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Che cosa insegnano gli scavi del Vicino e Medio Oriente
- Maria Casini
- 15 settembre 2017
- 00’minuti di lettura

Che cosa insegnano gli scavi del Vicino e Medio Oriente
Che cosa insegnano gli scavi del Vicino e Medio Oriente
- Maria Casini
- 15 settembre 2017
- 00’minuti di lettura
Maria Casini
Leggi i suoi articoliTra il profumo di un gossip d’antan e la confessione finale di legittime aspettative deluse, Giovanni Curatola, ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte musulmana all’Università di Udine, lancia uno stupefacente «j’accuse» alla gestione delle Missioni archeologiche italiane che hanno operato nei Paesi del Vicino e Medio Oriente. Il suo verdetto: «Satrapie accademiche nostrane» (cfr. lo scorso numero, p. 10).
Ho operato da Esperto della Sezione Archeologia presso l’Istituto Italiano di Cultura del Cairo dal 1999 al 2007. Alla luce di quell’esperienza seguita alla mia formazione in numerose campagne di scavo, ad anni di impegno accademico e a una lunga collaborazione anche con il professor Giorgio Gullini (uno degli imputati illustri) colgo in quello scritto solo veridicità di dettaglio e stratosferici silenzi. Nulla è detto sulla significatività di quelle ricerche condotte in accresciute complessità dell’habitat geopolitico nell’area, né sull’apporto culturale e scientifico dell’archeologia italiana, né sul ritorno d’immagine per quei Paesi e per il nostro, per le Università e gli Istituti creati da personalità diverse sì, ma non operanti per «strategie diverse».
Non aver evidenziato in un controcampo il reale contenuto del lavoro dell’Archeologia italiana degli ultimi cinquant'anni, liquidando l’operato di quelle Missioni archeologiche come «storia di potentati accademici rivali», è un’immagine farsesca per gli addetti ai lavori e fuorviante per i lettori.
Nella storia della nostra archeologia dal 1967 ad oggi, tutte le Missioni di scavo hanno conseguito risultati scientifici rilevanti per significatività storica. I direttori, studiosi eminenti (vale anche per i non citati) hanno introdotto multidisciplinarietà e interdisciplinarietà nelle tecniche di scavo e di lettura. E ne ho avuto riprova seguendo il lavoro di ben 24 Missioni in Egitto.
In tutti i Paesi di scavo, inoltre, sono stati sviluppati sistemi relazionali con le Autorità locali, nel rispetto delle normali relazioni tra Stati. Un lavoro avviato da quei pionieri e da altri accresciuto nel tempo, grazie ai rapporti maturati con il Ministero degli Affari Esteri e le sue Direzioni generali, grazie alla sensibilità di tanti nostri ambasciatori e all’affidabilità professionale degli interlocutori accademici. Non si conoscono ancora gli allievi irriconoscenti che hanno raggiunto i livelli dei maestri.
Infine, per quanto riguarda i direttori degli Istituti di Cultura, nella mia personale esperienza queste figure non sono state all’altezza del compito. Troppa insofferenza per la specializzazione dell’esperto, per la sua parziale indipendenza operativa e progettuale nel lavoro e per la visibilità dei risultati. Anche la ricerca di finanziamenti privati per attività editoriali è stata mal sopportata. In questa asimmetrie delle gerarchie, il contributo dell’esperto è quello di valorizzare l’identità dell’area di provenienza e favorire la creazione di sedi specifiche là dove possibile. E ciò in una corretta interazione con le politiche sviluppate dai nostri Istituti di Cultura.