Giovanna Pittalis
Leggi i suoi articoliScrittore pluripremiato, commediografo e sceneggiatore, nuorese, classe 1960, Marcello Fois è uno dei personaggi che ha dato e continua a dare lustro alla Sardegna contemporanea. Conclusi gli studi in Italianistica all’Università di Bologna nel 1986, ha pubblicato nel 1992 Ferro recente e Picta (con cui ha vinto il Premio Italo Calvino). Sei anni più tardi ha dato alle stampe Sempre caro, il primo romanzo di una trilogia che comprende Sangue dal cielo (1999) e L’altro mondo (2002). È cofondatore del Festival letterario di Gavoi «L’isola delle storie», che si tiene ogni luglio e che è tra gli appuntamenti più seguiti in Italia in campo letterario. Nel 2012 è stato nominato tra i finalisti del Premio Campiello con Nel tempo di mezzo. Con Luce perfetta ha vinto il Premio Mondello Opera italiana 2016. Tra le sue collane di poesia L’ultima volta che sono rinato (2006) e L’infinito non finire e altri poemetti (2018). Tanti i successi ottenuti anche come sceneggiatore televisivo, cinematografico e teatrale, dalla serie televisiva «Distretto di polizia. L’ultima frontiera», al film «Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni», al teatro con, per esempio, «L’ascesa degli angeli ribelli» e «Stazione», un atto di commemorazione delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. E infine la radio con «Cinque favole sui bambini», trasmesso a puntate su Radio 3 Rai. Mentre dal suo racconto Disegno di sangue pubblicato nel 2005 nell’antologia Crimini è stato tratto un episodio dell’omonima fiction televisiva trasmessa nel 2007 su Rai 2.
Marcello Fois, lei ha ottenuto tanti riconoscimenti, soprattutto fuori dalla Sardegna. Il suo rapporto con l’isola è un continuo ricercarsi.
Io credo che chiunque debba essere come minimo della propria terra se vuole essere conoscitore del mondo. La Sardegna soffre da sempre il «sentirsi periferia». Questo è un vero problema, anche quando non lo è. Sotto certi aspetti è legato all’autostima, credo, così parrebbe. Sono convinto che in molti settori come la letteratura e l’arte la nostra isola sia tutt’altro che periferica. In generale la cultura ha un problema di tutela, in Sardegna ancor di più. È una regione dove il Pil prodotto da scrittura, musica, arte e così via potrebbe essere molto più alto di quello che è, ma invece che percorrere strade autonome si percorrono strade altrui: questi lavori legati alla cultura i sardi tendono ad assumerli solo se riconosciuti dall’esterno, con il doppio della fatica. È quella che Michela Murgia definiva la sindrome o maledizione di Ginger Rogers, secondo la quale devi saper fare tutto quello che fa Fred Astaire, ma all’indietro e sui tacchi per poter acquisire il diritto di occupare lo spazio civico. Come se la cultura non producesse, ma in realtà altroché. Magari non produce tanto a livello economico, ma il tornaconto per le menti è tutt’altro che improduttivo. Questo limitatamente al settore che mi compete.
C’è anche l’annoso problema legato ai trasporti: pochissimi collegamenti, attivi principalmente nel corso della stagione turistica.
È il sardo che si deve muovere per sé stesso e per la comunità. Nessuno verrà a salvarci. Siamo in una condizione di depressione costante sotto certi aspetti. C’è un movimento culturale, musicale e artistico che va sostenuto, ma che deve anche riconoscere sé stesso. Il problema dei trasporti va affrontato di petto. Ho sempre viaggiato tantissimo e non ho mai avuto difficoltà come in questo momento. Anche il problema dei trasporti interni non agevola la cultura e i nostri paesi muoiono: se gli ultimi pullman sono alle 18, la vita si spegne. Diventa impossibile recarsi in città con i mezzi di trasporto pubblico, per esempio, per l’inaugurazione di una mostra o un evento. E i giovani scappano.
A che cosa sta lavorando adesso?
A due progetti distinti: un film e un romanzo. Il romanzo (uscita prevista nel 2025) non è ambientato in Sardegna, il film (in fase di scrittura) sì.
Che cosa distingue la scrittura di un romanzo da quella di un film?
La scrittura cinematografica è bella, viva e diretta, il dialogo è diretto e all’interno ci devono essere un sacco di cose, anche la scelta delle parole descrive i personaggi. Nel romanzo è diverso: i personaggi hanno un corpo e un atteggiamento che l’autore descrive. I loro atteggiamenti devono rispecchiare determinate caratteristiche, bisogna stare attenti ai dettagli, alle piccole cose, alla quotidianità, all’essere umani, ai movimenti che si compiono nell’arco di una giornata in un determinato contesto. Bisogna stare attenti anche alla mimica facciale. Tutto deve combaciare alla perfezione. E penso sia davvero molto affascinante. Nel romanzo è diverso perché i personaggi hanno appunto un corpo e un atteggiamento che tu descrivi, il lettore lo immagina e tu, scrittore, devi avere una certa bravura e abilità nel farglielo immaginare come l’avevi in mente.
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