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Valerio Berruti (Alba, 1977) è da anni uno dei protagonisti della scena artistica nazionale, a partire da quando nel 2009 è stato il più giovane artista del Padiglione Italia alla 53ma Biennale di Venezia. Negli anni ha però collezionato anche diverse importanti esperienze all’estero, dal Museo di Arte Contemporanea di Belgrado alla Keumsan Gallery di Seul, dal Centre Pompidou di Parigi al Pola Museum di Tokyo, dalla Nirox Foundation di Johannesburg alla Biennale Italia-Cina a Pechino sino alle rassegne «The Intuitionists» al Drawing Center di New York, per citarne qualcuna. Tantissime sono state poi le mostre in Italia, tra gallerie, musei e spazi pubblici, come la presentazione in anteprima assoluta del cortometraggio «La giostra di Nina» al MaXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo nel 2019, in occasione della Festa del Cinema di Roma e l’esposizione dell’omonima installazione monumentale nell’atrio del museo (poi allestita anche nella Galleria Grande della Reggia di Venaria) oltre alla presenza dal 2022 di una sua grande scultura ad Alba, alta oltre 12 metri, dono della famiglia Ferrero alla città e posizionata in piazza Michele Ferrero. Un curriculum di tutto rispetto quello di Berruti che, instancabile, adesso stupisce per una mostra a lui dedicata da uno dei musei più giovani e promettenti della Cina.
Gli abbiamo rivolto qualche domanda per capire meglio il progetto in corso e i possibili sviluppi della sua carriera.
Circulating sketch
Al Teagan Space di Youyi Bay, nel distretto di Pechino, è inaugurata da un mese una sua mostra personale che si protrarrà sino al 20 luglio. Che effetto le fa essere il primo artista italiano a esporre in un museo d’arte contemporanea aperto 2 anni fa in pompa magna, con «star» della scena artistica cinese?
Sono certamente emozionato e orgoglioso. Fa uno strano effetto lavorare in Cina proprio ora, in un momento di grande cambiamento e di apertura alla nostra cultura. Ho cercato e sto cercando di dare il massimo per onorare la loro scelta per questo primo approccio all’arte occidentale.
Come sono venuti in contatto con la sua ricerca i vertici del museo cinese?
Una collaboratrice del museo nel 2019 si trovava in Italia per un corso di formazione a Brera. In quell’occasione ha visitato il MaXXI a Roma e si è imbattuta nel video e nella grande scultura «La giostra di Nina». Da quel momento ha iniziato a seguire il mio lavoro, mi ha chiesto di realizzare la copertina di una rivista d’arte contemporanea e dopo una serie di riunioni e sopralluoghi è arrivata la proposta relativa alla mostra che è ora in corso e alla scultura monumentale che sarà inaugurata in seguito.
«Circulating sketch» è un percorso che si snoda in spazi molto ampi, forse persino dispersivi, eppure le opere che lei e la curatrice Roxy Y. Tang avete deciso di allestire, tra sculture e disegni, sono di piccolo formato. Ci può spiegare questa scelta?
Tutto è nato durante il primo sopralluogo. Sono stato immediatamente colpito dalla magnificenza del museo, ma ho pensato che potesse essere interessante mostrare una dimensione il più possibile intima delle mie opere privilegiando il rapporto con lo spettatore e cercando di evitare la dispersione negli spazi circostanti. Per questo motivo ho voluto riprodurre degli interni domestici in modo da ricreare un ambiente minimale che permettesse l’introspezione. Mi piace molto il contrasto con la grande installazione sulle vetrate visibile dalla piazza antistante e con la scultura monumentale che installerò nei prossimi mesi.
Immedesimazione e contrasto
La memoria, personale e collettiva, è il filo rosso che conduce lo spettatore da un’opera all’altra attraverso le stanze del Teagan Space. Come si spiega che due mondi apparentemente così diversi si possano riconoscere nel suo lavoro?
Credo che in questa mostra coesistano due punti di vista molto diversi: l’immedesimazione, da sempre parte del mio lavoro e dello scambio con lo spettatore, e il contrasto. L’opera simbolo di questa personale, non a caso, rappresenta due fratelli che si abbracciano. È un concetto forse scontato per il mondo occidentale mentre è qualcosa di particolarmente significativo (e fino a poco tempo fa utopico) per una nazione che ha cresciuto intere generazioni di figli unici. In quell’abbraccio vedo il futuro della Cina e uno scambio tra culture diverse, ma non antitetiche.
In cosa consiste la grande installazione che collocherà prossimamente nella piazza tutt’attorno al museo?
Sarà una scultura in acciaio alta 6 metri realizzata con lo stesso stile di «Alba» e raffigurante il profilo di due bambini che si abbracciano. Si troverà nella piazza antistante il museo e sarà la prima opera d’arte installata permanentemente in questa nuova città contemporanea.
È interessato a sviluppare ulteriori collaborazioni in Cina, magari legandosi a una galleria d’arte che ha sede in questo Paese?
Mi piacerebbe lavorare con altre realtà cinesi e sto già imbastendo nuovi progetti con persone conosciute grazie a questa mostra. Sicuramente si tratta di un nuovo mondo con potenzialità infinite e in cui è evidente la ferma volontà di aprirsi all’arte contemporanea.