli economisti industriali, il tema della relazione fra cultura, beni culturali e sviluppo di nuove imprese e di nuove filiere industriali. Il tema è stato sviluppato in un prospettiva generale, guardando cioè alla realtà nazionale. Non si voleva aprire una discussione in chiave regionale. Ho voluto offrire ai dirigenti dell’Assessorato e più in generale a tutti gli attori del sistema culturale regionale una prospettiva per molti aspetti nuova in cui inquadrare i temi della valorizzazione dei beni culturali. La «curvatura» dei temi e dei risultati del convegno sul contesto regionale la potremo fare nelle prossime settimane; e la faremo «sul campo», ossia affrontando insieme i temi della riorganizzazione del sistema di gestione del patrimonio culturale regionale.
Lei ha dichiarato che state lavorando a una norma sul sistema delle sponsorizzazioni, sul modello dell’ArtBonus, ma con procedure meno complesse di quelle nazionali, rendendo, per esempio, più agevole il meccanismo di accesso ai privati per interventi al di sotto dei 40mila euro. Può illustrarci più nel dettaglio questa norma?
La prossima settimana ho convocato una prima riunione con le principali organizzazioni delle imprese (Confindustria, Cna, Confartigianato ecc.) per discutere i contenuti essenziali del decreto a cui un gruppo di esperti sta lavorando. Credo che il successo delle formule di sponsorizzazione dipenda dalla corretta definizione del vantaggio che le imprese possono trarre. Mi riferisco al «giusto ritorno di immagine» che queste possono attendersi dalla sponsorizzazione. Una corretta definizione di questo concetto e soprattutto una sua traduzione operativa coerente sono essenziali per rendere attraente per le imprese la spesa e per consentire una valorizzazione «rispettosa» dei beni culturali. Si tratta di un equilibrio complesso, che va cercato al meglio.
Si annuncia anche l’apertura alle associazioni culturali nella gestione dei siti, che potranno usufruire di finanziamenti europei. Solo associazioni o start up di giovani? E in che misura i privati interverranno nella valorizzazione dei siti, specie di quelli presso i quali le gare in corso di espletamento relative ai servizi aggiuntivi già prevedono l’affidamento alle imprese vincitrici dell’organizzazione di eventi e attività di valorizzazione?
La Sicilia registra una eccezionale diffusione di iniziative culturali promosse da giovani. Questo accade nelle grandi città, ma anche nei piccoli centri delle aree interne. Le motivazioni sono molteplici: l’interesse per la storia del proprio territorio, per la ricerca della identità comunitaria, ma anche la percezione che la cultura può offrire opportunità nuove di lavoro, specie per quanti hanno concluso studi universitari di matrice umanistica per i quali gli sbocchi professionali tradizionali si sono ristretti.
A tutti questi giovani, e alle associazioni a cui hanno dato vita, vogliamo offrire opportunità nuove di attività nell’industria culturale, ossia quella che produce beni e servizi strettamente connessi con la fruizione dei beni culturali, e nell’industria creativa. Ad essi apriamo, in modo consapevole e regolamentato, i nostri siti anche con ipotesi di convenzioni, specie per quelli minori. Le risorse finanziarie sono quelle attingibili dall'Asse 2 del Pon Cultura e Sviluppo ma anche da altri obiettivi tematici del PoFesr 2014-2020.
Per quanto riguarda i servizi aggiuntivi, stiamo procedendo all’espletamento delle procedure di aggiudicazione definitiva o di stipula dei contratti. Ho ragione di ritenere che entro la fine dell’anno avremo i primi siti già dotati di tali servizi.
Si è già insediata l’annunciata Commissione per regolamentare le concessioni d’uso dei monumenti?
La Commissione sta completando i propri lavori e entro questa settimana verrà pubblicato il nuovo decreto che regolamenta le concessioni d’uso.

L'assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia Antonino Purpura
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