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Javier Pes, Julia Michalska
Leggi i suoi articoliLondra ha votato per rimanere nell’Unione Europea, così come la Scozia, ma il Paese ha scelto la Brexit. La decisione a favore dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue ha scioccato l’Europa, soprattutto quando il primo ministro David Cameron ha annunciato la mattina dopo il voto del 23 giugno la sua decisione di dare le dimissioni. Prima del voto, la decisione di Cameron di indire un referendum era stata paragonata dall’artista Tacita Dean, nata in Inghilterra ma residente a Berlino, alla Tempesta di William Shakespeare. La Dean è una dei tanti artisti e personaggi del mondo della cultura a temere le conseguenze del voto.
Tra gli artisti, i direttori di museo e le principali figure del mercato dell’arte che si sono espressi all’indomani del referendum molti si sono dichiarati sconvolti e turbati; alcuni hanno provato a vedere il lato positivo. Sorgono ora domande sul futuro di Londra come centro del mercato dell’arte europeo, anche se al momento non viene in mente nessuna valida alternativa. Se i bassi affitti di Berlino possono attirare gli artisti mentre il Regno Unito negozia la sua uscita dalla Ue, il mercato dell’arte tedesco difficilmente potrà essere un valido successore di quello londinese. La ragione in parte sta nel fatto che proprio il 23 giugno il Bundestag tedesco ha votato una legge sulla tutela dei beni culturali che secondo molti potrebbe avere un effetto negativo sul mercato dell’arte locale. Uno scenario più probabile è che il mercato londinese possa perdere peso a favore di mercati esterni all’Europa; New York e Hong Kong potrebbero essere i principali beneficiari.
L’incertezza politica ed economica sul breve e medio periodo è per molti la preoccupazione più pressante. Dall’altra parte dell’Atlantico, con gli effetti del referendum che potrebbero farsi sentire sul mercato azionario americano, c’è la preoccupazione che il sistema politico statunitense possa trovarsi esso stesso in crisi in seguito alle elezioni presidenziali di novembre. «Il fatto che il Regno Unito sia uscito dalla Ue dimostra che anche l’elezione di Donald Trump è possibile, il che porterebbe a un diverso equilibrio di poteri a livello globale», ci ha detto Klaus Biesenbach, direttore del MoMA PS1 di New York.
Javier Pes e Julia Michalska con la collaborazione di Martin Bailey, Melanie Gerlis, Gareth Harris ed Emily Sharpe
I timori dell’Exit
. Perdita dei fondi della Ue. Il Regno Unito non avrà più accesso ai finanziamenti per l’arte, tra cui il programma Creative Europe (40 milioni di euro in due anni e il 2% dei 258 miliardi destinati dai Fondi strutturali e di investimento europei a progetti culturali europei 2014-20).
. Visti per gli artisti. Le potenziali restrizioni alla libera circolazione tra Europa e Gb sono considerati uno dei principali svantaggi della Brexit. Curatori, conservatori e archeologi avranno problemi analoghi con i visti.
. Iva sull’importazione. L’Iva inglese al 5% è la più bassa d’Europa. Non si sa se la Brexit produrrà cambiamenti. Le opere importate dalla Ue alla Gb al momento sono esenti dall’Iva ma la situazione potrebbe mutare.
. Artists’ resale right (droit de suite). È probabile che i mercanti chiedano un riesame di questo diritto, che prevede il pagamento di royalties agli artisti o ai loro eredi per ogni opera venduta. Il diritto vale 70 anni dopo la morte dell’artista.
. Licenze per l’esportazione. L’uscita dalla Ue potrebbe modificare le licenze per l’esportazione, che al momento si basano sulla legislazione europea.
. Esodo dei collezionisti d’arte (se il Governo aumenterà le tasse per bilanciare la crisi finanziaria).
. Fine dell’ingresso gratuito ai musei? I musei nazionali potrebbero far pagare il biglietto d’ingresso.
. Sponsorizzazioni. I musei potrebbero avere maggiori difficoltà ad attirare sponsor privati se la sterlina continuerà a scendere.
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