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Chi fosse Marcolo Petroni da Bernareggio, oggi, non lo sa nessuno. Nel secondo ’300, però, dovette essere un personaggio potente, ricco e ben introdotto (sebbene milanese) in quella specie di fortilizio vietato agli estranei che era il nobile monastero femminile di San Salvatore a Brescia, la cui intitolazione sarebbe poi stata estesa a Santa Giulia. Nella Chiesa longobarda di San Salvatore (VIII secolo), Marcolo poté infatti farsi patrono, nel 1375, della cappella intitolata a San Giovanni Battista: la prima a essere aggiunta alla Basilica. Per affrescarla chiamò un pittore oggi noto solo agli studiosi, ma di grande qualità e raffinatezza, detto il Maestro di Lentate in quanto autore, con la sua bottega, dei magnifici affreschi dell’Oratorio di Santo Stefano di Lentate, in Brianza. Poco si sa, dunque, dell’uno e dell’altro, ma se già si conosceva la grandezza dell’artista attraverso ciò che di lui è rimasto, il restauro condotto sulle pitture murali di San Salvatore a Brescia non ha fatto che confermarne la statura.
Curato da Roberta D’Adda (Fondazione Brescia Musei-Fbm) e compiuto dalle restauratrici Monica Abeni e Paola Guerra, il restauro e gli studi connessi, spiega D’Adda, «hanno beneficiato della felice congiuntura della presenza come stagista in Fbm di Roberta Castelnovo, specializzanda e studiosa di questo Maestro di cui si conoscono oggi poche opere (oltre all’Oratorio di Lentate, il “San Giorgio e la Principessa” nella Cappella Visconti in Sant’Eustorgio a Milano). Lavorava con la bottega ma il suo tratto è ben riconoscibile per l’alta qualità».
In tutti quei dipinti murali, spiega Roberta Castelnovo, «è evidente la sua raffinatezza, che fonde il naturalismo lombardo con la cultura portata a Milano nel ’300 prima da Giotto poi da Giusto de’ Menabuoi: i capelli e la barba del Battista, per esempio, sebbene la scena del “Banchetto di Erode” si trovi a grande altezza, sono dipinti con tratti sottilissimi, molto naturalistici. Lì ha lavorato di sicuro il maestro». A quella cultura pittorica così preziosa, aggiunge Roberta D’Adda, «contribuì anche la fortuna, al tempo di Bernabò Visconti, dei codici miniati, evidente dai confronti iconografici. Saranno questi i temi del convegno sull’argomento sinora poco indagato delle arti nella Brescia viscontea (1337-1402, Ndr) promosso da Fbm e Università Cattolica di Brescia, con la professoressa Stefania Buganza, che terremo il 22 e 23 maggio, quando presenteremo il restauro».
Preceduto dalle illuminanti indagini conoscitive di Vincenzo Gheroldi (UniBo), che hanno mostrato quanto ricca dovesse essere la cappella, «il restauro non ha recuperato la totalità degli affreschi, molto ammalorati, precisa Castelnuovo, che ha anche ritrovato nei depositi di Santa Giulia l’epigrafe di donazione, data per dispersa, in cui figurano il nome del committente e la data, 1375. Furono infatti scialbati in passato e poi riscoperti negli anni ’20 del ’900 con un descialbo molto aggressivo, i cui danni si sono aggiunti a quelli dei secoli e dell’umidità del terrapieno un tempo addossato alla cappella. Li ha resi però più leggibili e ha fatto emergere tra l’altro, nell’“Annunciazione” ai lati dell’alta monofora della parete Nord, il giglio dal lungo stelo recato dall’arcangelo Gabriele, che si credeva perduto».
A rendere possibile il restauro sono stati i fondi (25mila euro) dell’ArtBonus, la cui raccolta è stata stimolata da Nicola Berlucchi, membro del comitato scientifico di Fbm: «Grazie a lui, conclude Roberta D’Adda, abbiamo fatto il primo passo del percorso di valorizzazione, cui teniamo molto, della parte post-longobarda di San Salvatore, un patrimonio di valore non inferiore a quello altomedievale e che include la cappella di Sant’Obizio, affrescata nel primo ’500 da Romanino».

Un particolare delle pitture murali del Maestro di Lentate nella chiesa di San Salvatore a Brescia. © Fotostudio Rapuzzi - prima del restauro

Un particolare delle pitture murali del Maestro di Lentate nella chiesa di San Salvatore a Brescia. © Fotostudio Rapuzzi - prima del restauro
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