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Collezionisti, critici, curatori, direttori di museo ridefiniscono i confini di un paesaggio molto più vasto di quello spesso soffocato da alcuni meccanismi del sistema dell’arte

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Alla riscoperta dell’arte italiana degli anni Settanta ho dedicato mostre importanti come «L’Inarchiviabile» (2016) e «Il Soggetto Imprevisto» (2019), entrambi presso FM Centro Arte Contemporanea, per poter tornare ancora una volta sull’argomento. Mi pare che da quelle mostre siano partiti recuperi e riletture che hanno valorizzato singole figure totalmente dimenticate e sommerse negli ultimi trenta/quarant’anni. Ancora in corso presso il Muzeum Susch, in Svizzera, è la riproposta di un’artista straordinaria come Laura Grisi che sta riscuotendo una nuova attenzione internazionale.

Dunque preferirei concentrami ora sulla generazione italiana nata negli anni Ottanta e inizio Novanta a cui non ho dedicato ancora la giusta considerazione, anche se sto lavorando ad una mostra per Villa Arson, per il prossimo anno, e che metterà in luce alcuni di questi artisti.

Dunque sicuramente Danilo Correale (Napoli 1982) che vive a New York e rilegge gli anni Settanta in una maniera totalmente nuova e si concentra sulle contraddizioni politico-sociali del presente. Aggiungerei, in modo coerente, Stefano Serretta (Genova 1987) per il suo più recente progetto partito dalla Svezia, approdato poi in Portogallo e Skopje, in cui con disegni psichedelici critica messaggi contemporanei xenofobi, antifemministi e populisti.

Nonostante i suoi riconoscimenti li abbia già avuti, non posso fare a meno di includere nella mia lista dei favoriti Adelia Husni-Bey (Milano 1985) per il suo lavoro sulla pedagogia radicale, accanto a Ruth Beraha (Milano 1986) per la sua attenzione al genere e la più giovane Gaia De Megni (Santa Margerita Ligure 1993) che lavora con la galleria Giorgio Galotti e opera sulla storia e le sue rappresentazioni, per decostruire la retorica dell'eroe in favore di una soggettività che non ha provenienza, razza né tantomeno genere.

In questa lista non possono mancare neppure Edoardo Manzoni (Crema 1993) che lavora con la giovane galleria The Address di Brescia e si concentra sulla metafora della caccia e temi ecologisti, così come il più performativo Jacopo Martinotti (Milano 1995), presente tra le giovani proposte in occasione dell’ultima Quadriennale.

Marco Scotini è Director, BA Visual Arts Director, MA Visual Arts & Curatorial Studies NABA e Artistic Director, FMCCA
 

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Marco Scotini, 23 dicembre 2021 | © Riproduzione riservata

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