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Un esempio di ceramica realizzata dai fratelli Melis

© Giorgio Marturana

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Un esempio di ceramica realizzata dai fratelli Melis

© Giorgio Marturana

Ceramisti sardi, dai Fenici a oggi

La tradizione isolana riporta a epoche antiche l’origine dell’utilizzo dell’argilla come materiale per realizzare utensili e oggeti d’arte. Oggi si ricordano le scuole dorgalese, sassarese e di Oristano e Assemini, tuttora attive

Giovanna Pittalis

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La tradizione sarda nella lavorazione della ceramica ha radici lontane e testimoni di eccellenza. È un’arte diffusa sin dalle epoche più antiche, come documentano, per esempio, i ritrovamenti di ceramiche fenice ad Assemini, le maioliche invetriate realizzate in epoca medievale nel Monastero di Santa Chiara a Oristano, le brocche pintade (anfore con quattro anse e applicazioni a rilievo) sviluppate nel XV secolo e diventate iconiche della Sardegna. 

Una tradizione proseguita in epoca moderna da varie scuole, a Dorgali, per esempio, in provincia di Nuoro, dalla scuola dorgalese nata sulla scia dell’attività di Francesco Ciusa (1883-1949), tra i più innovativi scultori del Novecento sardo che orientò il suo lavoro verso la ceramica fondando, nel 1919, a Cagliari la Spica (Società per l’Industria Ceramica Artistica) per la produzione e commercializzazione di manufatti ceramici di ispirazione sarda. La scuola di Oristano e quella di Assemini sono invece legate ai fratelli Melis, protagonisti dell’arte sarda sin dal primo dopoguerra: Melkiorre, Federico e Pino si sono distinti nella produzione di dipinti, ceramiche e opere grafiche, mentre la sorella maggiore, Olimpia, è nota per i ricami a filet. 

La scuola sassarese è invece legata alla famiglia Scassellati, che dopo molteplici generazioni di ceramisti lavora ancora oggi l’argilla fondendo innovazione e identità. Di origini umbre, gli Scassellati arrivano in Sardegna nel 1938, prima a Cagliari, poi a Sassari dove, finita la guerra, aprono un laboratorio di ceramiche, il primo della città. Si trattava di un’azienda di produzione di ceramiche per uso quotidiano, vasi e ceramiche per esterni, con il primo forno a tunnel della Sardegna, a ciclo continuo. Divenne un punto di riferimento, in particolare negli anni delle collaborazioni con l’artista Eugenio Tavolara. Nel 1957 la Regione Autonoma della Sardegna fonda I.S.O.L.A. (Istituto sardo organizzazione lavoro artigianale) e ne affida la direzione a Eugenio Tavolara e Ubaldo Badas, che in quello stesso anno portano I.S.O.L.A. alla Triennale di Milano con tanto di medaglia d’oro. Mario Scassellati ha formato intere generazioni di ceramisti, tra cui i suoi figli. Franco, il più grande, ha aperto nella fabbrica uno spazio dedicato alla produzione di ceramiche artistiche attivo fino agli anni Settanta, quando si è poi messo in proprio, portando avanti la sua produzione indipendente. Franco è un alchimista, che ama la ricerca del colore in tutti i suoi aspetti: «Ricerca i riflessi nella ceramica. Non solo il colore è particolare di per sé, ma varia anche a seconda della luce. È un riverberare», spiega la figlia Monica, insegnante e autrice di linee personali di ceramiche legate al territorio. «In Sardegna c’è una continua evoluzione della ceramica. Tutto quello che c’è stato deve essere un seme che germoglia di nuovo». La tradizione di famiglia continua ora con il figlio Jacopo, che oggi si dedica alla ceramica e alla pittura con una produzione facilmente riconoscibile, sospesa tra buio e luce, passato e contemporaneità. 

Giovanna Pittalis, 13 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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